N. 3 - 21 aprile 2001 - Giano Bifronte
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comprare egli stesso quante più pietre poteva, e dopo qualche mese ne<br />
espose cinquemila nei locali della Casa di Cultura.<br />
Nel frattempo era stata pubblicata una relazione di Agurto Calvo -<br />
allora Rettore dell'Università di Ingegneria - e di Alejandro Pezzia<br />
Assereto - del Patronato di Archeologia del Perù - a proposito di uno<br />
scavo eseguito nelle tombe pre-incaiche di Max Uhle e Tomaluz, nei<br />
pressi di Ocucaje (datate intorno al I secolo a.C.). Nella lista degli<br />
oggetti ritrovati erano descritte anche due pietre incise, simili a quelle<br />
allora in commercio. Erano senza dubbio due piedras manco.<br />
Cabrera era convinto che l'articolo pubblicato da due studiosi di<br />
prestigio avrebbe stimolato anche gli archeologi più riluttanti a prendere<br />
visione della sua collezione. Arrivarono molti stranieri, scienziati seri,<br />
turisti curiosi e scrittori di libri di fantascienza, ma non gli specialisti<br />
peruviani su cui contava per avere un appoggio alla sua iniziativa. Anzi<br />
molti degli "esperti", senza aver mai esaminato da vicino una pietra, si<br />
valsero di una certa stampa scandalistica per sostenere che si trattava di<br />
una grossolana mistificazione ideata dallo stesso Cabrera. Il suo più<br />
accanito avversario, Roger Ravinez, archeologo e membro dell'Istituto<br />
Nazionale di Cultura del Perù, dovette ammettere che le due pietre<br />
estratte dalle tombe erano autentiche, ma continuò a sentenziare che le<br />
altre, in tutto simili, erano delle falsificazioni, senza tuttavia trovare<br />
argomenti per risolvere il mistero.<br />
C'è da dire che a un certo momento furono gli stessi huaqueros a far<br />
credere di essere gli autori dei disegni. Per continuare a commerciare<br />
tranquillamente le pietre autentiche senza correre il pericolo di essere<br />
perseguiti per furto di reperti archeologici, cominciarono a vendere<br />
anche pezzi incisi da loro stessi, ma in modo talmente maldestro da<br />
essere immediatamente riconoscibili. Così contribuirono a inquinare e a<br />
screditare la scoperta agli occhi del mondo accademico.<br />
E intanto, fra discussioni e contestazioni, campagne di stampa<br />
osannanti o denigratorie, le pietre continuarono a essere vendute in<br />
sempre maggior numero, tanto che nel 1980, secondo un calcolo<br />
approssimativo, pare che ne fossero state commerciate più di<br />
sessantamila. Un numero eccessivo per poter essere attribuite ai due<br />
contadini - Basilio Uchuya e Irma Gutierrez - che si dichiaravano autori<br />
delle incisioni. Per quanto tempo avrebbero dovuto lavorare, in gran<br />
segreto, per sfornare all'improvviso e in pochi anni un tale numero di<br />
pezzi? E come avrebbero potuto quei due, semianalfabeti, possedere<br />
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