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Una lingua che combatte - DSpace@Unipr

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spaesamento, tanto più accentuato quanto più inserito all’interno di una “normale<br />

anormalità”.<br />

Entrato nel cono d’ombra del non-essere, il <strong>lingua</strong>ggio è ridotto a pura logica<br />

formale, non riesce a ristabilire un rapporto ordinato col reale, non ammette possibilità<br />

di senso per ciò <strong>che</strong> si presenta come caos e disordine, ma si afferma come il luogo<br />

privilegiato dell’altrove. Linguaggio e tempo diventano, allora, metafore di un mondo<br />

privo di leggi e di riferimenti: «Il tempo, <strong>che</strong> nell’immagine del progresso sembrava<br />

scorrere “liscio come un filo attraverso le dita”, si presenta ora come una fune<br />

sfilacciata» 19 e la poesia si spinge ai limiti estremi di una razionalità <strong>che</strong> registra il<br />

disfacimento della società.<br />

2.3.3. Le parole della fine dell’uomo<br />

Parallelamente agli sviluppi metafisici e astratti Caproni sviluppa an<strong>che</strong> una<br />

riflessione sull’inquinamento <strong>che</strong> affligge il <strong>lingua</strong>ggio. La poesia per questo autore è<br />

un atto di libertà e disobbedienza, <strong>che</strong> si realizza soltanto quando la parola dell’io<br />

diventa voce del noi, quando la parola soggettiva si avvicina alle cose, dichiarandone la<br />

concomitanza col nulla ma an<strong>che</strong> mettendo il pensiero filosofico a più diretto contatto<br />

con temati<strong>che</strong> sociali e civili.<br />

Lettore di Kierkegaard, egli è consapevole <strong>che</strong> «l’uomo è una macchina di parole, e<br />

nulla impedisce <strong>che</strong> impari a memoria una litania filosofica come una confessione di<br />

fede o un credo politico». 20 Il pessimismo nei confronti della società moderna<br />

(conseguenza an<strong>che</strong> della crisi dell’intellettuale, <strong>che</strong> si vede negato ogni ruolo) tuttavia<br />

non ha mai come esito la fuga nell’ideale dell’arte, ma si configura come tentativo di<br />

giungere ad un confronto diretto col mondo, attraverso l’invettiva e l’allegoria. Se la<br />

poesia è abitata dal vuoto e dalle atrocità della storia stessa, si tratta di cercare di<br />

lavorare con le parole (an<strong>che</strong> quelle più logore) per generare pensiero e civiltà, senza<br />

lasciarci morire nel cimitero dell’abitudine:<br />

dell’essere all’essenza dell’uomo. […] nel pensiero l’essere perviene al <strong>lingua</strong>ggio. Il <strong>lingua</strong>ggio è la casa dell’essere.<br />

Nella sua dimora abita l’uomo. I pensatori e i poeti sono i custodi di questa dimora».<br />

19 Franco Rella, Il silenzio e le parole. Il pensiero nel tempo della crisi, cit., p. 139.<br />

20 Sören Kierkegaard, Il concetto dell’angoscia, Milano, Fratelli Bocca, 1941, p. 64.<br />

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