Una lingua che combatte - DSpace@Unipr
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«Amore inventa e rischia» scrive poco oltre questi versi: la realtà è doppia, c’è qualcosa<br />
<strong>che</strong> cade al di là di ciò <strong>che</strong> normalmente percepiamo, c’è una dimensione più profonda<br />
(«segreto» è un termine <strong>che</strong> ricorre spesso nelle poesie di Penna), <strong>che</strong> smas<strong>che</strong>ra la<br />
falsità della realtà più superficiale, e Eros, il desiderio, deve tentare di fare esistere<br />
quest’altra realtà, deve inventare un altro mondo.<br />
Nella raccolta Stranezze sebbene al fanciullo «gravido di luce» si sostituisca l’«io<br />
buio, sul sedile, e vuoto» (Letteratura), ancora una volta è lasciato aperto uno spiraglio<br />
ad una possibilità futura:<br />
Non c’è più quella grazia fulminante<br />
ma il soffio di qualcosa <strong>che</strong> verrà.<br />
(Non c’è più quella grazia fulminante, in Stranezze)<br />
Penna si sente definitivamente «felice straniero in ogni luogo» (Il sole qui mi sembra<br />
così caldo), la lontananza (dei fanciulli, ormai «antichi») è ancora una volta speranza:<br />
Un altro mondo si dischiude: un sogno<br />
fanciulla mia beata sotto il sole<br />
medesimo (oh gli antichi<br />
e dorati fanciulli). Un lieve sogno<br />
la vita…<br />
Ricordati di me dio dell’amore.<br />
(Un altro mondo si dischiude: un sogno, in Stranezze)<br />
Alla fine del percorso il cerchio si chiude così come si era aperto: «la vita…» è attesa di<br />
un avvenimento, tensione verso un oltre <strong>che</strong> superi la mancanza e si confronti con il<br />
desiderio. Al «ricordarsi di un risveglio» si sostituisce il «ricordati di me», come se il<br />
poeta fosse già proiettato in una dimensione postuma e si fosse lasciato alle spalle<br />
questo mondo per andare verso «Un altro mondo», <strong>che</strong> è, ancora una volta e come<br />
sempre, sogno. 38<br />
Questo è il gioco <strong>che</strong> la finzione poetica mette in scena: l’io «straniero in ogni<br />
luogo» può trovare una sede nell’invenzione-rappresentazione dei sensi. Ogni testo è un<br />
38 Cfr. Luigi Tassoni, L’angelo e il suo doppio. Sulla poesia di Sandro Penna, cit., p. 76: «È chiaro <strong>che</strong> rispetto<br />
alla percezione del vuoto di tanta poesia del nostro tempo, Penna sostituisce la sospensione in una sorta di<br />
trasalimento dopo la corsa o attesa costante dell’avvenimento, <strong>che</strong> è una funzionale fase tensiva al di là della<br />
mancanza momentanea e verso l’oggetto-soggetto di questa poesia, cioè il fanciullo dio dell’amore. […] Il fanciullo<br />
[…] è proiezione del soggetto verso il continuo e rassicurante ripetersi in nuovi volti del medesimo desiderio<br />
amoroso. Non a caso i fanciulli di Penna hanno solo occhi, perché essi non sono persone fissate in un fotogramma:<br />
sono coloro <strong>che</strong> legano l’io al mondo possibile, non al mondo reale».<br />
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