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Una lingua che combatte - DSpace@Unipr

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l’al di qua e l’al di là: «Io come sono solo sulla terra» (I lamenti, III, in Il passaggio<br />

d’Enea); «… perch’io, <strong>che</strong> nella notte abito solo» (Perch’io…, in Il seme del piangere);<br />

«… l’uomo <strong>che</strong> nel buio è solo» (Il bicchiere, in Congedo del viaggiatore cerimonioso<br />

& altre prosopopee). La parola si predispone all’incontro con quelle presenze silenziose<br />

<strong>che</strong> partecipano di una natura ambigua, a metà strada tra la vita e la morte. In Scalo dei<br />

fiorentini il passare in rassegna i morti, <strong>che</strong> non si muovono e non si voltano, diventa<br />

presa di coscienza <strong>che</strong> ogni comunicazione è negata e la separazione e la distanza<br />

coinvolgono sia l’io <strong>che</strong> la parola: 8<br />

I nomi si allontanavano<br />

vuoti. Rimbombavano<br />

sotto la volta. Li restituivano<br />

dall’altro capo – dall’Al di<br />

là – gli echi <strong>che</strong> io<br />

sentivo, vuoti, morire.<br />

[…]<br />

E poi, allontanandosi con rassegnazione:<br />

[…]<br />

Nessuno m’ha richiamato<br />

– nessuno – indietro.<br />

(Scalo dei fiorentini, in Congedo del viaggiatore cerimonioso)<br />

Tesa sul limite dell’evanescenza la poesia slitta progressivamente verso il vuoto<br />

dell’assenza e della negazione di ogni contatto salvifico. Tra gli attributi della morte<br />

riscontriamo quell’immobilità <strong>che</strong> era propria della Storia sin dai tempi delle prime<br />

raccolte, ma alla quale ora non si contrappone più la vita molteplice dei sensi:<br />

Un uomo solo,<br />

chiuso nella sua stanza.<br />

[…]<br />

Solo in una stanza vuota,<br />

a parlare. Ai morti.<br />

85<br />

(Condizione, in Il muro della terra)<br />

8 E così Enrico Testa, Per interposta persona. Lingua e poesia nel Secondo Novecento, cit., p. 81: «Al<br />

movimento <strong>che</strong> scava verso il principio della parola corrisponde un movimento <strong>che</strong> si volge verso i margini e <strong>che</strong><br />

allarga progressivamente la sua azione: il momento in cui s’avverte la sordità, la non-risposta dei morti […] e in cui si<br />

scopre il dissolversi della propria voce nella parola».

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