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Una lingua che combatte - DSpace@Unipr

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ancora», <strong>che</strong> reitera l’azione dello sguardo e capovolge il «Non vede / o, se vede» della<br />

strofa precedente. An<strong>che</strong> il paesaggio <strong>che</strong> viene rievocato è in stretto riferimento con gli<br />

elementi menzionati all’inizio del testo: qui i prati là le erbe, poi le vigne e il grande<br />

albero. La poesia ritorna sui suoi passi, ripercorrendo sentieri già battuti, ma per<br />

scorgervi ora un significato ulteriore, prima taciuto, o ignorato. Si apre così la terza e<br />

ultima parte: gli ultimi quattro versi sono al tempo presente e sembrano una preghiera<br />

(«E fedeli chiediamo») per avvicinarci alla natura, per non esaurire la nostra esistenza<br />

nella scissione o nella negazione. Mentre nella prima strofa prevalevano gli avverbi<br />

“più” e “mai”, <strong>che</strong> rendevano assolute le negazioni («non conosce più» e «mai non<br />

era»), in questa l’avverbio “ancora” indica la possibilità di un ripetersi positivo, di una<br />

durata <strong>che</strong> si predispone a varcare la soglia del tempo umano sino a farlo coincidere con<br />

uno più ampio. Fortini congiunge elementi lontani tra loro, diverse dimensioni<br />

temporali e biologi<strong>che</strong> di cui si colgono le connessioni, 50 riconducendo i differenti piani<br />

ad un ordine organico in cui, dialetticamente, ogni parte è an<strong>che</strong> in correlazione con le<br />

altre. È significativo <strong>che</strong> la fedeltà sia un attributo comune all’uomo e alla natura (la<br />

«fedele mezzanotte»), con una personificazione <strong>che</strong> procede sino all’immagine finale, in<br />

cui la scissione si compone definitivamente in quell’unità <strong>che</strong> contiene «l’intelletto delle<br />

erbe e il nostro».<br />

Nei versi di Sereni il conflitto tra il soggetto e la realtà si risolve in una dinamica<br />

interna all’io <strong>che</strong> non approda ad una «scelta ideologica», ma si proietta<br />

psicologicamente sui referenti, tanto <strong>che</strong> si potrebbe parlare di oggetti psichici (come lo<br />

stadio di San Siro), <strong>che</strong> catalizzano la storia in un’essenza complessa e assoluta. 51 Nel<br />

percorso fortiniano, invece, il conflitto genera un’utopia <strong>che</strong> si apre ad una dimensione<br />

storica e biologica <strong>che</strong> presuppone una netta scelta etica e politica. In Fortini la<br />

reversibilità converge nel progettare un doppio percorso «A fonte e a foce!» (Il mulino<br />

della Foresta Nera, in <strong>Una</strong> volta per sempre), <strong>che</strong> è linea retta e spirale, una tensione<br />

50 Così Guido Mazzoni, Forma e solitudine. Un’idea della poesia contemporanea, cit., p. 209: «La separazione,<br />

<strong>che</strong> solo un rovesciamento dello stato di cose presente può abolire nella realtà, viene scoperta e superata dal pensiero,<br />

<strong>che</strong> ricompone la totalità e mostra l’immagine vera del mondo, cogliendo le connessioni <strong>che</strong> sfuggono alla cecità<br />

dell’esperienza quotidiana».<br />

51 Per Sereni non è la «scelta ideologica» (Un sogno, in Gli strumenti umani), ma la poesia l’unico strumento in<br />

grado di registrare le variazioni morali e sociali del tempo, di darne un’interpretazione: «Sereni ha recepito<br />

soprattutto il richiamo al valore dell’esperienza vissuta: posto di fronte all’esigenza di maturare, di fare una scelta<br />

ideologica e avere un programma, Sereni oppose al rigore della ragione dialettica, <strong>che</strong> accusava di rigida astrattezza,<br />

la concretezza elastica dell’Erlebnis, e vide, nelle ideologie <strong>che</strong> proliferavano in quegli anni, delle forzature nei<br />

confronti della realtà, dei tentativi di appiattire riduttivamente le sfumature e le differenze» (Guido Mazzoni, Forma e<br />

solitudine. Un’idea della poesia contemporanea, cit., p.157).<br />

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