cgil provinciale di pesaro e urbino - Biblioteca Archivio Vittorio ...
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292<br />
Fra il 1955 e l’inizio del 1956, il sindacato aveva promosso un’attiva partecipazione<br />
dei lavoratori alla costruzione <strong>di</strong> una colonia marina dell’Inca, la cui inaugurazione<br />
era prevista per giugno 1956: un progetto su cui era stato cercato e ottenuto il<br />
personale interessamento <strong>di</strong> Giuseppe Di <strong>Vittorio</strong> 225 . Per la realizzazione dell’opera<br />
erano state mobilitate <strong>di</strong>tte “<strong>di</strong> compagni” a con<strong>di</strong>zioni più agevolate ed era stata coinvolta<br />
anche manodopera volontaria. Per la realizzazione degli interni era stato attivato<br />
un cantiere scuola con muratori e manovali organizzato dalla Cgil, per le porte e finestre<br />
era stata lanciata la parola d’or<strong>di</strong>ne “Ogni falegnameria <strong>di</strong>a una porta alla colonia<br />
dell’Inca”, mentre gli operai falegnami si erano prestati a lavorare una mezza giornata<br />
festiva per l’acquisto delle finestre.<br />
Nonostante questo attivismo, il giu<strong>di</strong>zio sulle con<strong>di</strong>zioni economiche dei lavoratori<br />
restava tutt’altro che sod<strong>di</strong>sfacente. Il comparto primario cominciava a manifestare le<br />
prime crepe <strong>di</strong> quella fuga dalle campagne che sconvolgerà, nel volgere <strong>di</strong> qualche anno,<br />
il paesaggio agrario e il tessuto socio-economico e demografico: 9.000 mezzadri avevano<br />
lasciato il podere negli ultimi anni, i primi ad essere abbandonati erano stati i fon<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
montagna, ma anche nei più fertili terreni <strong>di</strong> pianura la fuga dal lavoro agricolo aveva<br />
raggiunto in<strong>di</strong>ci importanti, soprattutto fra le fasce <strong>di</strong> età più giovani. Ad essere messa in<br />
<strong>di</strong>scussione era la tenuta della famiglia tipica patriarcale e la sua unità economica, rapportata<br />
alle potenzialità del podere. Le cause <strong>di</strong> questa crisi dell’agricoltura veniva in<strong>di</strong>viduata<br />
nella struttura sociale delle campagne pesaresi fondata su quello che ormai appariva<br />
un modello <strong>di</strong> conduzione “antistorico e decrepito”, inadeguato a supportare l’ormai<br />
necessaria modernizzazione e causa <strong>di</strong> arretratezza economica e culturale <strong>di</strong> una fascia<br />
estesa <strong>di</strong> popolazione. Questa consapevolezza sui limiti della mezzadria non era peraltro<br />
accompagnata da un’altrettanto lucida prospettiva <strong>di</strong> sviluppo. I contorni dell’agognata<br />
riforma agraria sfumavano in un orizzonte indefinito, oltre il quale stentava a delinearsi<br />
un modello alternativo <strong>di</strong> conduzione dei terreni. Per cui, le proposte del congresso<br />
pesarese, su questo tema, non erano molto <strong>di</strong>fformi da quelle dell’imme<strong>di</strong>ato dopoguerra,<br />
incentrate su quell’unità d’azione fra le varie categorie <strong>di</strong> lavoratori (mezzadri, braccianti,<br />
e<strong>di</strong>li, coltivatori <strong>di</strong>retti) come forza <strong>di</strong> pressione in grado <strong>di</strong> stimolare obiettivi <strong>di</strong><br />
miglioramento infrastrutturale e processi <strong>di</strong> modernizzazione. Analisi non molto <strong>di</strong>verse<br />
venivano, peraltro, contemporaneamente condotte nelle vicine province della Romagna,<br />
dove la mezzadria stava contemporaneamente compiendo la stessa parabola <strong>di</strong>scendente,<br />
ma dove esisteva un più ra<strong>di</strong>cato movimento cooperativo. Di fronte ai presagi del<br />
tramonto del mondo mezzadrile, i sindacalisti pesaresi, al pari <strong>di</strong> altri colleghi delle<br />
province contermini, apparivano <strong>di</strong>sarmati, ma evitavano quantomeno <strong>di</strong> scivolare in<br />
quella lettura “generazionale” della crisi in atto, che sul versante conservatore e a varie<br />
latitu<strong>di</strong>ni, tendeva ad attribuire al desiderio <strong>di</strong> como<strong>di</strong>tà dei giovani e al fascino della vita<br />
citta<strong>di</strong>na, i motivi principali della fuga dalla terra.<br />
______________________<br />
225 Si veda la lettera a Di <strong>Vittorio</strong> intestata Colonie marine e montane Enti locali – INCA Pesaro, datata<br />
29 <strong>di</strong>cembre 1955 e firmata Quinto Rossetti e Gianna Mengucci, in ACgil Roma, b. 3, fasc. 55, 1956.