cgil provinciale di pesaro e urbino - Biblioteca Archivio Vittorio ...
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apporto con quelle determinanti strutturali come la proprietà o meno della terra, come<br />
le rese delle colture, come il numero dei componenti della famiglia, come il luogo<br />
specifico in cui si trova il podere (pianura, collina, montagna); ma che non per questo<br />
sembrano meno importanti. Risultano, semmai, <strong>di</strong> più <strong>di</strong>fficile identificazione e definizione.<br />
Del resto riguardo al versante della ricostruzione del patrimonio culturale del<br />
mondo conta<strong>di</strong>no qualcosa si è già fatto e si sta facendo; più carente è invece la ricerca<br />
rispetto a quegli aspetti che innervano un possibile carattere comune, una mentalità<br />
collettiva e <strong>di</strong>ffusa, quelli che alcuni stu<strong>di</strong>osi hanno chiamato le “motivazioni interiori”<br />
comuni al gruppo sociale.<br />
Gli anni della seconda guerra mon<strong>di</strong>ale: una frattura decisiva<br />
Se si ripercorrono le vicende del movimento conta<strong>di</strong>no nelle Marche, si può notare<br />
come ancora per tutta l’età giolittiana si registri una <strong>di</strong>ffusione estremamente ridotta<br />
delle leghe e, più in generale, <strong>di</strong> un’azione sindacale in grado <strong>di</strong> smuovere le masse<br />
conta<strong>di</strong>ne dall’immobilismo sociale in cui sono immerse. Per ciò che riguarda le richieste<br />
specifiche dei mezzadri, ad esempio, in questa fase non si pone in <strong>di</strong>scussione<br />
il riparto dei prodotti fondamentali ma solo una serie <strong>di</strong> clausole minori (anche se non<br />
che del tutto irrilevanti rispetto alle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita reale del mezzadro). Occorre<br />
attendere gli anni del primo dopoguerra per vedere all’opera nelle province marchigiane<br />
un movimento conta<strong>di</strong>no più organizzato, che – in parte protetto dal regime <strong>di</strong> proroga<br />
dei patti agrari, in parte esacerbato dalla negazione della parola d’or<strong>di</strong>ne “la terra ai<br />
conta<strong>di</strong>ni” – riesce a far sentire la sua voce grazie alla crescita quantitativa delle adesioni<br />
alla Federterra, ad una migliorata organizzazione delle leghe e, non da ultimo,<br />
alla presenza delle “leghe bianche” (protagoniste soprattutto in alcune aree del fermano).<br />
In generale tuttavia, è possibile affermare che l’azione riven<strong>di</strong>cativa, così come<br />
gli esiti delle agitazioni, restano anche in questi anni sensibilmente subor<strong>di</strong>nati alla<br />
proverbiale prudenza del mezzadro, o al paternalismo padronale, così che gli scioperi<br />
rappresentano una esperienza limitata, e avvengono solo in qualche zona periferica<br />
(dove le con<strong>di</strong>zioni sono particolarmente dure) o, più spesso, nelle aree maggiormente<br />
progre<strong>di</strong>te (come la Valle dell’Esino, dove i socialisti riescono con più facilità a raggiungere<br />
ed organizzare i conta<strong>di</strong>ni). In quest’ottica non è possibile non tener conto<br />
del fatto che a fronte <strong>di</strong> tali esiti sostanzialmente limitati, si erge un fenomeno migratorio<br />
imponente (per un mezzadro che sciopera, tre o quattro scelgono la via dell’emigrazione,<br />
in me<strong>di</strong>a), che si delinea come la vera valvola <strong>di</strong> sfogo rispetto a una situazione<br />
socio-economica che si sta progressivamente deteriorando.<br />
Alcuni dei caratteri propri del sistema mezzadrile tendono, come detto, a far sì<br />
che la mobilitazione dei mezzadri sia ridotta, ed esistono effettivamente delle zone in<br />
cui tali caratteri fanno aggio sulla capacità <strong>di</strong> mobilitazione e sulla possibilità <strong>di</strong> porre<br />
in essere forme <strong>di</strong> protesta e <strong>di</strong> agitazione. Si delinea così un passaggio <strong>di</strong>scontinuo<br />
che si trasmette agli anni del secondo dopoguerra.<br />
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