Una lingua che combatte - DSpace@Unipr
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Mi adagio nel mattino<br />
di primavera. Sento<br />
nascere in me scomposte<br />
aurore. Io non so più<br />
se muoio oppure nasco.<br />
(Mi adagio nel mattino, in Giovanili ritrovate)<br />
La coppia vita-morte è alla base della dinamica utopica, e segna an<strong>che</strong> l’esaltazione<br />
dell’io teso tra questi opposti segni del desiderio. La morte non è più soltanto un vago<br />
sentimento, ma un momento chiave della tensione verso una possibile eternità, <strong>che</strong> «non<br />
è l’innalzamento sovraterreno, ma lo splendore della […] caducità». 17 Non si tratta più<br />
di trattenere un gesto o un evento prima <strong>che</strong> svanisca, quanto piuttosto di ri-dirlo<br />
proiettandolo al futuro. Il distacco e la morte sono, quindi, complementari all’incontro,<br />
anzi lo rendono possibile infinite volte:<br />
Tu morirai fanciullo ed io ugualmente.<br />
Ma più belli di te ragazzi ancora<br />
dormiranno nel sole in riva al mare.<br />
Ma non saremo <strong>che</strong> noi stessi ancora.<br />
(Guardando un ragazzo dormire, in Stranezze)<br />
Il fanciullo è colui <strong>che</strong> «abita la dimensione del desiderio» e «rappresenta l’immagine<br />
ideale, sognata, dell’amore; l’altro da sé umanamente armonioso, ben lontano e<br />
anteriore all’omoerotismo». 18 Da una parte egli salva il poeta dal mondo degli adulti,<br />
rappresentando una dimensione alternativa alla realtà <strong>che</strong> si vuole normale; dall’altra è<br />
proprio sulla pelle chiara di questi giovani, <strong>che</strong> si distende più nettamente l’ombra del<br />
futuro. Tale consapevolezza apre però lo spazio infinito dell’ancora possibile, di un<br />
altrove luminoso e marino, in cui la vita continua, ciclicamente rinnovandosi (come nel<br />
ripetersi delle stagioni), riproducendosi come in un gioco di specchi <strong>che</strong> permette di<br />
eludere la fine. 19<br />
In questa prospettiva è fondamentale l’incontro dei corpi con la natura 20 (an<strong>che</strong> in<br />
chiave simbolica), in una sorta di rito panteista <strong>che</strong> celebra l’inesprimibile attraverso<br />
17 Così Italo Testa, Giustizia poetica, «Atelier», 50, XIII, giugno 2008, p. 141.<br />
18 Elio Pecora, Postfazione, in Sandro Penna, Confuso sogno, Milano, Garzanti, 1980, p. 140.<br />
19 Cfr. Magda Vigilante, Guardando un ragazzo dormire, in AA.VV., La vita… è ricordarsi di un risveglio.<br />
Letture penniane. (Atti del convegno – Roma, 30 maggio 2007), cit., pp. 34-35.<br />
20 Giacomo Debenedetti, Poesia italiana del Novecento, cit., p. 180: «La natura è, per un poeta come Penna, una<br />
patria dove l’uomo vive». E in un appunto del 1928 Penna scriveva: «Quando, stanchi di una lunga discussione con<br />
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