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Supplemento al n. 37 vol. II - MONETE E MEDAGLIE. Scritti di ...

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BdN suppl. <strong>al</strong> n. <strong>37</strong>.2 (2004)<br />

Le zecche minori toscane nel periodo comun<strong>al</strong>e<br />

Si trattò certamente per i grossi d’oro lucchesi <strong>di</strong> un’emissione eccezion<strong>al</strong>e, coniata limitatamente,<br />

come <strong>di</strong>mostra il numero dei pochi esemplari giunti fino a noi, e la cui coniazione fu presto sospesa.<br />

Evidentemente i tempi non erano ancora maturi per una moneta d’oro, a Lucca, come nelle <strong>al</strong>tre città<br />

della Toscana, e a Lucca stessa dobbiamo arrivare <strong>al</strong> secolo successivo per trovare un’<strong>al</strong>tra moneta<br />

d’oro, contrad<strong>di</strong>stinta questa d<strong>al</strong> Volto Santo <strong>di</strong> tre quarti sul dritto, e da San Martino a cav<strong>al</strong>lo sul rovescio<br />

(fig. 5). Da notare che questa è la moneta in cui Lucca abbandona ogni riferimento <strong>al</strong>l’autorità<br />

imperi<strong>al</strong>e ed ha tipi propri autonomi. Questa moneta si può datare nei primi anni del XIV secolo, prima<br />

delle signorie <strong>di</strong> Castruccio Castracani (1316-1328) e <strong>di</strong> Giovanni <strong>di</strong> Boemia (1331-1333) dei qu<strong>al</strong>i si<br />

conoscono monete ben definite. La figura del cav<strong>al</strong>iere mi sembra molto interessante anche sotto il profilo<br />

artistico e meriterebbe forse stu<strong>di</strong> più approfon<strong>di</strong>ti con confronti con opere coeve.<br />

Anche Pisa coniò monete d’oro (fig. 8), ma solo nel XIV secolo, probabilmente nel secondo quarto,<br />

con i soliti tipi dell’aquila coronata sul dritto e della Vergine sul rovescio con la leggenda PTEGE<br />

VIRGO PIS 19 . Circa il 1340 Siena conia il suo primo “sanese” d’oro con la S fogliata <strong>al</strong> <strong>di</strong>ritto e la leggenda<br />

consueta A W PRINCIPIVM ET FINIS sul rovescio.<br />

Tra la metà del 1200 e i primi decenni del secolo successivo abbiamo ancora un’<strong>al</strong>tra innovazione<br />

nella moneta delle zecche toscane, la coniazione del cosiddetto “grosso agontano” o “doppio grosso”,<br />

cioè <strong>di</strong> monete d’argento del peso superiore ai 2 gr., spesso contrad<strong>di</strong>stinte d<strong>al</strong> tipo del Santo stante<br />

front<strong>al</strong>e. Prima ad introdurre questo genere <strong>di</strong> moneta in Toscana nella seconda meta del X<strong>II</strong>I sec. fu<br />

probabilmente Pisa, <strong>di</strong> cui conosciamo grossi del peso eccezion<strong>al</strong>mente <strong>al</strong>to <strong>di</strong> circa gr. 3, che recano <strong>al</strong><br />

dritto l’aquila coronata ed <strong>al</strong> rovescio la Vergine in trono con il Bambino e la leggenda METHP QEOY<br />

abbreviata e PISE 20 (fig. 9).<br />

Nel 1279 fu coniato a Siena il doppio grosso da sol<strong>di</strong> due, del peso <strong>di</strong> circa gr. 2,70-2,75 e recante<br />

le solite leggende caratteristiche SENA VETVS CIVITAS VIRGINIS <strong>al</strong> dritto e A W PRINCIPIVM ET<br />

FINIS <strong>al</strong> rovescio. La data 1279 ci viene fornita da una deliberazione del Comune <strong>di</strong> Siena.<br />

Anche a Volterra troviamo il grosso più pesante con la figura <strong>di</strong> San Giusto <strong>di</strong> fronte. Come ho gia<br />

accennato, il Castellani riteneva che questi grossi coniati d<strong>al</strong> Comune fossero anteriori a quelli norm<strong>al</strong>mente<br />

attribuiti <strong>al</strong> vescovo Ranieri I (fig. 10), che lo stesso Castellani invece attribuiva a Ranieri <strong>II</strong> <strong>al</strong>cuni<br />

anni più tar<strong>di</strong>. Poiché i grossi vescovili contengono nella leggenda del rovescio un riferimento<br />

<strong>al</strong>l’occupazione <strong>di</strong> Volterra da parte dell’esercito fiorentino nel 1254, quando la città fu, per intervento<br />

del Vescovo, risparmiata d<strong>al</strong> saccheggio, l’attribuzione a Ranieri I mi sembra più atten<strong>di</strong>bile rispetto a<br />

quella del Castellani a Ranieri <strong>II</strong>. Ciò non esclude però che il Comune avesse aperto la zecca per suo<br />

conto prima che il Vescovo iniziasse a coniare a proprio nome; pertanto i grossi più pesanti senza il<br />

nome vescovile e con San Giusto potrebbero anche essere anteriori a quelli <strong>di</strong> Ranieri I 21 .<br />

19<br />

La datazione nel secondo quarto del XIV secolo per il ducato d’oro <strong>di</strong> Pisa mi sembra la più probabile nonostante la <strong>di</strong>fficoltà rappresentata<br />

d<strong>al</strong>la grave sconfitta pisana <strong>al</strong>la battaglia della Meloria. Ma Pisa si riprese presto e superò le conseguenze della sconfitta e quin<strong>di</strong> non è<br />

da escludere a priori una coniazione d’oro <strong>al</strong>cuni decenni dopo la Meloria. D’<strong>al</strong>tronde una datazione della moneta d’oro pisana prima del 1284<br />

non è possibile per i suoi caratteri stilistici.<br />

20<br />

Per i grossi pesanti <strong>di</strong> Pisa e <strong>di</strong> Siena, cfr. A. DEL MANCINO, art. cit., p. 1<strong>37</strong> ss.<br />

21<br />

Le ingerenze del Comune sul <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> monetazione del Vescovo erano continue. Lo statuto del 1220 <strong>di</strong>spone che se il Vescovo vuol<br />

far battere moneta deve avere il consiglio <strong>di</strong> tre buoni uomini <strong>di</strong> Volterra scelti d<strong>al</strong> Podestà e dai Consoli (cfr. G. VOLPE, op. cit., 1964, p. 224).<br />

101<br />

http://www.numismaticadellostato.it

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