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Una lingua che combatte - DSpace@Unipr

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mente, riemerge in luce e colore. 31 Ritornano quelle Infatuazioni, <strong>che</strong> chiudono Gli<br />

immediati dintorni:<br />

Ma è come la montagna di Cézanne: astratta nella sua ripetuta presenza,<br />

indicibilmente viva nel suo arioso riproporsi. Il grembo di una medesima<br />

vallata mi si apre nuovo e diverso, un già noto pendìo è assolato di futuro.<br />

Solo adesso comprendo <strong>che</strong> come un viso mi era stato preannuncio,<br />

portatore, segnacolo di un paesaggio, così è di questo rispetto ad altro <strong>che</strong><br />

incomincio a intravedere. Ben oltre il paesaggio. 32<br />

Questa «ripetuta presenza» tende ad un’estrema e stordente visione della fine del<br />

tempo 33 in cui la prospettiva storica viene fissata in un eliotiano still point. Non può<br />

sfuggire il contrasto tra questa idea e il concetto stesso di futuro, <strong>che</strong> presuppone la<br />

diacronia; ma siamo, come sempre, all’interno di un sistema ellittico e contraddittorio,<br />

in cui ciò <strong>che</strong> «si apre nuovo e diverso», ciò <strong>che</strong> appare «assolato di futuro», è «il<br />

grembo di una medesima vallata», «un già noto pendìo». La soglia va passata non una<br />

volta per sempre (per riprendere il titolo fortiniano), ma «una volta di più»: il tempo è<br />

ritorno, è ripetizione, e Sereni, <strong>che</strong> già in Gli strumenti umani si sentiva «espulso dal<br />

futuro» (Pietà ingiusta), è an<strong>che</strong> estraneo ad una visione organica del passato, e non può<br />

fare altro <strong>che</strong> essere «custode non di anni ma di attimi» (Un posto di vacanza, in Stella<br />

variabile). 34 Nessuna certezza, né <strong>che</strong> ci si volga all’indietro, né <strong>che</strong> si guardi in avanti<br />

(traguardare e intravedere sono verbi sereniani assai significativi). In questo modo si<br />

determina quell’essere oltre il tempo <strong>che</strong> è un essere fuori dal tempo, un’esclusione:<br />

Dove sarà con chi starà il sorriso<br />

<strong>che</strong> se mi tocca sembra<br />

sapere tutto di me<br />

passato futuro ma ignora il presente<br />

se tento di dirgli quali acque<br />

per me diventa tra palmizi dune<br />

e sponde smeraldine<br />

– e lo ribalta su uno ieri<br />

di incantamenti scorie fumo<br />

31 L’esistere è sospeso tra una possibilità futura e il nulla, <strong>che</strong> come la luce accecante, sembra cancellare il tempo<br />

realizzando «le sentiment d’une solitude définitive et de l’immersion dans le Grand Vide […]. Ici, l’être et le néant<br />

coexistent sans dialectique, et ils concourent à supprimer l’historie» (Franco Fortini, La plage et la sibylle, cit., pp.<br />

16-17).<br />

32 Vittorio Sereni, Infatuazioni, in Gli immediati dintorni, ora in La tentazione della prosa, cit., p. 132.<br />

33 Si legga an<strong>che</strong> quanto scrive Franco Fortini in La plage et la sibylle, cit., p. 15.<br />

34 Cfr. Pier Vincenzo Mengaldo, Tempo e memoria in Sereni, in La tradizione del Novecento. Quarta serie, cit.,<br />

p. 223: «la durata è rotta o dagli eventi stessi o dall’incertezza dell’io, o invece si cristallizza, impedendo mobilità e<br />

scorrevolezza». E a p. 225: «La ripetizione in Sereni è un fenomeno bivalente, anzi contraddittorio. Perché per un<br />

verso realizza o indica l’appagante, anzi costruttiva continuità di sé con sé medesimo, ma per l’altro la frustrante<br />

impossibilità del mutamento, psicologicamente la prigionia nella coazione a ripetere (non senza connotati<br />

masochistici)».<br />

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