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DISPENSE DI ECONOMIA E GESTIONE DELLE IMPRESE II (nuovo ...

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Dispense di Strategie d’impresa 2003Professor Cristiano Ciappeisocietà. La figura dell’accomandatario è caratterizzata quindi da tre aspetti: la responsabilità illimitata esolidale delle obbligazioni sociali; il potere di amministrate che ad essi spetta di diritto indipendentementedal capitale posseduto; l’incarico non è soggetta a limiti di tempo (a condizione che si presentino cause diineleggibilità o di decadenza). Nelle s.a.p.a., può accadere che il controllo strategico istituzionale spetti ad ungruppo di soggetti (accomandatari) che spesso rappresentano solo una minoranza del capitale. Vi ècomunque una importante differenza fra questa situazione e quella che si ha nel caso di partecipazioniindirette. In quest’ultimo caso, infatti, è possibile mantenere il controllo del gruppo con una quota delcapitale sociale relativamente contenuta e quindi anche assumendo rischi moderati. I soci accomandatari,invece, anche se detengono una quota ridotta del capitale, sono responsabili in modo illimitato delleobbligazioni societarie.Riepilogando, si è visto finora come sia possibile mantenere il controllo di una certa società limitando almassimo la consistenza del pacchetto di controllo. In sostanza una tale situazione si realizza se si riesce adaumentare la quota del capitale sociale che di fatto non esercita il controllo, o se, in altri termini si riesce asopperire all’esigenza dell’organismo impresa senza far entrare <strong>nuovo</strong> capitale che può mettere a repentaglioil pacchetto di controllo. Esistono anche altri strumenti che possono essere impiegati a tale scopo quali lepartecipazioni incrociate (che non sono comunque ammesse dalle disposizioni legislative) e i patti disindacato.La possibilità di mantenere il controllo limitando l’investimento necessario, può talvolta far venir meno,nel capitale di comando, il “tradizionale” interesse a massimizzare il valore economico dell’impresa. Ilmotivo va ricercato nel fatto che nel caso in cui il management e la proprietà non riescano attraverso unagestione efficiente a mantenere alto il valore delle azioni, pongono la società al riparo dal rischio di unascalata ostile da parte di altre società in quanto rendono eccessivamente costosa tale operazione. Perrealizzare la scalata occorre lanciare una OPA, cioè un’offerta pubblica di acquisto delle azioni della societàbersaglio, offrendo agli azionisti un prezzo più elevato del valore di mercato delle loro azioni. Nel caso in cuisi riesca a mantenere alto il valore di tali titoli si riesce a scoraggiare tentativi di OPA che risulterebberoeccessivamente onerosi. Le scalate rappresentano quindi un correttivo alle inefficienze nelle gestioni delleimprese in quanto garantiscono un ricambio nell’economia; in un certo senso, esse stanno alla fisiologia diun mercato finanziario avanzato come la possibilità di un’alternanza al potere sta alla fisiologia dellapolitica. Il motore del mercato dei capitali è l’OPA ostile; l’azionista (soprattutto di minoranza) nel caso incui non siano soddisfatti dell’andamento negativo delle imprese nelle quali hanno investito, può sempresperare che proprio l’inefficienza nella gestione spinga un gruppo rivale a lanciare un’OPA ostile, offrendoper le azioni un prezzo più alto di quello corrente in Borsa. Quando tale scalata ha successo, è lecitoattendersi che essa produca benefici per l’azienda e per il mercato. Nel caso in cui il capitale di comandosegua la logica suddetta (e cioè tenti di limitare il proprio investimento pur mantenendo il controllo) si hannoinevitabilmente delle conseguenze sulle scelte finanziarie adottate. Si pensi ad esempio al caso di unaimpresa “sana” che opera in condizioni di equilibrio economico e finanziario; probabilmente, laminimizzazione del capitale investito per avere il controllo, può essere sostenuta solo fino ad un certo limite.L’impresa è destinata infatti fisiologicamente a crescere e ciò implica che il suo fabbisogno sarà crescente:per coprire tale fabbisogno sarà necessario reperire capitali. Fino a quando il capitale di comando attraversole tecniche viste riesce a reperire <strong>nuovo</strong> capitale senza mettere a rischio il suo grado di controllo, non sipresentano problemi. Nel caso in cui la crescita però richieda fonti di finanziamento che rischiano di metterein discussione la capacità di controllo dell’intero contesto da parte del nocciolo duro, questo si trova a doverscegliere fra le esigenze dell’impresa (trovare fondi per finanziare la sua crescita) e quella proprie dicontinuare ad esercitare la funzione di comando. In tale ipotesi, la logica finanziaria dell’assettoproprietario può dunque rappresentare un ostacolo nel medio lungo termine alla capacità di crescitadell’organismo impresa.Il secondo obiettivo preso in considerazione è la massimizzazione del valore del capitale di controllo.La possibilità di riuscire a mantenere il controllo pur limitando i propri investimenti, fa si che nonnecessariamente la logica finanziaria del capitale di comando sia l’incremento del valore dell’impresa.Quando infatti il capitale di controllo possiede una quota effettiva del capitale di un’azienda pari al 5-6%della stessa, è lecito supporre che le sue finalità non necessariamente siano rappresentate dall’aumento delvalore di un’impresa di cui detiene una quota minima.L’obiettivo della massimizzazione del valore dell’impresa diventa più correttamente la massimizzazionedel valore del pacchetto di controllo. Queste due finalità non necessariamente coincidono.Il primo caso si ha quando il capitale di controllo ha interesse ad aumentare il valore dell’azienda.232

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