Una lingua che combatte - DSpace@Unipr
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Infatti notiamo <strong>che</strong>, pur coniugando il verbo al futuro («vedrai»), Fortini introduce una<br />
regressione verso una realtà prebellica e preindustriale, in cui, come ha sottolineato<br />
Walter Siti, «l’attesa del futuro non contrasta col recupero del passato», 22 ma intravede<br />
in questa doppia dinamica lo spiraglio per la resurrezione di cui è emblema l’immagine<br />
sacrale del lavaggio purificatorio nell’acqua dei fontanili.<br />
3.1.2. L’eredità della scrittura<br />
Secondo Fortini la poesia «non agisce direttamente sulla realtà», 23 ed «è per<br />
definizione discorso indiretto, discorso intransitivo», 24 perciò deve necessariamente<br />
essere inattuale, guardare al passato e proiettarsi verso il futuro se vuole dare un senso<br />
all’attualità stessa. Questa consapevolezza trova espressione in uno dei suoi testi più<br />
importanti, Traducendo Brecht, pubblicato in <strong>Una</strong> volta per sempre, in cui prevale uno<br />
sguardo negativo sul futuro <strong>che</strong> si riflette an<strong>che</strong> sulla condizione stessa della scrittura e<br />
sul ruolo dell’intellettuale: alla poesia spetta il compito di dire questa negatività, di<br />
confrontasi col vuoto e con l’errore. Non ci può essere nessuna speranza di mutamento<br />
per chi si accontenta dell’attualità e vive in una società pacificata e inerte, ancora<br />
profondamente ingiusta:<br />
Un grande temporale<br />
per tutto il pomeriggio si è attorcigliato<br />
sui tetti prima di rompere in lampi, acqua.<br />
Fissavo versi di cemento e di vetro<br />
dov’erano grida e piaghe murate e membra<br />
an<strong>che</strong> di me, cui sopravvivo. Con cautela, guardando<br />
prepara la fine della storia a noi nota». Si rimanda an<strong>che</strong> a Alfonso Berardinelli, Franco Fortini, cit., p. 118: «Per<br />
questo rivoluzione e comunismo non sono un puro al di là, un ineffabile rovesciamento. Il comunismo è il punto in<br />
cui tutte le contraddizioni della società borghese cominciano a saltare e a risolversi». Così Pier Vincenzo Mengaldo,<br />
Per Franco Fortini, in La tradizione del Novecento. Quarta serie, Torino, Bollati Boringhieri, 2000, p. 257: «si può<br />
dire <strong>che</strong> il disancoramento delle idee comuniste dalla loro cattiva realizzazione storica comportò in lui e in pochi altri<br />
di sentire le prime con più forza, e certamente con una venatura, nel bene e nel male, più utopica». E si legga an<strong>che</strong><br />
quanto scrive Elisa Gambaro: «È del resto lo stesso movimento dialettico per cui la poesia è insieme affermazione e<br />
negazione, vergogna e valore, a sottintendere la nozione di un tempo frammentato. Per Fortini, l’opacità del presente<br />
alienato contiene in sé tutto ciò <strong>che</strong> è morto e insieme anela, per bagliori, all’utopia futura» (Elisa Gambaro, Fortini<br />
poeta, in AA.VV., «Se tu vorrai sapere…». Cinque lezioni su Franco Fortini, a cura di Paolo Giovannetti, Milano,<br />
Edizioni Punto Rosso, 2004, p. 62).<br />
22 Walter Siti, Il tarlo, in AA.VV., Per Franco Fortini. Contributi e testimonianze sulla sua poesia, a cura di Carlo<br />
Fini, Padova, Liviana Editrice, 1980, p. 180. E si legga an<strong>che</strong> Alfonso Berardinelli, Franco Fortini, cit., p. 67: «Al<br />
centro c’è un rapporto tra un regredire e un procedere, una tensione di forze in contrasto, il segno di una compresenza<br />
di stasi e movimento».<br />
23 Così Franco Fortini in Ferdinando Camon, Il mestiere di poeta, cit., p. 129.<br />
24 Ivi, p. 130.<br />
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