cgil provinciale di pesaro e urbino - Biblioteca Archivio Vittorio ...
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buti per una considerazione della Resistenza inserita nel contesto socio-economico<br />
delle Marche, propone ancora tale analisi all’interno della classica sud<strong>di</strong>visione in tre<br />
fasi della Resistenza marchigiana: la prima, dal settembre 1943 al gennaio del 1944.<br />
quando prevale il momento organizzativo e l’elaborazione dei programmi (caratteristiche<br />
principali: <strong>di</strong>fferenziazione dei processi <strong>di</strong> organizzazione dei nuclei armati a<br />
livello subregionale; sforzo <strong>di</strong> definizione <strong>di</strong> una strategia <strong>di</strong> lotta unitaria tra forze<br />
militari e politIco-sociali); la seconda, dal gennaio al marzo del 1944, quando si sviluppa<br />
l’attività offensiva della Resistenza (caratteristiche principali: crescita <strong>di</strong> contatti<br />
dei partigiani con l’ambiente; rastrellamenti nazifascisti; contrasti tra elemento militare<br />
ed elemento politico nella conduzione della lotta); la terza fase, infine, dal marzo<br />
all’estate del 1944, fino cioè alla Liberazione. In quest’ultima fase, oltre al delinearsi<br />
<strong>di</strong> una forte ripresa dell’attività <strong>di</strong> guerriglia, si registra anche un massiccio esodo<br />
dalle città in seguito ai bombardamenti e all’avvicinarsi del fronte. È il fenomeno dello<br />
sfollamento (già iniziato nei mesi precedenti con la fuga in campagna e in montagna<br />
dei giovani non intenzionati a sottostare ai ban<strong>di</strong> <strong>di</strong> arruolamento della RSI) che, come<br />
nota Bertolo, ha conseguenze <strong>di</strong> rilievo rispetto ai rapporti tra città e campagna nell’intera<br />
regione, contribuendo a creare i prodromi <strong>di</strong> “una grossa trasformazione dell’habitat<br />
socio-economico conta<strong>di</strong>no”. In particolare, Bertolo ricorda come già durante la prima<br />
fase i CLN siano impegnati a conquistare il consenso delle varie categorie dei lavoratori<br />
agricoli, motivando la presenza delle forze che si battono in montagna con un<br />
programma <strong>di</strong> rinnovamento che scavalca l’azione avviata dal Re il 25 luglio. Il processo<br />
non si sviluppa in modo omogeneo, ma dal marzo 1944 il fronte partigiano<br />
raggiunge un buon grado <strong>di</strong> unificazione e il mondo conta<strong>di</strong>no, in cui comincia a penetrare<br />
la consapevolezza delle finalità della lotta in corso, fornisce un ragguardevole<br />
appoggio ai partigiani.<br />
Non va <strong>di</strong>menticato <strong>di</strong> osservare, tuttavia, che il contributo <strong>di</strong> Bertolo apre la<br />
strada a una lettura più approfon<strong>di</strong>ta del fenomeno Resistenza, introducendo il tema<br />
della contestualizzazione con altri aspetti della società marchigiana. In particolare<br />
l’autore lamenta come il ruolo che i ceti conta<strong>di</strong>ni esercitano nel 1943/44, sia rimasto<br />
sempre confinato, negli stu<strong>di</strong> fin lì condotti, in in<strong>di</strong>cazioni sostanzialmente generiche.<br />
Bertolo inoltre in<strong>di</strong>vidua altri due aspetti essenziali per lo sviluppo degli stu<strong>di</strong>:<br />
il possibile collegamento tra fenomeno della lotta partigiana e rapporti <strong>di</strong> produzione<br />
esistenti nelle campagne, e l’inadeguata considerazione del mondo rurale nei<br />
programmi dei partiti politici antifascisti: il ruolo assegnato ai conta<strong>di</strong>ni è marginale<br />
e solo dopo il <strong>di</strong>cembre del 1943 il Partito comunista si impegna più a fondo per<br />
un’azione propagan<strong>di</strong>stica <strong>di</strong> massa nelle campagne, allo scopo <strong>di</strong> perseguire l’alleanza<br />
tra operai e conta<strong>di</strong>ni e <strong>di</strong> enunciare parole d’or<strong>di</strong>ne che non tralascino obiettivi<br />
politici anche per il dopoguerra. Ma le in<strong>di</strong>cazioni concrete provenienti dai partiti<br />
antifascisti - a cui il Pci sostanzialmente si adegua - continuano ad evitare i temi<br />
politici, attestandosi sugli obiettivi della lotta in corso: il sabotaggio degli ammassi,<br />
l’evasione alla consegna dei prodotti dei campi e delle stalle, il sostegno ai partigiani<br />
(in questo senso appaiono alquanto isolate e fuori dalla linea ufficiale le afferma-