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Una lingua che combatte - DSpace@Unipr

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dimensione collettiva. 72 Nella fase più matura della produzione sereniana, e in<br />

particolare in Stella variabile, il mondo dei referenti appare sempre più alienato e<br />

alienante, come un mistero <strong>che</strong> il rapporto tra circostanza (esperienza) e testo (forma)<br />

non riesce a risolvere. 73 Ci viene nuovamente in aiuto Benjamin, <strong>che</strong> parla di «una<br />

costellazione carica di tensioni» 74 in cui passato e presente sono riorganizzati<br />

programmaticamente per costruire uno spazio poetico in cui si dà una nuova<br />

rappresentazione del mondo, all’interno di una temporalità soggettiva e collettiva allo<br />

stesso tempo. In questo senso per Sereni l’esperienza poetica può caricarsi di una<br />

tensione di natura conoscitiva. 75 la guerra e il dopoguerra hanno sicuramente agito «nel<br />

cuore della vita individuale e collettiva». 76 Di Stella variabile, egli dichiara:<br />

dovrebbe esprimere quella compresenza di impotenza e potenzialità, la<br />

mia difficoltà a capire il mondo in cui viviamo e al tempo stesso l’impulso a<br />

cercarvi nuovi e nascosti significati, la coscienza di una condizione dimidiata<br />

e infelice e l’ipotesi di una vita diversa, tanto vaga e sfuggente oggi quanto<br />

pronta a riproporsi ogni volta <strong>che</strong> se ne sappiano cogliere gli indizi e le tracce<br />

umane. 77<br />

Da questo punto di vista è significativo il componimento In una casa vuota, in cui<br />

Sereni mette in scena forze contrastanti, le une vòlte a depistare, e le altre a conferire<br />

concretezza e profondità al testo, per indagare davvero la natura e le ragioni del male:<br />

72 Cfr. Pier Vincenzo Mengaldo, Tempo e memoria in Sereni, in La tradizione del Novecento. Quarta serie,<br />

Torino, Bollati Boringhieri, 2000, p. 223: «Il culto sereniano della memoria non lo è solo della memoria personale,<br />

ma an<strong>che</strong> di quella <strong>che</strong> possiamo chiamare memoria storica, soprattutto di una storia – lo sanno i lettori del poeta –<br />

<strong>che</strong> ha il suo fulcro nell’orrore nazista e nella Resistenza, gli eventi <strong>che</strong> egli ha mancato sentendo sempre questo<br />

appuntamento fallito come colpa».<br />

73 Per Sereni la raccolta aveva un carattere definitivo. Si legga quanto scrive in una lettera ad Alessandro<br />

Parronchi, in Un tacito mistero. Il carteggio Vittorio Sereni-Alessandro Parronchi (1941-1982), cit., lettera 132, p.<br />

313: «Ho l’impressione <strong>che</strong> di versi non ne scriverò più (forse perché sento sempre meno naturale l’esercizio?)».<br />

Sereni qui riprende un pensiero già contenuto in Gli strumenti umani, nella lirica I versi: «Se ne scrivono solo in<br />

negativo / dentro un nero di anni / come pagando un fastidioso debito / <strong>che</strong> era vecchio di anni. / No, non è più felice<br />

l’esercizio». Garboli aveva definito questo Sereni un «tardo ideologo dei versi in negativo» (Cesare Garboli,<br />

Falbalas, Milano, Garzanti, 1990, p. 222). Tuttavia proprio in questi versi Sereni esprime le ragioni profonde della<br />

sua poetica e di quell’ansia intellettuale ed esistenziale <strong>che</strong> lo aveva portato al Diario d’Algeria e <strong>che</strong> lo porterà,<br />

naturaliter, a Stella variabile. Insomma si tratta di una negatività <strong>che</strong> preesiste ai versi stessi e <strong>che</strong>, in nuce, albergava<br />

an<strong>che</strong> nelle prime prove di Frontiera, an<strong>che</strong> se a quell’altezza rimaneva nascosta e come travestita dalla luce e dai<br />

colori del luogo nativo.<br />

74 Walter Benjamin, Tesi di filosofia della storia, in Angelus Novus. Saggi e frammenti, cit., p. 85. E in<br />

Avanguardia e rivoluzione. Saggi sulla letteratura, Torino, Einaudi, 1976, p. 31: «Quello <strong>che</strong> prima […] era uno<br />

spazio di tempo privo di tensione, è diventato un campo di forze».<br />

75 A questo proposito si legga Enrico Testa, Per interposta persona. Lingua e poesia nel secondo Novecento, cit.,<br />

p. 49: «Parlando, con la più sottile delle discrezioni, d’altro e d’altri, Sereni, in un breve articolo del ’57, chiariva<br />

come il suo lavoro di poeta fosse guidato, tra soprassalti e continui ripensamenti, dall’”ansia” del confronto con<br />

“l’immagine di noi e del nostro tempo”». Questo motivo viene definito da Testa «storico e psicologico», perché<br />

«privilegia, nella lettura dei testi altrui e nella composizione dei propri, i segni legati al senso della contemporaneità e<br />

i loro rapporti con l’essere individuale».<br />

76 Vittorio Sereni, Esperienza della poesia, in Gli immediati dintorni, ora in La tentazione della prosa, cit., p. 29.<br />

77 Così Vittorio Sereni in un’intervista a cura di Gian Carlo Ferretti, in «Rinascita», a. 37, n. 42, 24 ottobre 1980,<br />

p. 40, ora in Gian Carlo Ferretti, Poeta e di poeti funzionario. Il lavoro editoriale di Vittorio Sereni, cit., p. 132.<br />

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