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Una lingua che combatte - DSpace@Unipr

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L’impossibilità di rigenerazione e cambiamento, l’annullamento della prospettiva<br />

utopica, viene ribadita con sempre maggiore convinzione: «Quello <strong>che</strong> è fatto, amici, / è<br />

fatto. Possiamo / riporre i ferri» (Finita l’opera, in Il muro della terra). La disillusione<br />

dichiara la condizione fuori centro dell’io, («non ho abitazione», «non ho ubicazione»),<br />

per cui non gli resta <strong>che</strong> «sparire» (Finita l’opera, in Il muro della terra). L’alternativa<br />

è «canticchiare […] per non disperare». Nasce un sentimento d’angoscia trattenuta, <strong>che</strong><br />

tuttavia ribadisce la contiguità della vita col nulla. L’ironia si mescola al nichilismo nel<br />

determinare la stoica accettazione di un destino <strong>che</strong> non conosce il montaliano «anello<br />

<strong>che</strong> non tiene», perché ogni varco è negato ed è carcere l’intero universo:<br />

Ah, «Quale folle danza»<br />

(mi misi a canticchiare,<br />

così, per non disperare<br />

nel buio) «è la Speranza»<br />

Senza sperar pertugio<br />

o<br />

elitropia.<br />

Sfondata ogni porta,<br />

abbattute le mura,<br />

è il cosiddetto Infinito<br />

la nostra vera clausura?<br />

83<br />

(Espérance, in Il muro della terra)<br />

(Plagio per la successiva, in Il muro della terra)<br />

(Tre interrogativi, senza data, 3, in Res amissa)<br />

A questo deserto della vita si contrappone la figura della moglie del poeta, alla quale<br />

è dedicata una poesia <strong>che</strong> termina con un’altra domanda, <strong>che</strong> lascia intravedere, pur<br />

nell’incertezza del tono interrogativo, l’unica realtà sottratta alla fine:<br />

Per lei,<br />

e solo grazie a lei, esiste<br />

dunque uno spiraglio ancora<br />

di qua d’ogni inerte speranza?...<br />

(Laudetta, in Il Conte di Kevenhüller)

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