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Una lingua che combatte - DSpace@Unipr

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Sappi – disse ieri lasciandomi qualcuno –<br />

sappilo <strong>che</strong> non finisce qui,<br />

di momento in momento credici a quell’altra vita,<br />

di costa in costa aspettala e verrà<br />

come di là dal valico un ritorno d’estate.<br />

Parla così la recidiva speranza, morde<br />

in un’anguria la polpa dell’estate,<br />

vede laggiù quegli alberi perpetuare<br />

ognuno in sé la sua ninfa<br />

e dietro la raggera degli echi e dei miraggi<br />

nella piana assetata il palpito di un lago<br />

fare di Mantova una Tenochtitlán.<br />

(Vittorio Sereni, Autostrada della Cisa, in Stella variabile)<br />

Questa Tenochtitlán è il «paese nuovo», in cui «cominciare ex novo», di cui parlava in<br />

Pantomima terrestre (Gli strumenti umani), dove i lampi e il temporale si opponevano<br />

all’«insensatezza estiva», <strong>che</strong>, col suo tempo statico e abbagliato, anticipava i «miraggi»<br />

e il «colore del vuoto» di Autostrada della Cisa. Ciò <strong>che</strong> è passato oltre i limiti del<br />

tempo sarà per Sereni materia viva di conoscenza, saranno le «toppe solari», i «segnali»<br />

di cui parlava in La spiaggia:<br />

Sono segnali di luce, ma di una luce tutta interna, anzi di una realtà prima<br />

ignota <strong>che</strong> s’illumina dall’interno di sé, mediante un proprio specifico<br />

<strong>lingua</strong>ggio <strong>che</strong> l’artista ha percepito. […] In questa serie di vere e proprie<br />

apparizioni e rivelazioni, <strong>che</strong> hanno dietro e non fuori di sé una fonte<br />

luminosa, nel loro screziarsi, raggrumarsi, distendersi in strati, in superfici<br />

assolate e calme, oppure in striature tormentate e intermittenti, cogliamo lo<br />

sviluppo di una metamorfosi spontanea della materia in eloquio. 28<br />

I «segnali di luce», e le «superfici assolate» calme e tormentate allo stesso tempo, si<br />

ritrovano an<strong>che</strong> in Altro compleanno:<br />

A fine luglio quando<br />

da sotto le pergole di un bar di San Siro<br />

tra cancellate e fornici si intravede<br />

un qual<strong>che</strong> spicchio dello stadio assolato<br />

quando trasecola il gran catino vuoto<br />

a specchio del tempo sperperato e pare<br />

<strong>che</strong> proprio lì venga a morire un anno<br />

e non si sa <strong>che</strong> altro un altro anno prepari<br />

passiamola questa soglia una volta di più<br />

sol <strong>che</strong> regga a quei marosi di città il tuo cuore<br />

e un’ardesia propaghi il colore dell’estate.<br />

(Vittorio Sereni, Altro compleanno, in Stella variabile)<br />

28 Vittorio Sereni, Morlotti e un viaggio, in Gli immediati dintorni, ora in La tentazione della prosa, cit., p. 120.<br />

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