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Una lingua che combatte - DSpace@Unipr

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situazione interiore si trasfigura in rosa e rima, minimi segni di esistenza e di verità <strong>che</strong><br />

si stagliano contro una realtà esterna negativa:<br />

Ah rosa sempre in cima<br />

ai miei pensieri…<br />

(Piove.<br />

C’è il sole.<br />

Mia Rina…<br />

I monti sono neri.<br />

Restano neri<br />

se non li accendi tu, mia Rosa…)<br />

Mia rosa sempre in cima<br />

ai miei pensieri…<br />

Mia rima<br />

sempre in me battente…<br />

Fonda e dolce…<br />

Quasi<br />

– in me – flautoclarinescente…<br />

(Giorgio Caproni, Per l’onomastico di Rina, battezzata Rosa, in Res amissa)<br />

Poiché la dimensione privata si confonde con lo stesso scrivere versi, essa diventa an<strong>che</strong><br />

l’unica misura interpretativa del mondo esterno, fuori dalla quale nulla ha un senso,<br />

nulla ha colore e vita:<br />

Niente più volontà<br />

e rappresentazione, senza<br />

la tua (an<strong>che</strong> occulta) presenza.<br />

Se il mondo prende colore<br />

e vita, lo devo a te, amore…<br />

(Giorgio Caproni, A Rina, I, in Res amissa)<br />

(Giorgio Caproni, A Rina, II, in Res amissa)<br />

I punti sospensivi introducono all’attesa, e sospendono la dizione su una soglia <strong>che</strong><br />

divide mondo interno ed esterno, infine sollevano la voce poetica dalla realtà ad una<br />

dimensione non definita e non definibile. Il contatto tra parole e cose è parziale, resta<br />

una zona di non dicibilità. Altrove questa semplificazione intesse la pars destruens del<br />

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