N. 3 - 21 aprile 2001 - Giano Bifronte
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civiltà, gli Indiani vivevano un rapporto così intenso con la natura, dalla<br />
quale sapevano di dipendere direttamente, che si sentivano<br />
completamente immersi in essa, provavano una sorta di timore<br />
reverenziale per ogni suo fenomeno e la percepivano in tutta la sua<br />
complessità come fonte di vita e di morte, di gratificazione e di castigo.<br />
Anche gli animali che, alla loro stessa stregua, partecipavano del mondo<br />
naturale, erano per gli Indiani dotati di anima; essi non andavano perciò<br />
offesi con un comportamento brutale che non tenesse conto della loro<br />
sensibilità e preziosità. Il rituale della caccia, che prevedeva regole<br />
molto precise e la preghiera sul corpo dell'animale ucciso a testimoniare<br />
la necessità di quell'azione, era anche una prova di destrezza e di<br />
coraggio, tanto più ardua in quanto gli Indiani non disponevano né delle<br />
armi da fuoco né dei cavalli, introdotti solo in seguito dagli Europei. Se<br />
la misericordia era considerata una forma di corruzione dell'anima e la<br />
vendetta una virtù, questa era espressione di quella sete di giustizia che,<br />
in assenza di tribunali e leggi scritte, l'Indiano si faceva da sé in base<br />
all'educazione ricevuta e alle tradizioni che la sua gente aveva<br />
tramandato oralmente. L'importanza attribuita alla parola, che, data la<br />
mancanza della scrittura, rappresentava la sola possibilità espressiva del<br />
pensiero e del volere umani, rende conto anche del silenzio in cui si<br />
svolgevano le riunioni della tribù e contraddistingueva altresì il<br />
comportamento del singolo: l'Indiano preferiva tacere piuttosto che dire<br />
parole superflue o inappropriate; una volta data la sua parola,<br />
considerava gravissimo contravvenire al patto e questo senso dell'onore<br />
individuale era talmente radicato da travalicare il senso di appartenenza<br />
alla tribù o, come si dimostrò in seguito, alla razza stessa.<br />
Dal punto di vista religioso, come riassume efficacemente Wilcomb E.<br />
Washburn, "la religione degli indiani comprendeva una vasta gamma di<br />
dottrine e di pratiche che spiegavano e nello stesso tempo stabilivano il<br />
rapporto dell'uomo con qualche potere sconosciuto o addirittura<br />
inconoscibile, che esercitava un'influenza sulla sua vita. Sia che<br />
cercasse la comprensione e l'aiuto delle potenze soprannaturali<br />
dell'universo individualmente, come molti cacciatori, oppure attraverso<br />
cerimonie comunitarie stabilite, come la maggior parte degli agricoltori,<br />
l'indiano credeva in una forza al di fuori di se stesso. Al tempo stesso,<br />
però, sapeva spesso riconoscere attraverso i sogni quelle forze inconsce<br />
dentro di sé che rappresentavano un ponte con le grandi forze<br />
dell'universo. La sua capacità di empatia con gli esseri umani e nonumani<br />
che sembravano partecipare anche loro di questa stessa forza<br />
vitale, fornì all'indiano una visione del mondo coerente e piena di<br />
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