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Una lingua che combatte - DSpace@Unipr

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Il rapporto col mio paese è reso vitale dai ricordi e da una continua<br />

interrogazione <strong>che</strong> porta a scavare più a fondo la realtà dell’origine <strong>che</strong><br />

affonda radici in questo angolo della Lombardia, passato a suo tempo sotto il<br />

nome di Frontiera, dal titolo della mia prima raccolta di poesie. Quando parlo<br />

di frontiera non penso soltanto a una barriera geografica, ma alla chiusura<br />

dell’Italia rispetto all’Europa, la parte di mondo <strong>che</strong> ci era più vicina e <strong>che</strong> ci<br />

sembrava tanto lontana. 7<br />

Mentre le poesie scritte tra il 1935 e il 1938 «si reggono su una sintassi scarna e<br />

paratattica», <strong>che</strong> «non può esprimere rapporti logici complicati, neppure quelli di<br />

successione temporale o argomentativa», 8 quelle successive al 1938 alla registrazione<br />

impressionistica di dati poetici ed emotivi affiancano il presentimento del futuro a<br />

partire da alcuni dati concreti come il «passo dei notturni battaglioni» (Poesia militare).<br />

Per questo, nell’indice della prima edizione, alcune poesie riportano una doppia<br />

datazione 1938-1940, 9 come a sottolineare un lungo periodo di gestazione e<br />

elaborazione, <strong>che</strong> passa attraverso «due anni di silenzio e di smarrimento» 10 e «la<br />

possibilità di tornare sul già fatto, di correggerlo, di emendarlo, di romperlo e di<br />

rifarlo». 11 Come ha scritto Sereni in una lettera del 1940:<br />

Tutto ciò <strong>che</strong> ho fatto in questi tempi è una specie di rapsodia di parole<br />

casualmente spuntate in altri tempi. 12<br />

Gli oggetti e i luoghi nel tempo sono gli elementi fondanti della prima stagione poetica<br />

sereniana, <strong>che</strong> ha nel ricordo il suo punto di partenza, e nell’immagine della frontiera il<br />

correlativo oggettivo di una relazione variabile. Frontiera si fonda sulla percezione<br />

della lontananza spaziale e temporale «senza lirici commenti e senza intenzione di sensi<br />

nascosti», come ha scritto Sereni stesso, ma attraverso «termini concreti il più<br />

possibile» 13 in cui si ridefinisce il rapporto con l’altro da sé, 14 e si possono rappresentare<br />

le pene e le gioie umane: 15<br />

7 Così Sereni in Paola Lucarini, Intervista a Vittorio Sereni, «Firme nostre», settembre 1982, ora in Vittorio<br />

Sereni, Poesie, cit., p. 295.<br />

8 Guido Mazzoni, Forma e solitudine. Un’idea della poesia contemporanea, cit., p. 123.<br />

9 Si tratta di Settembre; Paese e In me il tuo ricordo.<br />

10 Così Sereni in una lettera a Giancarlo Vigorelli datata 30 novembre 1940, ora in Dante Isella, Giornale di<br />

“Frontiera”, cit., p. 48.<br />

11 Così Sereni in una lettera a Giancarlo Vigorelli datata 5 dicembre 1940, ora in Dante Isella, Giornale di<br />

“Frontiera”, cit., p. 44.<br />

12 Così Sereni in una lettera a Giancarlo Vigorelli datata 20 novembre 1940, ora in Dante Isella, Giornale di<br />

“Frontiera”, cit., p. 44.<br />

13 Così Vittorio Sereni in una lettera a Luciano Anceschi del 1935, ora in Vittorio Sereni, Poesie, cit., p. 291.<br />

14 Cfr. Silvio Ramat, Storia della poesia italiana del Novecento, cit., pp. 469-470.<br />

15 Un io <strong>che</strong> viene, fino all’ultima raccolta, deviato dolorosamente verso altro: «Che altro? / Vorrei essere altro.<br />

Vorrei essere te» (A parma con A. B., I, in Stella variabile), tracciando «tra i soprassalti contraddittori dell’“orrore<br />

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