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DISPENSE DI ECONOMIA E GESTIONE DELLE IMPRESE II (nuovo ...

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Dispense di Strategie d’impresa 2003Professor Cristiano Ciappeisono legati obiettivi comuni. In questo senso, il fine normativo della teoria delle relazioni industriali stadunque nel promuovere negoziazioni, risoluzione di conflitti o processi gestionali che possano portareall’ordinaria composizione delle confliggenti aspettative (Walton e McKersie, 1965), come pure alla ricercadi soluzioni per tutti soddisfacenti (Sani, 1996, p.25). Quindi “l’enunciato teorico che emerge con più forzada queste primi capisaldi della teoria delle relazioni industriali, è che la gestione efficace e la soluzione delconflitto contribuisce all’efficacia dell’impresa ed al benessere individuale” (Kochan e Verma, 1983, p.18).E’essenziale comunque che la configurazione di interessi ora comuni, ora divergenti sia analizzata, in modoche la prospettiva negoziale possa ottenere un qualche potere analitico.La comprensione “politica” delle dinamiche aziendali è quindi completa e fornisce le basi per andareverso una fondazione teorica del conflitto/consenso, che poi possa permettere di muoversi anche ad unlivello di astrazione teorica inferiore. Tradizionalmente (Kochan e Verma, 1983, p.19-20) si identificanocinque enunciati costituenti al base della comprensione politica delle dinamiche aziendali, prospettiva cheintegra la rappresentazione politica dell’impresa con la teoria del conflitto e quella della negoziazione comeprincipale soluzione dello stesso.In primo luogo, le imprese sono costituite, per loro natura, un insieme di interessi eterogenei: ipartecipanti condividono alcuni interessi, mentre ne hanno altri che confliggono. Ed è proprio la differenteorigine di tali interessi che fornisce la motivazione per negoziare e per dar vita a forme più cooperative didecision-making.Secondariamente, gli obiettivi o gli interessi che separano le parti possono variare considerevolmente.Da divergenze negli scopi che originano da diversi interessi economici o dai diversi ruoli strutturali che leparti occupano e rappresentano nell’organizzazione, si arriva a percezioni delle differenze socialmentecostruite o comunque altamente soggettive ed interpersonali.In terzo luogo, per capire le dinamiche delle interazioni tra i partecipanti dell’organizzazione, bisognafare affidamento al concetto di potere (Pfefer, 1981 e 1992; Sani, 1996, p.27;). Infatti, qualsiasi analisiorganizzativa che consideri il conflitto, la sua soluzione e, specialmente l’uso della negoziazione, necessitaassolutamente di considerare il potere, sia come meccanismo di interazione tra i vari attori del contestopolitico, sia come importante fonte di influenza utile nel processo decisorio. Nella teoria delle relazioniindustriali, quindi, si tratta il potere come un aspetto fondamentale della negoziazione che aiuta ad arrivarealla definizione di un contratto di lavoro tra datori di lavoro e lavoratori.Inoltre, un quarto assunto è che bisogna considerare le forme di conflitto aperto come il prodottonaturale delle negoziazioni: mentre l’occorrenza del conflitto non può avere in se stessa una valenza positivao negativa in quanto si relativizza all’effetto che esso determina in ognuno dei soggetti aziendali, lamancanza di procedure per la soluzione dei contenziosi, porta a livelli di performance sicuramente inferiori.Infine, la valutazione dei risultati di un conflitto di una negoziazione o di altri processi organizzativideve essere fatta in termini di contributo che essi danno ai fini delle differenti parti; quindi, solo nel caso incui le varie parti condividano gli stessi obiettivi, l’efficacia organizzativa può essere giudicata con un singolocriterio (Sani, 1996, p.28).Tab. 1 Le teorie sul conflittoLE TEORIE SUL CONFLITTOInnanzitutto, il conflitto è visto dai teorici marxisti come inerente i divergenti interessi delle varie classisociali. I teorici delle relazioni industriali pluralisti rimarcavano la differenza di ruoli (Dahrendorf, 1959;Commons, 1934; Kochan, 1980), di interessi economici e quindi di scopi alla base delle controversie. Leimpostazioni più vicine al paradigma politico, ponevano l’accento anche sulle percezioni, le convinzioniindividuali così come sulle tensioni personali e intergruppi. La posizione di Brown (Brown, 1983), invece, èincentrata sulle tensioni sociali, culturali, politiche che provengono dalla società, la quale ha, quindi, deiconcreti riflessi sull’impresa. Quindi, maggiore è l’eterogeneità e maggiore è il conflitto. Altri, tra i quali,Bazerman/Neale (Bazerman e Neale, 1983) e Greenhalgh/Neslin (Greenhalgh e Neslin, 1983) esplorano levariabili fondanti in relazione agli stili cognitivi, ai sistemi di valori, alle preferenze, che sono tutte variabilidi livello individuale importanti per capire le origini del conflitto nelle interazioni aziendali. (Fonte: Sani,1996, p.28-29).243

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