Supplemento al n. 37 vol. II - MONETE E MEDAGLIE. Scritti di ...
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BdN suppl. <strong>al</strong> n. <strong>37</strong>.2 (2004)<br />
Francesco Panvini Rosati<br />
A Venezia lavorarono Marco Gui<strong>di</strong>zani (fig. 3), Giovanni Boldù e Vittore Camelio, il maggiore dei<br />
medaglisti veneziani, che lavorò anche a Roma per Leone X. Da notare ancora tra i veneziani, sebbene<br />
l’attività medaglistica sia stata per lui del tutto margin<strong>al</strong>e, Gentile Bellini, autore della medaglia <strong>di</strong> Maometto<br />
<strong>II</strong>. Qui a Venezia la moneta, per ragioni economiche e politiche, non subì mutamenti: il tentativo<br />
del Doge Nicola Tron <strong>di</strong> porre il suo ritratto sulla moneta d’argento (la lira Tron) non ebbe seguito e la<br />
moneta veneziana, unico esempio conosciuto, rimane in<strong>al</strong>terata nei suoi tipi princip<strong>al</strong>i per più <strong>di</strong> sette<br />
secoli, fino <strong>al</strong>la caduta della Repubblica.<br />
Accanto ai veneziani si debbono ricordare in questo periodo i veronesi Giulio della Torre e Gian<br />
Maria Pomedelli, la cui attività si estende fino ai primi decenni del ‘500.<br />
Nonostante la sua preminenza come centro artistico, Firenze non conobbe nel ‘400 una grande fioritura<br />
nell’arte della medaglia: ricor<strong>di</strong>amo Antonio Averulino detto il Filarete, architetto e scultore oltre<br />
che medaglista, che però esplicò la sua attività princip<strong>al</strong>mente a Roma e a Milano; Bertoldo <strong>di</strong> Giovanni,<br />
scultore, autore <strong>di</strong> una medaglia <strong>di</strong> Maometto <strong>II</strong>, e Niccolò <strong>di</strong> Forzore Spinelli, detto Niccolò Fiorentino,<br />
l’artista più eminente della scuola fiorentina, autore <strong>di</strong> medaglie <strong>di</strong> personaggi it<strong>al</strong>iani e <strong>di</strong> personaggi<br />
francesi del seguito <strong>di</strong> Carlo V<strong>II</strong>I.<br />
Alcune medaglie sono pure attribuite a Francesco Raibolini detto il Francia, che lavorò a Bologna<br />
prima <strong>al</strong> servizio dei Benti<strong>vol</strong>glio, poi <strong>di</strong> Giulio <strong>II</strong> e la cui attività <strong>al</strong>la zecca bolognese come autore <strong>di</strong><br />
coni delle monete è bene accertata.<br />
A Roma la medaglia prosperò presto e non solo per motivi artistici, ma per motivi religiosi e politici<br />
connessi con la presenza della corte pontificia. Numerosi furono gli artisti che dai loro paesi <strong>di</strong> origine,<br />
dopo aver lavorato per <strong>al</strong>tri signori, si trasferirono a Roma. Oltre quelli che abbiamo ricordato, Caradosso,<br />
Gian Cristoforo Romano, Camelio, menzioniamo ora Andrea Guazz<strong>al</strong>otti da Prato cui si devono<br />
medaglie per i papi da Niccolò V a Sisto IV; Cristoforo <strong>di</strong> Geremia mantovano, il princip<strong>al</strong>e esponente<br />
della scuola romana, autore anche <strong>di</strong> una medaglia per Alfonso V d’Aragona (fig. 4) e, tra l’<strong>al</strong>tro, delle<br />
medaglie <strong>di</strong> Paolo <strong>II</strong>; il nipote Lisippo e Pier Maria Serb<strong>al</strong><strong>di</strong> da Pescia.<br />
In tutti questi artisti che operarono <strong>al</strong>la corte pap<strong>al</strong>e, si riscontra la stessa pre<strong>di</strong>lezione per i modelli<br />
classici, che essi riproducono nelle loro medaglie attraverso l’imitazione <strong>di</strong> motivi e schemi antichi.<br />
Verso la metà del ‘500 inizia una lenta decadenza nell’arte della medaglia, dovuta anche <strong>al</strong>l’abbandono<br />
della tecnica della fusione a favore della coniazione, sistema già sperimentato nel secolo precedente<br />
d<strong>al</strong> Caradosso, d<strong>al</strong>l’Enzola, da <strong>al</strong>tri e ora preferito d<strong>al</strong>la maggioranza degli artisti.<br />
I centri princip<strong>al</strong>i del ‘500 sono Firenze, Roma, Milano e, meno importante, Venezia.<br />
A Firenze sono attivi Benvenuto Cellini, che lavora anche a Roma per il papa, Pastorino dei Pastorini<br />
da Siena, uno dei più fecon<strong>di</strong> medaglisti dell’epoca, Giampaolo Poggini, che negli ultimi anni della<br />
sua vita eseguì medaglie a Bruxelles e a Madrid per Filippo <strong>II</strong>, il fratello Domenico Poggini, la cui attività<br />
si s<strong>vol</strong>se a Roma per Sisto V, Pier Paolo G<strong>al</strong>eotti detto Romano.<br />
A Roma predomina più che <strong>al</strong>trove il metodo della coniazione, preferita nelle medaglie pap<strong>al</strong>i per<br />
il suo minor costo e per la maggior rapi<strong>di</strong>tà del proce<strong>di</strong>mento. Nella città continuano a convergere per<br />
lavorare nella zecca pap<strong>al</strong>e, artisti da ogni parte d’It<strong>al</strong>ia: oltre il Cellini, che preparò i coni <strong>di</strong> <strong>al</strong>cune<br />
monete <strong>di</strong> Clemente V<strong>II</strong>, ricor<strong>di</strong>amo Giovanni Bernar<strong>di</strong> da Castelbolognese, noto anche come incisore<br />
<strong>di</strong> crist<strong>al</strong>lo (famosa la sua Cassetta Farnese <strong>al</strong> Museo Nazion<strong>al</strong>e <strong>di</strong> Capo<strong>di</strong>monte a Napoli), Domenico<br />
Poggini già citato, Alessandro Cesati, detto il Grechetto, il miglior rappresentante della scuola romana e<br />
per molti anni capo della zecca pap<strong>al</strong>e (fig. 5), il milanese Antonio de Rossi che successe <strong>al</strong> Cesati nella<br />
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