Una lingua che combatte - DSpace@Unipr
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la pioggia fina, solo.<br />
Mi guardavano muti<br />
meravigliati<br />
i nudi pioppi: soffrivano<br />
della mia pena: pena<br />
di non saper chiaramente…<br />
E la terra bagnata<br />
e i neri altissimi monti<br />
tacevano vinti. Sembrava<br />
<strong>che</strong> un dio cattivo<br />
avesse con un sol gesto<br />
tutto pietrificato.<br />
E la pioggia lavava quelle pietre.<br />
Quanta limpida luce orna il colore<br />
Delle ombre del mondo. Ora conosco<br />
Perché mai dagli inverni ove a fatica<br />
Si levò questo esistere mio vivo<br />
M’è rimasto quel nome, <strong>che</strong> mi scrivo<br />
Su quest’aria d’aprile, o sola antica<br />
E perduta e oltre il pianto sempre cara<br />
Immagine d’amore mia compagna.<br />
(Sandro Penna, Mi avevano lasciato solo, in Poesie)<br />
(Franco Fortini, vice veris, in Foglio di via)<br />
In questi testi è forte il senso concreto di inquietudine, espresso attraverso immagini<br />
dalla fisicità vibrante, luci e ombre di un mondo sorpreso in un momento di passaggio<br />
<strong>che</strong> è an<strong>che</strong> perdita (l’alba e il tramonto ne sono chiari esempi). I testi sono intessuti di<br />
sensazioni dell’io lirico, <strong>che</strong> trasmettono un turbamento, un senso di vaghezza e<br />
sospensione, <strong>che</strong> vibrano nei tratti angosciati dei paesaggi, per cui il tono elegiaco è in<br />
stretto rapporto con la realtà, con luoghi concreti, pronti a entrare in urto con la storia:<br />
Forse da oggi soltanto<br />
avvertiremo l’impeto dell’ore<br />
a mezzo il nostro secolo volgenti,<br />
mentre al vento oscillano le lampade<br />
bisbiglia un portico in ombra<br />
e tu trasali al rombo<br />
degli autocarri <strong>che</strong> mordono la montagna.<br />
Ma salvo nelle voci degli addii<br />
sommesso presentiva il mare<br />
al passo dei notturni battaglioni.<br />
(Vittorio Sereni, Soldati a Urbino, in Frontiera)<br />
(Vittorio Sereni, Poesia militare, in Frontiera)<br />
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