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Supplemento al n. 37 vol. II - MONETE E MEDAGLIE. Scritti di ...

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BdN suppl. <strong>al</strong> n. <strong>37</strong>.2 (2004)<br />

Le zecche minori toscane nel periodo comun<strong>al</strong>e<br />

tra i primi documenti che ricordano la moneta <strong>di</strong> Volterra e le monete stesse <strong>vol</strong>terrane costituisce quin<strong>di</strong><br />

un problema finora non risolto e <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile soluzione <strong>al</strong>lo stato attu<strong>al</strong>e dei fatti. Senza dubbio una soluzione<br />

che rispettasse la v<strong>al</strong>i<strong>di</strong>tà dei documenti sarebbe desiderabile ma in mancanza <strong>di</strong> dati occorre<br />

avanzare tutte le ipotesi. In ogni modo non si può dare per acquisita l’apertura della zecca <strong>vol</strong>terrana<br />

circa il 1160 senza risolvere il problema dell’assenza <strong>di</strong> monete da attribuire a questa prima presunta<br />

fase <strong>di</strong> attività della zecca.<br />

È questo un caso tipico in cui la moneta è in netto contrasto con il documento scritto ed è <strong>di</strong>fficile<br />

stabilire da qu<strong>al</strong>e parte sia la verità: però - come ho già detto - non mi sembra possibile prescindere da<br />

quanto ci attestano le monete. D’<strong>al</strong>tra parte il privilegio <strong>di</strong> aprire la zecca fu concesso <strong>al</strong> Vescovo <strong>di</strong> Volterra<br />

solo nel 1189 da Enrico VI. Noterò qui per inciso che la concessione era molto ampia in quanto il<br />

Vescovo ed i suoi successori potevano coniare moneta “que pondere et forma <strong>vol</strong>uerint” e mutarla a loro<br />

<strong>vol</strong>ontà. Privilegio molto generoso se pensiamo che <strong>al</strong>cune città avevano visto limitato il loro <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />

coniazione con la prescrizione <strong>di</strong> non superare certi limiti <strong>di</strong> peso e <strong>di</strong> lega, come era avvenuto, per<br />

esempio a Bologna, città certamente non inferiore a Volterra.<br />

Tra l’ultimo decennio del X<strong>II</strong> secolo e la metà del X<strong>II</strong>I secolo assistiamo <strong>al</strong>la seconda importante<br />

innovazione della moneta it<strong>al</strong>iana e <strong>di</strong> riflesso <strong>di</strong> quella toscana: introduzione e <strong>di</strong>ffusione del denaro<br />

grosso d’argento. Il primo “grosso” fu sicuramente quello coniato da Venezia nel 1192, il famoso “matapan”<br />

imitato in It<strong>al</strong>ia e fuori e ben noto a tutti 14 . In Toscana coniano “grossi” Siena, Lucca, Pisa, Arezzo<br />

e Volterra. Non abbiamo elementi per stabilire la data precisa in cui inizia la coniazione del grosso nelle<br />

varie zecche: possiamo supporre che sia avvenuta già nei primi decenni del secolo: a Lucca subito dopo<br />

il 1209, cioè dopo la concessione <strong>di</strong> Ottone IV, dato che il “grosso” è la prima moneta che reca l’immagine<br />

del Volto Santo, che costituisce quin<strong>di</strong> -come ho gia ricordato -l’espressione dell’autonomia monetaria<br />

<strong>di</strong> Lucca. A Pisa vi fu probabilmente un “grosso” per così <strong>di</strong>re “<strong>di</strong> transizione” tra il denaro precedente<br />

ed il “grosso” vero e proprio, cioè quelle monete con <strong>al</strong> rovescio la leggenda CIVITAS PISA ed <strong>al</strong><br />

dritto la lettera F grande, del peso <strong>di</strong> circa gr 1,30-1,40, inferiori quin<strong>di</strong> <strong>al</strong> peso regolare del “grosso”. Il<br />

vero grosso pisano, del peso <strong>di</strong> gr 1,60-1,70 circa è quello che mostra <strong>al</strong> rovescio la figura della Vergine<br />

(fig. 7) e che è stato datato d<strong>al</strong>l’Herlihy a circa il 1230, <strong>al</strong>la qu<strong>al</strong>e data non vedo ostacoli. Anteriore probabilmente<br />

è invece il “grosso” <strong>di</strong> Siena con la S <strong>al</strong> <strong>di</strong>ritto e la leggenda SENA VETVS <strong>al</strong>fa e omega,<br />

con una grafia ancora arcaica <strong>al</strong> rovescio. Pertanto il grosso lucchese (CNI, tav. IV, 39-45) in base <strong>al</strong>la<br />

cronologia qui proposta, sarebbe il primo grosso coniato in Toscana e precederebbe nell’or<strong>di</strong>ne quelli <strong>di</strong><br />

Siena e <strong>di</strong> Pisa.<br />

Dello stesso periodo dei grossi pisani debbono essere anche i grossi <strong>di</strong> Arezzo con la figura <strong>di</strong> San<br />

Donato<br />

Più incerta la datazione del grosso <strong>di</strong> Volterra coniato d<strong>al</strong> Comune con la figura <strong>di</strong> S. Giusto stante<br />

<strong>di</strong> fronte, che il Castellani 15 considerava anteriore a quelli vescovili. Per il peso e per il tipo certamente<br />

questi grossi sono posteriori a quelli già ricordati delle <strong>al</strong>tre città.<br />

14<br />

Sul grosso d’argento, cfr. il lavoro più recente <strong>di</strong> R.S. LOPEZ, Prima del ritorno <strong>al</strong>l’oro dell’Occidente ducentesco: primi denari grossi<br />

d’argento, in RSI 1967, I, p. 174 ss. Per i grossi pisani in particolare, A. DEL MANCINO, Attribuzione <strong>di</strong> una singolare imitazione del bianco<br />

<strong>di</strong> Pisa, in RIN 1964, p. 1<strong>37</strong> ss.<br />

15<br />

G. CASTELLANI, op. cit., I, p. <strong>37</strong>9, nota ai nn. 10649-650.<br />

99<br />

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