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cgil provinciale di pesaro e urbino - Biblioteca Archivio Vittorio ...

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282<br />

ancora 1.500 <strong>di</strong>pendenti, 1.390 dei quali organizzati dalla Cgil e 44 dalle organizzazioni<br />

sindacali definite “scissioniste”. I minatori erano da tempo in agitazione per la<br />

stipulazione del contratto integrativo e la <strong>di</strong>minuzione del livello <strong>di</strong> sfruttamento, attraverso<br />

l’introduzione del cottimo collettivo. Insieme ai minatori <strong>di</strong> Formignano (Forlì)<br />

e Ca’ Bernar<strong>di</strong> (Ancona), tramite la Filie (il sindacato <strong>di</strong> categoria dei lavoratori delle<br />

industrie estrattive) e il supporto dell’ufficio stu<strong>di</strong> <strong>di</strong>retto da Giuseppe Angelini, l’iniziativa<br />

politico-sindacale si era concentrata sulla proposta <strong>di</strong> aprire nuove miniere<br />

nella zona, per le quali la Montecatini era già in possesso delle concessioni. Di fronte<br />

alla rottura delle trattative con la Montecatini per il contratto, era iniziata la lotta nelle<br />

tre zolfatare con il duplice obiettivo dei miglioramenti contrattuali e dell’incremento<br />

produttivo. Erano state effettuate fermate <strong>di</strong> mezzora nei vari reparti con assemblee<br />

dei lavoratori. La vertenza dei minatori coinvolgeva migliaia <strong>di</strong> famiglie ed incrociava<br />

ansie ed aspettative delle comunità locali che vivevano intorno alle solfare. Così non<br />

mancava nell’agenda sindacale la richiesta <strong>di</strong> assunzione nella miniera dei <strong>di</strong>soccupati<br />

(con priorità ai capifamiglia in situazioni <strong>di</strong> particolare bisogno), la proposta <strong>di</strong> attivare<br />

scuole professionali per i giovani, la riven<strong>di</strong>cazione dei conta<strong>di</strong>ni della zona per<br />

ottenere il riconoscimento dei danni che la lavorazione dello zolfo provocava all’agricoltura<br />

nei pressi degli impianti.<br />

Per mettere a fuoco tutti questi temi e, soprattutto, per mobilitare alleanze, il 18<br />

marzo 1951 si era svolto un importante convegno a Macerata Feltria, con la partecipazione<br />

dei parlamentari dei vari partiti, dei segretari provinciali <strong>di</strong> Dc, Psi, Pci, Psli e<br />

dei 12 sindaci della zona (compresi Dc e Pri). L’incontro, a cui ne seguiranno altri per<br />

tutti gli anni cinquanta, fino alla conclusione della vicenda dello zolfo marchigiano e<br />

romagnolo, era finalizzato a promuovere il rilancio dell’attività, in una fase <strong>di</strong> ormai<br />

irreversibile declino, e aveva avuto un carattere prevalentemente politico e istituzionale.<br />

Evidenziando la buona riuscita del convegno, Piga non mancava tuttavia <strong>di</strong> lamentare<br />

la scarsa partecipazione sindacale, resa esplicita dall’assenza del segretario del<br />

sindacato minatori Pighetti.<br />

Alcune <strong>di</strong>sfunzioni rilevate nell’analisi <strong>di</strong> Vincenzo Piga, derivavano la loro origine<br />

nelle insufficienze organizzative e nell’inadeguatezza dei quadri <strong>di</strong>rigenti provinciali<br />

e locali. La segreteria confederale era composta da cinque componenti (la decisione<br />

<strong>di</strong> allargare la segreteria da tre a cinque componenti era stata presa nel 1949,<br />

inserendo due <strong>di</strong>rigenti del lavoro conta<strong>di</strong>no, ufficialmente per includere in misura<br />

maggiore le tematiche conta<strong>di</strong>ne nel lavoro della segreteria ed evitare che la<br />

Confederterra si muovesse in modo troppo slegato dall’organismo confederale): il segretario<br />

generale (Angelo Arcangeli), il segretario amministrativo, il responsabile dell’organizzazione<br />

e due esponenti con incarichi più politici che sindacali. Stava soprattutto<br />

in quest’anomalia, secondo Piga, il limite principale dell’organismo. Troppo frequenti<br />

erano inoltre i cambiamenti dei quadri <strong>di</strong>rigenti. In periferia erano presenti<br />

nove uffici sindacali nei capoluoghi <strong>di</strong> mandamento, con <strong>di</strong>rigenti stipen<strong>di</strong>ati, e venti<br />

Camere del lavoro comunali, sorrette in genere da semplici attivisti. Il loro funzionamento<br />

era giu<strong>di</strong>cato alquanto scarso anche perché molte <strong>di</strong> queste potevano contare solo su

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