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Supplemento al n. 37 vol. II - MONETE E MEDAGLIE. Scritti di ...

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BdN suppl. <strong>al</strong> n. <strong>37</strong>.2 (2004)<br />

Francesco Panvini Rosati<br />

Nel XIV secolo troviamo il doppio grosso anche a Lucca con il monogramma <strong>di</strong> Ottone <strong>al</strong> <strong>di</strong>ritto e<br />

il Volto Santo <strong>al</strong> rovescio (fig. 6). È chiara d<strong>al</strong> confronto che si può fare con il monogramma sul grosso<br />

d’oro precedente, la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> stile e <strong>di</strong> tratto: l’<strong>al</strong>tro era più severo, questo é più ornato ed è certamente<br />

posteriore. Questi grossi sono probabilmente contemporanei <strong>al</strong> fiorino col S. Martino, poiché presentano<br />

lo stesso tipo del Volto Santo che è raffigurato sulle monete d’oro.<br />

Ad Arezzo il Vescovo Guido Tarlato conia tra il 1313 e il 1326 un grosso agontano con la figura <strong>di</strong><br />

S. Donato stante (fig. 11). Lo stesso Vescovo conia anche grossi più leggeri <strong>di</strong> circa gr. 1,40-1,70, che<br />

però raffigurano <strong>al</strong> rovescio il Santo seduto in cattedra (fig. 12) e non stante. Abbiamo in questo caso<br />

due tipi <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> monete nei qu<strong>al</strong>i la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> v<strong>al</strong>ore è stata anche caratterizzata d<strong>al</strong>la <strong>di</strong>versa figurazione<br />

del Santo, stante o seduto.<br />

La presenza del nuovo grosso più pesante non esclude natur<strong>al</strong>mente che nelle zecche citate si continui<br />

a coniare anche grossi più leggeri, che nella prima metà del XIV secolo sono coniati anche se per<br />

breve durata pure a Chiusi ed a Massa Marittima.<br />

D<strong>al</strong> quadro sommario che ho presentato della monetazione delle zecche minori della Toscana tra la<br />

metà del X<strong>II</strong> e la metà del XIV secolo credo che si possano trarre <strong>al</strong>cune conclusioni. La Toscana partecipa<br />

in pieno a quel rinnovamento della monetazione in It<strong>al</strong>ia, cui ho accennato <strong>al</strong>l’inizio. Quasi tutte le<br />

città più importanti emettono moneta; anche le innovazioni originarie <strong>di</strong> <strong>al</strong>tre regioni - come il grosso<br />

che viene da Venezia - trovano nelle zecche toscane pronta rispondenza e quando Firenze nel 1252 inizia<br />

il suo fiorino d’oro le <strong>al</strong>tre città sono pronte a seguire l’esempio, anzi abbiamo visto a Lucca uno dei<br />

primi tentativi, dopo quello fiorentino, <strong>di</strong> una moneta d’oro, tentativo tanto più note<strong>vol</strong>e in quanto i fiorini<br />

<strong>di</strong> Firenze dovevano circolare per tutta la regione come ci attesta fra l’<strong>al</strong>tro il ripostiglio sopra ricordato<br />

rinvenuto a Pisa.<br />

Sono lieto se l’esame anche un po’ affrettato delle monete può aver portato un piccolo contributo<br />

<strong>al</strong>la conoscenza gener<strong>al</strong>e dell’economia toscana in questo periodo e se la mia relazione potrà servire <strong>di</strong><br />

stimolo <strong>al</strong>l’ulteriore approfon<strong>di</strong>mento e stu<strong>di</strong>o dell’argomento.<br />

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http://www.numismaticadellostato.it

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