Una lingua che combatte - DSpace@Unipr
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superati i limiti dell’io, la conoscenza per via poetica deve guardare oltre i semplici<br />
fenomeni, pena il cadere vittima di un gioco di specchi, <strong>che</strong> confonde la realtà. La<br />
struttura della materia è complessa, come dinamico e brulicante di vita è l’universo, e lo<br />
sguardo del poeta, se vuole andare in profondità, deve affrontare la realtà da più punti<br />
prospettici, cogliendone il carattere mutevole:<br />
Un sasso, ci spiegano,<br />
non è così semplice come pare.<br />
Tanto meno un fiore.<br />
L’uno dirama in sé una cattedrale.<br />
L’altro un paradiso in terra.<br />
Svetta su entrambi un Himalaya<br />
di vite in movimento.<br />
(Un posto di vacanza, VII, in Stella variabile)<br />
Nel testo <strong>che</strong> rappresenta la summa della poetica sereniana, un catalogo della sua<br />
esistenza e della sua scrittura, viene messo in crisi il presupposto classico della<br />
conoscenza e dell’arte.<br />
Sereni prende definitivamente le distanze dai vincoli della mimesi del reale: la res<br />
cogitans (il soggetto) non descrive soltanto, ma interpreta la res extensa (l’oggetto),<br />
secondo una prospettiva storica e non astorica. Egli porta a compimento un percorso <strong>che</strong><br />
aveva intrapreso a partire da Gli strumenti umani:<br />
Ridono alcuni: tu scrivevi per l’Arte.<br />
Nemmeno io volevo questo <strong>che</strong> volevo ben altro.<br />
Si fanno versi per scrollare un peso<br />
e passare al seguente. Ma c’è sempre<br />
qual<strong>che</strong> peso di troppo, non c’è mai<br />
alcun verso <strong>che</strong> basti<br />
153<br />
(I versi, in Gli strumenti umani)<br />
La conoscenza si lega, da questo momento in poi, a un «progetto / sempre in<br />
divenire», mai compiutamente realizzato, <strong>che</strong> va oltre l’orizzonte stesso della poesia,<br />
perché ormai lo sguardo rivela i suoi limiti, il suo relativismo, le sue contraddizioni.<br />
Contro le lusinghe di una poetica autoreferenziale e vana, uno «specchio ora uniforme e<br />
la natura per come viene a noi e ci si manifesta, […] non imporre dall’esterno una forma al fenomeno e nemmeno<br />
subirla (copiarla) dal fenomeno, ma lasciare <strong>che</strong> questo agisca, condividerlo e interpretarlo, cioè restituirlo dopo<br />
averne organizzato le trasformazioni in noi» (Vittorio Sereni, Franco Francese. La bestia addosso, Milano,<br />
All’insegna del pesce d’oro, 1976, pp. 7-8). Non copiare, dunque, ma «collocarsi accanto» alla realtà per interpretarla<br />
è lo scopo della poesia dello stesso Sereni.