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N. 3 - 21 aprile 2001 - Giano Bifronte

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doveva più propriamente assumersi che fosse la "vis viva" (mv 2 , quella<br />

che modernamente chiamiamo energia cinetica) a conservarsi.<br />

Egli aveva dunque spostato il baricentro dei suoi interessi verso<br />

questioni più generali. Sempre nello stesso periodo pubblicò articoli<br />

riguardanti la resistenza dei solidi ed alcuni articoli sulla rifrazione, tutti<br />

negli Acta Eruditorum. L'intento era probabilmente quello di dare vita<br />

ad una generale sistemazione della materia. Alcuni anni dopo compose<br />

un trattato dal nome altisonante di Dynamica (ebbene sì, è Leibniz che<br />

ha usato per primo questo termine nell'accezione moderna), mai<br />

pubblicato se non in forma riassunta, nel quale diede una sistemazione<br />

organica a diversi anni di studio sull'argomento.<br />

Verso la fine del decennio però accadde un fatto che lo avrebbe<br />

costretto ben presto a cambiare la sua strategia. Nell'estate del 1687<br />

uscirono i Principia di Newton. Questo fatto non ebbe certo la<br />

risonanza che ci si aspetterebbe vista l'enorme notorietà del testo presso<br />

i posteri, tanto che per diversi mesi il libro circolò all'interno della<br />

comunità scientifica continentale grazie ad una sorta di passaparola<br />

degli studiosi. Leibniz, grazie alle segnalazioni di alcuni suoi<br />

corrispondenti, sapeva dell'esistenza del libro, ma non aveva la benché<br />

minima idea del suo contenuto.<br />

Nel frattempo si trovava impegnato in tutt'altre faccende. Uno dei suoi<br />

compiti principali alla corte di Hannover, suo luogo di residenza, era la<br />

cura della biblioteca reale e la stesura di una biografia ufficiale della<br />

casata degli Hannover. Con questa scusa il Principe inviò Leibniz in un<br />

lungo viaggio diplomatico attraverso l'Europa, che lo portò prima in<br />

Austria e poi in Italia: è il novembre del 1687. Durante il viaggio restò<br />

relativamente isolato dalla comunità scientifica europea, ma i suoi<br />

contatti epistolari (tra i quali Huygens, che aveva conosciuto durante il<br />

suo periodo parigino) riuscirono comunque a tenerlo informato sulle<br />

novità in campo culturale. In particolare, nell'autunno del 1688, quando<br />

già si trovava in Italia, ricevette una copia degli Acta Eruditorum, e<br />

lesse, nel numero di giugno, una recensione del testo newtoniano, ad<br />

opera di un certo C. Pfautz. Ad onor del vero dobbiamo dire che, a<br />

proposito della lettura della recensione, D. Bertoloni Meli sostiene che<br />

Pfautz è Leibniz stesso, e che egli ha letto il libro già all'inizio del 1688,<br />

quando si trovava a Vienna; molte fondate ragioni inducono a pensare<br />

che questa tesi sia falsa, anche se dal punto di vista della disputa<br />

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