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N. 3 - 21 aprile 2001 - Giano Bifronte

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1.4 L'autunno del 1688<br />

Era chiaro che Leibniz, volendo propugnare una sua teoria cosmologica,<br />

doveva pubblicare il più velocemente possibile per allontanare da lui i<br />

sospetti di plagio; questo era un comportamento che teneva<br />

abitualmente, come si può riscontrare nell'episodio della seconda lettera<br />

di Newton. Si dedicò quindi alla stesura di alcuni brevi saggi, tutti<br />

inerenti la questione, nei quali tentò sistematicamente di matematizzare<br />

i fenomeni fisici, così da potergli applicare il suo calcolo differenziale.<br />

Bisogna dire che la datazione di questi manoscritti è ancora incerta, e<br />

che molte speculazioni possono essere fatte sulla loro cronologia: non<br />

ci interessa qui fare questo lavoro, quanto piuttosto analizzarne<br />

brevemente il contenuto.<br />

In De Conatu centripeto aut centrifugo Leibniz studiò il modo di<br />

determinare lo 'sforzo' a tendere verso un centro, o ad allontanarsi da<br />

questo, che subisce un corpo il quale si muova in una linea curva<br />

qualsiasi. Tale tipo di studio era necessario per poter calcolare il moto<br />

di progressivo avvicinamento ed allontanamento dei vari pianeti dal<br />

Sole. In tale studio Leibniz adottò una particolare scomposizione del<br />

moto, che ritroveremo più tardi, e che veniva da un illustre maestro:<br />

scompose il moto in una componente trasversale ed in una radiale. Una<br />

scomposizione simile l'aveva già adottata Kepler nell'Astronomia Nova<br />

ed anche nell'Epitome Astronomiae Copernicanae, quest'ultimo ben<br />

noto a Leibniz. Non stupisce quindi che l'abbia fatta sua, poiché<br />

sembrava molto pratica. Prescindendo quindi da quale fosse il moto<br />

trasversale, propose una ulteriore scomposizione del moto radiale in due<br />

componenti principali, che riconobbe giustamente essere differenziali<br />

del secondo ordine, cioè accelerazioni: il conato centrifugo, che era ben<br />

noto a tutti dall'opera di Huygens, e il conato centripeto. Non specificò<br />

esattamente a cosa dovesse essere imputato quest'ultimo, ma qui emerse<br />

la prima differenza sostanziale con l'opera di Newton. Leibniz infatti<br />

pose queste due "forze" diverse tra di loro: quando la seconda eccede la<br />

prima abbiamo l'apparire della gravità, poiché il corpo tende verso il<br />

centro rispetto al quale si stanno eseguendo i calcoli, mentre se la prima<br />

eccede la seconda abbiamo quello che definì la "levità", poiché il corpo<br />

apparentemente viene allontanato dal centro medesimo.<br />

Immediatamente appresso scrisse De motu gravium, nel quale<br />

analizzava il moto di proietti sottoposti all'azione della gravità; in<br />

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