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Una lingua che combatte - DSpace@Unipr

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viventi, di passati e venturi» ovvero della «contemporaneità di tutti i viventi»: 8 la città<br />

<strong>che</strong> Enea deve fondare, l’ethos di questo legame tra chi è stato e chi sarà, è quella<br />

Gerusalemme <strong>che</strong> da Sant’Agostino arriva sino a Fortini, è un luogo della mente, di cui<br />

si coglie al contempo la luce e l’«inesistenza», i poli opposti tra cui si tende la<br />

riflessione poetica. 9<br />

Se l’esistenza è posta sotto assedio dal disastro incombente e dal nulla (l’incendio dal<br />

quale fugge Enea), il significato della poesia non è in funzione di ciò <strong>che</strong> viene<br />

rappresentato, ma di quella parte inesprimibile <strong>che</strong> alligna nella filigrana del reale e <strong>che</strong><br />

essa a tratti fa percepire. Nello stesso tempo non siamo proiettati in un altrove salvifico<br />

o verso una meta definitiva, il viaggio è sempre imperfetto e mai compiuto: tra il qui e<br />

l’altrove si preferisce quello spazio intermedio e contraddittorio, <strong>che</strong> è proprio della<br />

poesia, in cui si manifesta la tensione latente delle cose.<br />

1.1. Le parole e le cose<br />

Questo lavoro non vuole essere esaustivo di una generazione, o delineare una cultura<br />

poetica alternativa; intende piuttosto porsi come sguardo rivolto ad alcuni autori, <strong>che</strong><br />

hanno saputo variamente utilizzare la parola per esprimere e definire i concetti di esilio<br />

e di utopia, sia durante il periodo catastrofico del nazionalismo, della dittatura e della<br />

guerra, sia, dopo, durante il non meno oscuro, a tratti infernale, periodo di<br />

democratizzazione e sviluppo. 10 In risposta o reagendo a queste circostanze, essi non<br />

hanno evitato il confronto col reale, anzi tale componente è ben presente, spesso fatta<br />

reagire con una più onirica e visionaria. Ci sono oggetti e spazi ben definiti, c’è la<br />

storia, ma c’è an<strong>che</strong> un rovesciamento dei rapporti consueti con il reale: ci sono la<br />

distanza, la negazione, il silenzio, il corpo esposto nella sua folgorante e dolorosa<br />

8 Franco Fortini, Le mani di Radek, in Verifica dei poteri, ora in Saggi ed epigrammi, cit., p. 124.<br />

9 Si legga la poesia di Fortini Per l’ultimo dell’anno 1975 ad Andrea Zanzotto, in Paesaggio con serpente.<br />

10 Cfr. Pier Paolo Pasolini, Sviluppo e progresso, in Scritti corsari, Milano, Garzanti, 2001 (1ª ed. 1975), p. 175-<br />

176: «La parola “sviluppo” ha oggi una rete di riferimenti <strong>che</strong> riguardano un contesto indubbiamente di “destra”. […]<br />

È evidente: a volere lo sviluppo in tal senso è chi produce; sono cioè gli industriali. E, poiché lo “sviluppo” in Italia è<br />

questo sviluppo, sono per l’esattezza, nella fattispecie, gli industriali <strong>che</strong> producono beni superflui. I consumatori di<br />

beni superflui sono, da parte loro, irrazionalmente e inconsapevolmente d’accordo nel volere lo “sviluppo” (questo<br />

sviluppo). Per essi significa promozione sociale e liberazione, con conseguente abiura dei valori culturali <strong>che</strong><br />

avevano loro fornito i modelli di “poveri”, di “lavoratori”, di “risparmiatori”, di “soldati”, di “credenti”». E ancora:<br />

«Il “progresso” è dunque una nozione ideale (sociale e politica): là dove lo “sviluppo” è un fatto pragmatico ed<br />

economico».<br />

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