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Una lingua che combatte - DSpace@Unipr

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con serpente). Non bisogna arrendersi al nichilismo, bisogna, invece, scrivere: «Ecco<br />

scrivo, cari piccoli. Non ho tendine né osso / <strong>che</strong> non dica in nota acuta: “Più non<br />

posso”» (Se volessi un’altra volta…, in Composita solvantur). Come vent’anni prima in<br />

Traducendo Brecht («Scrivi mi dico, odia / chi con dolcezza guida al niente»), an<strong>che</strong><br />

ora il poeta guarda al vuoto della separatezza, ma an<strong>che</strong> ad una possibilità <strong>che</strong> non<br />

esaurisca la poesia nel cupio dissolvi. Occorre guardare alle dichiarazioni di poetica, per<br />

cogliere appieno il processo evolutivo in cui il dolore e la sofferenza di uomini, animali<br />

e piante, si trasformano dialetticamente nell’oltre della speranza:<br />

La prima cosa <strong>che</strong> io cerco è il Regnum Dei, cioè un modo diverso di<br />

essere degli uomini. Un’antropologia abbastanza lucida da non cadere<br />

nell’ottimismo cretino. Il combattimento per il comunismo è già il<br />

comunismo, il comunismo in cammino – un altro non esiste – è un percorso<br />

<strong>che</strong> passa attraverso errori e violenze e comporta <strong>che</strong> uomini siano usati come<br />

mezzi per un fine – siamo contro Kant – <strong>che</strong> nulla garantisce. Dixi et servavi<br />

animam meam. Più in là di questo… porto la spada. 56<br />

Si noti la distanza <strong>che</strong> separa la ricerca fortiniana del Regnum Dei inteso come<br />

alternativa al mondo attuale, dalla tematica del Deus absconditus e poi della Res amissa<br />

di Caproni, <strong>che</strong> di volta in volta si declinano nelle forme dell’assenza e del silenzio della<br />

Parola, ovvero del bene e della Grazia definitivamente perduti. La poesia di Fortini<br />

porta la spada nel mondo per <strong>combatte</strong>re la realtà e mutarla in altro, an<strong>che</strong> se il conflitto<br />

è permanente e non si risolve definitivamente, ma assume un senso proprio nel suo<br />

stesso divenire. In Penna invece c’è già qualcosa del Regnum Dei, ovvero «un modo<br />

diverso di essere degli uomini»: i suoi testi pongono il soggetto già oltre il varco, in uno<br />

spazio luminoso in cui la distanza con la storia è massima, minima quella col divino; si<br />

tratta beninteso di una «deità in fustagno e tascapane» come aveva scritto Montale<br />

(Divinità in incognito, in Satura), ma <strong>che</strong> ci dice <strong>che</strong> nonostante tutto c’è ancora una<br />

possibilità di salvezza. Se, come ha scritto Jaccottet, «la poésie est donc ce chant que<br />

l’on ne saisit pas, cet espace où l’on ne peut demeurer», 57 un’ipotesi di salvezza si<br />

56 Franco Fortini, Un dialogo ininterrotto. Interviste 1952-1994, a cura di Velio Abati, Torino, Bollati<br />

Boringhieri, 2003, p. 701. Si legga an<strong>che</strong> la voce Comunismo in Franco Fortini, Non solo oggi. Cinquantanove voci,<br />

cit., p. 41: «Il combattimento per il comunismo è il comunismo. È la possibilità (scelta e rischio, in nome di valori<br />

non dimostrabili) <strong>che</strong> il maggior numero di esseri umani viva in una contraddizione diversa da quella odierna. Unico<br />

progresso, ma reale, è e sarà un luogo di contraddizione più alto e visibile, capace di promuovere i poteri e le qualità<br />

di ogni singola esistenza. Riconoscere e promuovere la lotta delle classi è condizione perché ogni singola vittoria<br />

tenda ad estinguere quello scontro nella sua forma presente e apra altro fronte, di altra lotta, rifiutando ogni favola di<br />

progresso lineare e senza conflitti».<br />

57 Philippe Jaccottet, La promenade sous les arbres, Lausanne, La bibliothèque des arts, 1996, p. 148.<br />

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