Una lingua che combatte - DSpace@Unipr
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sole». La finzione poetica non riesce a fare della frontiera uno spazio protettivo, ed essa<br />
diviene il luogo di un conflitto incombente:<br />
La finestra ti reggeva nella sera<br />
alta sulle canzoni della strada.<br />
Così nel buio degli anni indecisi<br />
resterai… - frequente<br />
il tuono ti fingeva gli orrori<br />
d’una guerra lontana.<br />
132<br />
(Immagine, in Frontiera)<br />
La dimensione psichica è sempre velata dall’ansia di una vita in perdita, evocata e<br />
trattenuta nella percezione dello scivolamento del tempo verso una vicina catastrofe. La<br />
sospensione tra al di qua e al di là assume su di sé la morte, la fine «già certa». Il tempo<br />
fisico e naturale è determinato da aggettivi <strong>che</strong> lo caratterizzano in un duplice senso. Da<br />
una parte c’è luminosità e chiarore: «la svelata bellezza dell’inverno» (Inverno); «un<br />
giusto sereno» (Ritorno); «nel lume di primavera» (Azalee nella pioggia); l’«ora dolce<br />
dei bastioni» (Soldati a Urbino). Dall’altra è un tempo vago e randagio, il «tempo<br />
d’acqua <strong>che</strong> torna, / randagio» (Terre rosse), <strong>che</strong> sembra un abisso in cui perdersi, come<br />
l’inquietante «ora fonda» di Dicono le ortensie. Esso risente di uno sconvolgimento <strong>che</strong><br />
non è solo esteriore, e <strong>che</strong> riflette la dolente e precaria condizione esistenziale, come in<br />
un’«amara estate» (Compleanno), o in «una dubbiosa e brulicante estate» (Settembre),<br />
<strong>che</strong> diventa poi «lunga e furente estate» (Un’altra estate), <strong>che</strong> richiama a sua volta la<br />
«giovinezza vaga e sconvolta» del poeta (Mas<strong>che</strong>re del ’36), e <strong>che</strong> diventa infine<br />
«giovinezza <strong>che</strong> non trova scampo» (Compleanno).<br />
Il sole, come sorgente di calore e di vita, è fonte di una luce precaria, debole e<br />
incerta: «S’illumina a uno svolto un effimero sole» (Nebbia). Alla luce si<br />
sovrappongono le ombre e nel tempo naturale della poesia si innesta un movimento<br />
contraddittorio, <strong>che</strong> dice un rapporto non saldo, non rassicurante col reale: «Morto in<br />
tramonti nebbiosi d’altri cieli / sopravvivo» (Inverno a Luino). L’estate stessa viene<br />
turbata da «un brivido sottile», e il cambiamento si riflette sull’uomo, su quei «volti già<br />
ridenti / ora presaghi» di un futuro incerto e misterioso:<br />
Lunga furente estate.<br />
La solca ora un brivido sottile<br />
alle foci del Tresa<br />
sì <strong>che</strong> alcuno ne trema<br />
dei volti già ridenti,