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Una lingua che combatte - DSpace@Unipr

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“il vero”, pronto per essere scritto o detto. Tale errore non dipende solo dalla realtà<br />

esterna con la sua apparente semplicità, ma alberga sin dentro l’io, se non è guidato da<br />

una coscienza dialettica. Quando ciò avviene, lo straniamento e l’errore si trasformano<br />

in allegoria, permettendo finalmente di giungere ad una realtà ulteriore:<br />

La forza di luglio era grande.<br />

Quando è passata, è passata l’estate.<br />

Però l’estate non è tutto.<br />

(Franco Fortini, Molto chiare…, in Paesaggio con serpente)<br />

Se le cose non si vedono chiaramente e la realtà esterna non è tutto, è perché c’è una<br />

«realtà <strong>che</strong> giace al fondo» (come avrebbe detto Saba). Così come la traduzione non può<br />

ridursi ad una imitazione del testo originario, an<strong>che</strong> la poesia non produce un double<br />

della realtà, ma si volge alla percezione di un nuovo oggetto, <strong>che</strong> supera la superficie<br />

semantica del reale e ne intende il senso profondo. Attraverso la parola Fortini cerca di<br />

tradurre il mondo, ma esso, come si trattasse di un guanto <strong>che</strong> venga rovesciato, rivela<br />

una trama interna, il suo contrario, qualcosa di invisibile eppure conosciuto: dopo aver<br />

raggiunto «il nero muro», ossia il solido nulla dell’età contemporanea, <strong>che</strong> è «ferro aria<br />

tempo» (Questo muro), alla fine «la <strong>lingua</strong> <strong>combatte</strong> / dove il niente duole» (E vorreste<br />

non parlassero, in L’ospite ingrato). Alla fuga nel pathos della bellezza, <strong>che</strong> segna i<br />

versi di Penna, e da cui an<strong>che</strong> quelli di Fortini sembrano a tratti lasciarsi tentare, si<br />

contrappone il sangue sparso. L’idillio uomo-natura già intaccato dai «versi di cemento<br />

e di vetro» di Traducendo Brecht (<strong>Una</strong> volta per sempre), è spezzato dalla presenza<br />

totale della violenza. <strong>Una</strong> negatività <strong>che</strong> ha da sempre fatto parte della vita quotidiana e<br />

della storia, <strong>che</strong> nega la pietas, mentre la natura è indifferente all’orrore:<br />

Stanotte un qual<strong>che</strong> animale<br />

ha ucciso una bestiola, sottocasa. Sulle piastrelle<br />

<strong>che</strong> illumina un bel sole<br />

ha lasciato uno sgorbio sanguinoso<br />

[…]<br />

Vedo il mare, è celeste, lietissime le vele.<br />

E non è vero.<br />

Il piccolo animale sanguinario<br />

ha morso nel veleno<br />

e ora cieco di luce<br />

stride e <strong>combatte</strong> e implora dagli spini pietà.<br />

(Franco Fortini, Stanotte, in Composita solvantur)<br />

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