Una lingua che combatte - DSpace@Unipr
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ora presaghi.<br />
Ma tutto quanto non soggiacque all’afa<br />
s’appunta al volo<br />
degli uccelli lentissimi del largo<br />
avventurati negli oscuri golfi<br />
di un’Italia infinita.<br />
133<br />
(Un’altra estate, in Frontiera)<br />
Il tempo risente di questa particolare qualità “sensibile” della poesia, si fa volubile e<br />
sonoro, può brillare nella qualità concreta di un avverbio, oppure restare qualcosa di<br />
sospeso, rivolto ad un precario avvenire: «Non saremo <strong>che</strong> un suono / di volubili ore»<br />
(Strada di Zenna). 29 L’idillio <strong>che</strong> sembra a tratti caratterizzare i versi del primo libro di<br />
Sereni è «effimero, instabile e minacciato da mutamenti repentini»; 30 si leggono versi<br />
<strong>che</strong> sembrano fotogrammi minimi di una vita colta tra un passato assai recente e il<br />
momento presente, individuato dal deittico temporale “ora”:<br />
fu vostra la grazia dell’aria<br />
nel lume di primavera. Ora si turba<br />
lo splendido fervore.<br />
(Azalee nella pioggia, in Frontiera)<br />
La parola poetica viene proiettata in un futuro indistinto, come in un desiderio di<br />
oltranza, <strong>che</strong> viene disatteso dal riemergere di un tempo su cui aleggia l’ombra della<br />
morte:<br />
Ci desteremo sul lago a un’infinita<br />
navigazione. Ma ora<br />
nell’estate impaziente<br />
s’allontana la morte.<br />
(Strada di Zenna, in Frontiera)<br />
Altrove l’uso dell’avverbio “già” è sintomo di un presente percorso da repentini<br />
slittamenti <strong>che</strong> ne riducono la durata, e ne anticipano la fine:<br />
Già l’òlea fragrante nei giardini<br />
d’amarezza ci punge: il lago un poco<br />
si ritira da noi, scopre una spiaggia<br />
29 <strong>Una</strong> profezia «carica di sognante propensione all’astratto: come esige, almeno su un suo decoroso versante, la<br />
generazione cui non cessa d’appartenere il giovane Sereni, benché “periferico” e restio a far gruppo con qualsivoglia<br />
tendenza o sezione di “scuola”» (così Silvio Ramat, Un poeta sulla strada di Zenna: due liri<strong>che</strong> di Vittorio Sereni,<br />
«Italica», vol. 62, n. 3, 1985, p. 254).<br />
30 Luca Lenzini, Commento, in Vittorio Sereni, Il grande amico, cit., p. 195.