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Carmen Bugan: Senza una patria<br />
a cura <strong>di</strong> Chiara De Luca<br />
<strong>di</strong>tà e <strong>di</strong> quella “transazione <strong>di</strong> significato” (come Milosz<br />
da qualche parte l’ha definita) tra le poesie e i loro lettori.<br />
KC Questo come influisce sulle preoccupazioni o sullo stile<br />
della tua poesia? Mi sembra al contempo ricco per immagini<br />
ma regolato, quasi costretto, ma con una <strong>di</strong>retta asserzione <strong>di</strong><br />
dolore e passione; c’è quasi una formale cortesia, che mette in<br />
atto un’infinita preoccupazione per il dettaglio. Mi chiedo fino<br />
a che punto sia l’esito <strong>di</strong> una poetica della generosità <strong>di</strong> fronte<br />
all’incombere <strong>di</strong> esperienze minacciose.<br />
CB “Poetica della generosità” <strong>di</strong> fronte alle avversità mi<br />
suona molto bene! Mi intimorisce scrivere in inglese rispettando<br />
le forme – non si tratta soltanto <strong>di</strong> apprendere<br />
meccanicamente le strutture formali della poesia, bensì <strong>di</strong><br />
padroneggiarle con una combinazione <strong>di</strong> perfetta conoscenza<br />
della sua storia (i predecessori della poesia, se vuoi)<br />
e anche una certa sicurezza rispetto a cosa si vuole <strong>di</strong>re, e a<br />
come lo si vuole <strong>di</strong>re. Il punto è questo: io parlo in inglese<br />
<strong>di</strong> un’esperienza rumena. Bene, non c’è una tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />
sonetti incentrati su questo. Anche le mie poesie d’amore<br />
non sono poi così universali – sono permeate dal senso <strong>di</strong><br />
per<strong>di</strong>ta e dalla minaccia della per<strong>di</strong>ta, che è strettamente<br />
connesso con gli anni rumeni della mia vita. Io cerco <strong>di</strong><br />
trovare le immagini che più profondamente esprimono ciò<br />
che voglio <strong>di</strong>re e poi lavoro con le parole come un giar<strong>di</strong>niere<br />
con i fiori, cercando <strong>di</strong> metterle in posti e con un or<strong>di</strong>ne<br />
che generi un senso <strong>di</strong> armonia e mantenga la fioritura<br />
del giar<strong>di</strong>no per la maggior parte dei mesi cal<strong>di</strong>. Cerco <strong>di</strong><br />
trovare una mia personale forma, che è dettata dalle immagini<br />
e dalle parole. C’è un po’ <strong>di</strong> Coleridge in questo, lo<br />
ammetto: gli anelli nel tronco dell’albero, la forma come<br />
espressione esteriore del contenuto, la crescita “organica”<br />
dell’uno dall’altro. Trovo che sia bene essere <strong>di</strong>retti, ma anche<br />
misurati. Una volta stavo leggendo una poesia piena <strong>di</strong><br />
rabbia ad Allen Ginsberg, che era venuto alle Grand Rapids,<br />
Michigan, a trovare il suo amico David Cope, mio<br />
insegnante al college. Avevo poco più <strong>di</strong> vent’anni allora,<br />
avevo appena iniziato a scrivere in inglese, ero piena <strong>di</strong> animo<br />
Beat e impaziente <strong>di</strong> mostrare la mia rabbia, la mia forza.<br />
Allen era a casa mia, seduto in poltrona, circondato da<br />
giovani studenti e alcuni insegnanti seduti sul pavimento<br />
e sul <strong>di</strong>vano. “Cazzo non sono stato io a farti QUESTO”<br />
mi gridò, “non dovresti mai incolpare il tuo pubblico <strong>di</strong> ciò<br />
che ti è successo!” Anche se scoppiai in lacrime, uscendo<br />
dal mio stesso appartamento, imparai una terribile lezione<br />
<strong>di</strong> poetica: autocontrollo. Tutti noi attraversiamo l’inferno,<br />
ma non dovremmo far soffrire il nostro pubblico, ed è una<br />
cosa che sto cercando <strong>di</strong> mettere in pratica. La poesia era<br />
una <strong>di</strong>retta risposta ai rispettabilissimi americani che mi<br />
<strong>di</strong>cevano che avrei dovuto amare il mio paese, che avrei dovuto<br />
sempre pensare a me stessa come a una rumena. Stavo<br />
<strong>di</strong>cendo loro: “Voi non avete visto l’amore per il mio paese<br />
/ morire”. Ma <strong>di</strong> nuovo stavo raccontando la storia del profondo<br />
terrore generato proprio dall’amore per il proprio<br />
paese, cosa che semplicemente non potevo trasmettere a<br />
dei citta<strong>di</strong>ni americani che non avevamo mai visto cosa la<br />
politica possa fare alla gente comune.<br />
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