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Una lingua che combatte - DSpace@Unipr

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mediazione di modelli ideologici (fatto salvo <strong>che</strong> la mancanza di ideologie può<br />

diventare a sua volta una ideologia). 33 Come ha notato Garboli, Penna «è arreso alla<br />

fatalità», 34 lascia <strong>che</strong> su tutto si posi l’ombra del dio dell’amore, <strong>che</strong> regola la vita<br />

dell’universo come un meccanismo perfetto, del quale l’autore stesso è parte e <strong>che</strong><br />

descrive con leggerezza, senza metterne in discussione i fini. Questo comporta la non<br />

applicazione di una volontà etica alla realtà sociale e storica, 35 per cui essa è ridotta ai<br />

suoi termini essenziali, astratti dalla contingenza, disponibili ad un continuo ritorno,<br />

sottomessi alle regole dell’eros e della psi<strong>che</strong>.<br />

Quello <strong>che</strong> per Penna è il ritorno dell’identico <strong>che</strong> ignora la fine, per Fortini, come si<br />

è visto, è in relazione costante con essa e con il cambiamento. 36 Lo stesso «rapporto tra<br />

presente e futuro […] non è nell’ordine della continuità, bensì in quello<br />

dell’opposizione e della discontinuità», 37 come si può riscontrare nell’andamento<br />

ellittico di molti suoi testi, in cui si alternano presente e futuro senza la mediazione di<br />

quei verbi «<strong>che</strong>, tradizionalmente, hanno il compito di legare il Prima e il Dopo». 38 Per<br />

Fortini indagare l’alterità, guardare i meccanismi antichi di una realtà apparentemente<br />

lontana da quella umana, non è un modo per distanziarsi dal presente, ma per occuparsi<br />

dell’oggi e della nostra condizione. Se poi ci rivolgiamo a Sereni, sin dal Diario<br />

d’Algeria riscontriamo nel passato <strong>che</strong> ritorna non un intarsio nostalgico, di rimpianto<br />

per un tempo perduto, ma una s<strong>che</strong>ggia <strong>che</strong> si innesta nel presente e lo modifica, in<br />

quanto portato dell’esperienza storica. Per non parlare della modificazione introdotta<br />

dall’ingresso della storia nella poesia di Caproni, forse l’autore <strong>che</strong> ne subisce<br />

33<br />

Focalizzando l’attenzione sulla finzione poetica non è sembrato opportuno ripercorrere le questioni delle<br />

occorrenze intertestuali e delle fonti letterarie <strong>che</strong> si ritrovano stratificate nelle liri<strong>che</strong> di Penna (Leopardi, Nietzs<strong>che</strong>,<br />

Rimbaud, Baudelaire, D’Annunzio, Montale, Saba, tra gli altri), già in parte indagati da Roberto Deidier, Cesare<br />

Garboli, Daniela Mar<strong>che</strong>schi. An<strong>che</strong> Antonio Girardi aveva sottolineato il ruolo della finzione nella poetica penniana:<br />

«Ma se questo è il modo in cui Penna approda a una piana luminosa maniera, il suo “fiore senza gambo visibile” non<br />

ci sembra più nato ex nihilo. Pare nato, al contrario, da una raffinatissima, inavvertibile fusione di moduli formali<br />

eterogenei. Allora, come spiegare la sensazione di spontaneità <strong>che</strong> ci trasmette? Le tracce testuali di un’aggiornata<br />

cultura letteraria tendono a smentirla. E non dovremo sulla sua esistenza oggettiva se teniamo a mente – con Schiller,<br />

con gli Schlegel, col Leopardi dello Zibaldone, ben noto al poeta – <strong>che</strong> la poesia “ingenua” o di “immaginazione” è<br />

negata ai moderni. Penna poteva darci solo una splendida finzione di <strong>lingua</strong> spontanea; com’è un sogno la grazia<br />

incontaminata e la libertà del suo microcosmo amoroso» (Antonio Girardi, Cinque storie stilisti<strong>che</strong>. Saba, Penna,<br />

Bertolucci, Caproni, Sereni, cit., p. 62).<br />

34<br />

Cesare Garboli, Le poesie parallele, in AA.VV., Per Franco Fortini. Contributi e testimonianze sulla sua<br />

poesia, cit., p. 83.<br />

35<br />

Ivi, p. 84: «Della società e della storia, ha rifiutato il bene come il male, il giusto come l’ingiusto. […] Alla<br />

realtà Penna ha sempre anteposto, fino all’estrema conseguenza, la sua parola-tema, la “vita”; ed è stato il solo poeta<br />

contemporaneo a dirci <strong>che</strong> per essere protagonisti della vita bisogna stare lontano dalla realtà».<br />

36<br />

Sempre secondo Luca Lenzini la poesia di Fortini è «una costellazione di immagini e concetti […] collegata<br />

all’idea della Fine» (Luca Lenzini, Il poeta di nome Fortini. Saggi e proposte di lettura, cit., p. 86).<br />

37<br />

Ivi, p. 83.<br />

38 Ivi, p. 82.<br />

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