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Iris di Kolibris

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Carmen Bugan: Senza una patria<br />

a cura <strong>di</strong> Chiara De Luca<br />

KC Durante una recente lettura a Oxford ero molto interessato<br />

a ciò che <strong>di</strong>cevi riguardo ai sentimenti che provi per la<br />

lingua Rumena e per l’inglese, che mi pare tu abbia chiamato<br />

la lingua della tua libertà. Che cosa avviene quando si scrivono<br />

poesie in un’altra lingua? Ma ora mi chiedo se la domanda<br />

sia formulata nel modo giusto. Come mai proprio l’inglese<br />

è <strong>di</strong>venuta lingua del tuo pensiero e della tua poesia, e non<br />

un’altra lingua? In un articolo pubblicato su “Modern Poetry<br />

in Translation” (Series 3 no. 2), <strong>di</strong>ci che le parole rumene non<br />

ritornano più a tradurre.<br />

CB l’inglese è <strong>di</strong>venuta una parte importante della mia<br />

identità, da quando ci trasferimmo negli Stati Uniti con<br />

quei tesserini <strong>di</strong> “rifugiati” che ci avevano dato a Roma,<br />

quando avevo 19 anni. Era tremendamente liberatorio avere<br />

a <strong>di</strong>sposizione questa lingua in cui potevo esprimere tutto<br />

ciò che avevo dovuto tacere durante gli anni rumeni in<br />

cui mio padre fu incarcerato. Ora scrivo soltanto in inglese:<br />

è anche la lingua primaria nell’ambito della mia famiglia,<br />

dove ne parliamo quattro. Il rumeno resta comunque la<br />

più interessante, perché è legato a un’infanzia celestiale e a<br />

una adolescenza infernale, ma ho smesso <strong>di</strong> leggere e scrivere<br />

in rumeno dal 1989!<br />

Ho una relazione <strong>di</strong>versa con ogni lingua che parlo: l’italiano<br />

è la lingua del matrimonio e dei figli, nonostante stia<br />

gradualmente <strong>di</strong>ventando anche una lingua della letteratura<br />

per me, perché sto leggendo poesia in italiano; il francese<br />

è una lingua necessaria: viviamo in Francia, i bambini<br />

frequentano scuole francesi, “funzioniamo” attraverso il<br />

francese. È una bella lingua, molto sensuale, amo parlarla,<br />

anche se non ne ho una conoscenza solida. L’inglese d’altra<br />

parte ha dentro il fremito della libertà e porta con sé anche<br />

tutte le conquiste e la felicità della nostra famiglia, in<br />

quanto emigranti. Devo <strong>di</strong>re che ho avuto anche la fortuna<br />

<strong>di</strong> godere della compagnia <strong>di</strong> americani e inglesi che si<br />

sono <strong>di</strong>mostrati persone meravigliose, e sagge, e sensibili, e<br />

premurose. Molti <strong>di</strong> loro erano letterati. Così la lingua si è<br />

presentata a me con tutte le possibili bene<strong>di</strong>zioni. Scrivere<br />

in inglese è risultata per me un’esperienza facile e felice, in<br />

parte per via della mancata responsabilità nei confronti del<br />

canone (non vi appartenevo per nascita, perciò non subivo<br />

le stesse pressioni a inserirmi nella sua tra<strong>di</strong>zione); e in parte<br />

perché il mio orecchio era completamente sordo al ritmo<br />

della lingua, così ciò che classificheresti come giambico potrebbe<br />

suonare piuttosto <strong>di</strong>fferente quando lo pronuncio<br />

io, soprattutto perché il ritmo della lingua rumena, che ancora<br />

porto dentro <strong>di</strong> me, è piuttosto <strong>di</strong>fferente. Ma mi rendo<br />

anche conto che in poesia sto scremando l’inglese: Non<br />

ci sono addentro, cosa su cui sto cercando <strong>di</strong> lavorare.Occorre<br />

leggere e scrivere tantissimo. Ma in sostanza l’inglese<br />

è come una casa per me, è sicuro, accogliente, è un posto in<br />

cui stare, e penso che questo senso della lingua sia una premessa<br />

fondamentale per chiunque voglia farne strumento<br />

<strong>di</strong> creazione. Tuttavia ho seri dubbi sulla mia capacità <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>re qualcosa <strong>di</strong> “nuovo” o in un “modo nuovo” in inglese,<br />

ma penso <strong>di</strong> avere abbastanza da lavorare sul conflitto tra<br />

l’argomento e il suono delle parole per ora. Così non mi<br />

preoccupo tanto della mia “originalità” quanto della luci-<br />

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