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cgil provinciale di pesaro e urbino - Biblioteca Archivio Vittorio ...

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re sulle coor<strong>di</strong>nate dello sviluppo, spesso legate a coefficienti esogeni, si era palesata<br />

con particolare evidenza proprio nel più importante comparto industriale della provincia<br />

pesarese, quando l’ennesima crisi dello zolfo aveva travolto definitivamente, in<br />

poco più <strong>di</strong> un decennio, le attività legate all’estrazione del minerale, con la chiusura<br />

delle solfare <strong>di</strong> Cabernar<strong>di</strong> e Perticara.<br />

Una vicenda analoga si era consumata, nello stesso periodo, nel settore agricolo,<br />

con il rapido declino del mondo mezzadrile. “È stata l’industrializzazione la vera riforma<br />

agraria” ricordava serenamente l’ex responsabile della Federterra, Elio Della Fornace.<br />

La fuga da una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> vita insostenibile, verso le nuove opportunità occupazionali<br />

offerte dallo sviluppo artigianale e alberghiero o dall’ascesa dell’industria,<br />

aveva scalzato e reso ormai inutile e anacronistica l’aspettativa <strong>di</strong> un’improbabile riforma<br />

agraria dai contorni tutt’altro che definiti.<br />

Le <strong>di</strong>rettrici culturali e sociali che accompagnarono queste profonde mo<strong>di</strong>ficazioni<br />

strutturali acquisirono, in altre parole, traiettorie “altre” rispetto alle concrete possibilità<br />

dei rappresentanti dei lavoratori <strong>di</strong> promuovere e guidare i processi <strong>di</strong> sviluppo,<br />

mentre nuove figure sociali si affacciavano al mondo del lavoro, segmentando una<br />

società che fino a pochi anni prima appariva ancora rigidamente cristallizzata in due<br />

classi sociali contrapposte.<br />

Ed è significativo che la memoria dei protagonisti oscilli conseguentemente fra<br />

due poli complementari. Da una parte trapela la consapevolezza che la complessità dei<br />

percorsi <strong>di</strong> sviluppo e i precetti dell’economia e dell’industrializzazione hanno imposto<br />

forme e riferimenti propri, scavalcando e sbilanciando, in gran parte, le capacità <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>rezione e <strong>di</strong> determinazione della sfera politica e sindacale. Dall’altra si afferma<br />

l’orgogliosa riven<strong>di</strong>cazione del contributo <strong>di</strong> liberazione dell’universo del lavoro, <strong>di</strong><br />

emancipazione sociale, democratica e civile che la generazione antifascista, emersa<br />

dalle rovine del secondo conflitto mon<strong>di</strong>ale, ha offerto all’e<strong>di</strong>ficazione del nuovo Stato<br />

repubblicano. A ben pensarci, in sede <strong>di</strong> bilancio storico, era proprio questo il successo<br />

più importante conseguito dal sindacato (certo non da solo) fra la liberazione e<br />

gli anni cinquanta: quello <strong>di</strong> avere offerto una sponda alle istanze <strong>di</strong> riscatto latenti e<br />

soffocate del mondo del lavoro, <strong>di</strong> avere contribuito a infrangere soggezioni sociali<br />

secolari (si pensi in particolare al mondo rurale), <strong>di</strong> avere intrapreso e promosso percorsi<br />

<strong>di</strong> emancipazione e democratizzazione <strong>di</strong> strati sociali tra<strong>di</strong>zionalmente esclusi<br />

dai circuiti decisionali, <strong>di</strong>sseminando ine<strong>di</strong>te consapevolezze, <strong>di</strong> avere posto orgogliosamente<br />

e con forza, fin dalla Costituzione, la centralità del lavoro nella nuova Italia.

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