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Una lingua che combatte - DSpace@Unipr

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con le macchine, nega ogni possibilità di un incontro pacifico. 37 Negli anni<br />

dell’ermetismo, cioè della poesia “irrelativa”, la relazione <strong>che</strong> ancora si cerca è quello<br />

tra l’io e la natura e il tempo è percepito come trascorrere del giorno e delle stagioni, da<br />

intendersi come «figurazione ridotta […] del tempo assoluto». 38 In queste poesie<br />

troviamo una grazia malinconica, un mondo quasi crepuscolare (dissolvenza: «da me<br />

segreta ormai / silenziosa t’appanni / come nella memoria», Dietro i vetri, in Come<br />

un’allegoria), <strong>che</strong> resistono al sentimento della morte (già nella dedica alla fidanzata<br />

perduta precocemente). È l’estrema evidenza dell’esserci in lotta col suo contrario. Il<br />

tempo è quello di sensazioni appena trascorse, di cui ancora trema l’aria, di presenze<br />

còlte prima di svanire:<br />

Quando più sguscia obliquo<br />

il sole su queste strade<br />

ogni cortile ha strane<br />

battaglie, con ingenue grida.<br />

Nel tocco delle campane<br />

c’è ancora qual<strong>che</strong> sapore<br />

del giubiloso soggiorno;<br />

ma se mi passa accanto<br />

un ragazzo, nel soffio<br />

della sua bocca sento<br />

quant’è labile il fiato<br />

del giorno.<br />

(Giorgio Caproni, Fine di giorno, in Come un’allegoria)<br />

La sera, come nota Adele Dei, 39 è ricordo del giorno, il vento, il fiato, il suono delle<br />

campane, possono prolungare un’apparizione e renderla presente ai sensi, ma sempre<br />

nella consapevolezza della sua precarietà. C’è il senso di una sospensione e di un’attesa<br />

<strong>che</strong> confinano con la morte: «Con un sorriso a fiore / di labbra, s’affaccia / alla solita<br />

attesa» (Immagine della sera, in Come un’allegoria).<br />

An<strong>che</strong> qui sarà opportuno osservare l’uso <strong>che</strong> viene fatto di avverbi e congiunzioni<br />

temporali. Così si nota un netto prevalere di ancora, mentre, ora, già: «nella mia bocca<br />

ancora / assopita»; «A quest’ora il sangue / del giorno infiamma ancora / la gota del<br />

37 «Insomma, Caproni non può essere ascritto alla poetica dell’innocenza sensuale e della grazia della povertà <strong>che</strong><br />

è una delle dimensioni principali della letteratura italiana del Novecento, tanto in poesia (Saba, Penna) quanto e ancor<br />

più in narrativa», Italo Calvino, Il taciturno ciarliero (per Giorgio Caproni), in Saggi, cit., pp. 1024-1025.<br />

38 Stefano Colangelo, Elementi della temporalità caproniana, in AA.VV., Il tempo e la poesia. Un quadro<br />

novecentesco, a cura di Elisabetta Graziosi, Bologna, CLUEB, 2008, p. 200: «ed è la scelta di questa figurazione e di<br />

questo paradigma […] a proporre un primo varco d’uscita dalla retorica ermetica: si potrebbe parlare, semplificando,<br />

di un “sentimento del giorno”, di un’esplicita e consapevole riduzione concreta del “sentimento del tempo”».<br />

39 Cfr. Adele Dei, Giorgio Caproni, cit., p. 12.<br />

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