N. 3 - 21 aprile 2001 - Giano Bifronte
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vengono fotografati e descritti nel libro, a detta di Von Däniken sono tutti in oro<br />
massiccio e provengono dalle grotte che lui stesso ha visitato.<br />
Il 4 maggio 1994 mi reco a Roma, presso l'istituto dei Padri Salesiani dove<br />
finalmente mi viene rivelata l'ubicazione delle grotte.<br />
A questo punto decido di partire per l'Ecuador. Il <strong>21</strong> maggio giungo a Quito,<br />
intervisto Osvaldo Chintana, archeologo, che rimane molto meravigliato del fatto<br />
che a tutti i costi io voglia vedere gli ori in esse celati perché mi dice: "Non c'è nulla<br />
d'interessante, visto che il sistema di gallerie che tu vuoi vedere non ha nessuna<br />
rilevanza ufologica [sic - forse archeologica?! Un lapsus veramente freudiano...]<br />
dato che è nato per una normale erosione creata da fiumi sotterranei; per quanto<br />
riguarda gli ori, io sono dell'idea che si tratti esclusivamente di imitazioni". Rimango<br />
sbalordito, ed a questo punto avanza in me l'idea che questa mia indagine avrebbe<br />
potuto finire in due direzioni ben precise: la prima (la più probabile) che mi sarei<br />
trovato di fronte ad un insabbiamento delle prove: la seconda (la più improbabile)<br />
che si trattasse di una enorme mistificazione creata da Von Däniken. Vengo poi a<br />
sapere, da un altro archeologo, che il libro di Von Däniken creò nel 1972, data della<br />
sua pubblicazione, uno sconquasso negli ambienti archeologici di tutto il Sud<br />
America e che lo stesso autore fu invitato più volte a smentire queste sue<br />
dichiarazioni. Le ore passano e altri (archeologi ed esperti) mi confermano che la<br />
teoria di Von Däniken è sicuramente improbabile e farcita di molta fantasia per<br />
ottenere esclusivamente un forte ritorno economico a livello personale. Dopo<br />
essermi procurato l'attrezzatura e una guida per giungere alle grotte mi appresto,<br />
comunque, ad andare fino in fondo alla faccenda. Finalmente arrivo all'ingresso della<br />
galleria e con una fortissima emozione mi calo al suo interno. Mentre osservo il<br />
fondo che mi si avvicina, il mio pensiero è tutto concentrato sull'emozione che<br />
proverò ad inoltrarmi in quei cunicoli costruiti da chissà quale civiltà antica,<br />
immaginando di poter scoprire anch'io, come Von Däniken, tesori immensi.<br />
Sono sul fondo, intorno a me decine di Culebras (serpenti) sono stati uccisi a colpi di<br />
macete dalla mia guida permettendomi così di non essere morso. Con una torcia<br />
incominciamo ad attraversare un cunicolo e subito mi rendo conto che la volta e le<br />
pareti di quelle gallerie non erano affatto liscie, come le descriveva Von Däniken,<br />
ma anzi spigolose e più volte mi sono procurato ferite. Per più dì mezz'ora<br />
camminiamo nel loro interno cercando di trovare quell'enorme sala descritta da Von<br />
Däniken come un hangar di un aeroporto, all'interno della quale avremmo trovato le<br />
meraviglie che lo scrittore aveva visto. Purtroppo non troviamo nulla. Fortemente<br />
amareggiato risalgo verso l'uscita e un dubbio evidentissimo si fa strada dentro di<br />
me: incomincio a comporre i tasselli di una delle più grosse mistificazioni mai messe<br />
in atto a livello archeologico e decido di andare avanti per scoprire tutta la verità.<br />
Voglio vedere il tesoro di Padre Crespi, ma con mia grande sorpresa mi viene detto<br />
che fu comprato per la somma di 10.000 dollari dal Museo del Banco Centrale<br />
dell'Equador nel 1978. Lo vado a visitare: migliaia di reperti giacciono sugli scaffali<br />
impolverati, mentre i miei occhi cercano di trovare i reperti pubblicati sul libro di<br />
Von Däniken, ma quando chiedo al direttore del museo dove siano mi risponde che<br />
erano falsi; che non c'era dunque motivo che fossero tenuti insieme a quelli ritenuti<br />
archeologicamente importanti; infatti dopo averli catalogati, analizzati e quindi<br />
accertato che fossero esclusivamente composti di latta e alluminio furono rispediti<br />
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