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N. 3 - 21 aprile 2001 - Giano Bifronte

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4. Un secondo Tentamen<br />

Come si evince dallo studio dei manoscritti leibniziani del periodo,<br />

appare palese che si occupò molto di queste questioni, ma soprattutto di<br />

dare una struttura coerente a tutta la sua cosmologia. Riprese ed ampliò<br />

il suo Tentamen con nuove e più ampie dimostrazioni, ma anche con<br />

nuove ipotesi riguardo alla struttura del vortice solare. Nel tentativo di<br />

risolvere la difficoltà prima citata ipotizzò che: "... appare chiaro che<br />

debba essere altra la materia fluida da quel fluido che dicemmo fare la<br />

gravità e che è spinto lontano dal centro: appare essere molto più sottile<br />

e non seguente la direzione della materia, ma è esercitante suoi propri<br />

moti ...". Che cosa vuole dire Leibniz con questa frase? Semplicemente<br />

che il gravitare dei pianeti verso il Sole e il e il gravitare dei corpi<br />

terrestri sono provveduti da due fluidi diversi, di diversa sottigliezza e<br />

non interagenti. Il primo, molto più grossolano, circola attorno al Sole<br />

in modo armonico, e fa in modo che i pianeti osservino la seconda legge<br />

di Keplero, mentre il secondo, più sottile, da al pianeta la sua 'facoltà' di<br />

attrarre tutti i corpi verso di sé da tutte le direzioni, seguendo la legge<br />

dell'inverso del quadrato delle distanze dal centro, allo stesso modo di<br />

quanto avviene a livello degli orbi planetari. Complessivamente<br />

dunque, il primo fluido fa la gravità nel Sistema Solare secondo la legge<br />

newtoniana ed obbliga i pianeti ad orbitare seguendo le due prime leggi<br />

di Keplero, mentre il secondo fluido fa la gravità nei pianeti, sempre<br />

secondo la legge newtoniana. Si realizzava così una armonizzazione di<br />

tutti i fenomeni conosciuti, ma restava aperta un'altra questione molto<br />

importante: come poteva la terza legge di Keplero conciliarsi con<br />

questo costrutto apparentemente molto elegante? Leibniz lasciò la<br />

questione aperta, e vedremo poi come tentò di risolverla, ma per ora è<br />

interessante vedere come arrivò a determinare che il fluido facente la<br />

gravità terrestre esercitasse la sua azione proprio secondo una<br />

proporzione inversa al quadrato della distanza dal Sole. L'azione<br />

gravitazionale che l'etere trasmetteva, doveva essere proporzionale alla<br />

quantità dello stesso che si trovava ad interagire con un grave qualsiasi.<br />

Ora, se si prende in considerazione un angolo solido qualsiasi, la<br />

materia eterea emessa dall'astro in quel determinato angolo solido non<br />

poteva variare, e quindi, una volta emessa la 'radiazione', questa doveva<br />

conservarsi immutata per tutto il suo allontanarsi dal centro di<br />

emissione. A questo punto, in analogia alla radiazione luminosa, la<br />

'densità eterea' doveva diminuire in maniera direttamente proporzionale<br />

alla superficie intercettata dall'angolo solido di partenza su sfere<br />

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