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Una lingua che combatte - DSpace@Unipr

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Ma resta al bacio tenue ancora<br />

il giovinetto immobile: già sogno…<br />

(Il sole <strong>che</strong> ha brunito questo corpo, in Poesie)<br />

Il sole qui «cede la sua forza», sta tramontando, e Penna coglie il momento in cui la sua<br />

luce e il suo calore affievoliscono nel passaggio dal giorno alla sera. La fisicità e<br />

divinità dell’astro si trasmettono alla figura del «giovinetto», mentre, nell’incertezza del<br />

transito, il deittico “questo” si occupa di rendere concreta ed essenziale la presenza del<br />

suo corpo «brunito» <strong>che</strong> ha assorbito il calore e la luce vitale del sole. Il secondo distico<br />

introduce il momento della durata, ben rappresentata dall’avverbio temporale “ancora”<br />

<strong>che</strong> trattiene il tepore del bacio prima <strong>che</strong> si dissolva e <strong>che</strong> apre lo spazio profondo e<br />

oscuro dell’io, dell’interiorità psichica, in cui il fanciullo è immobile come qualcosa di<br />

assoluto <strong>che</strong>, vinti il tempo e la Storia, non muta. Il secondo avverbio temporale “già”<br />

produce lo slittamento quasi improvviso dal piano della concretezza a quello della<br />

visione onirica, <strong>che</strong> i tre punti finali sospendono nell’indeterminatezza, nel non<br />

compiuto e dunque nel grumo assoluto di un’esperienza ar<strong>che</strong>tipica e primigenia <strong>che</strong> ha<br />

la sfumatura conturbante dell’infinito. I deittici e gli avverbi assolvono la doppia<br />

funzione di rendere concreta la determinazione spaziale e di segnare la distanza di chi<br />

guarda le cose senza parteciparvi, realizzando così il doloroso dissidio tra l’immanenza<br />

e la trascendenza attinta nel sogno. La poesia occupa lo spazio di questa divergenza:<br />

solo nell’eros, segreto e misterioso, povero e vivo, Penna può risolvere il qui nella<br />

possibilità di un altrove. Nello scarto tra parola e cosa prende forma l’utopia <strong>che</strong> rivela<br />

l’essere attraverso l’incontro misterioso tra corpo e cosmo:<br />

Ecco il fanciullo acquatico e felice.<br />

Ecco il fanciullo gravido di luce<br />

più limpido del verso <strong>che</strong> lo dice.<br />

Dolce stagione di silenzio e sole<br />

e questa festa di parole in me.<br />

(Ecco il fanciullo acquatico e felice, in Poesie inedite)<br />

L’universo qui evocato è un luogo mediterraneo in cui si uniscono la luce e il mare,<br />

emblemi assolutizzanti di un altrove contrapposto alla città e completamente libero da<br />

costrizioni, in cui il tempo si contrae per cantare la bellezza del corpo e rivelare la gioia<br />

dell’essere. «Ecco il fanciullo», scrive Penna: la sua è poesia della presenza, ma di un<br />

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