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N. 3 - 21 aprile 2001 - Giano Bifronte

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completamente irradiato la Indian wilderness!<br />

Quando l'Inghilterra cominciò ad occuparsi concretamente della<br />

colonizzazione oltreoceano era ormai, come si è detto, passato circa un<br />

secolo dalla scoperta, e molto era già stato scritto dagli Spagnoli sugli<br />

abitanti del nuovo continente. Visti sia come virtuosi e sottomessi (Las<br />

Casas), sia come feroci e cannibali (Sepúlveda), essi erano stati<br />

comunque giudicati in base a quei valori la cui assenza presso di loro<br />

più li differenziava dagli Europei: cristianesimo e civiltà. Tale<br />

discriminante si ritrova sostanzialmente invariata anche alla radice<br />

dell'immagine dell'Indiano del Nord America quale ci viene trasmessa<br />

dai resoconti degli Inglesi, i quali per di più si trovarono a contatto con<br />

popolazioni nomadi e seminomadi che, non presentando neppure i segni<br />

esteriori di civiltà di Aztechi e Incas, si prestarono ad essere ancora più<br />

facilmente incasellate nell'ambigua categoria del "selvaggio"<br />

(silvaticus, abitante della selva, corrispondente all'inglese savage e<br />

ferus, feroce, corrispondente a wild), i cui diritti sul territorio potevano<br />

essere messi in discussione.<br />

Più che teoriche, quindi, le differenze con cui Spagnoli e Inglesi<br />

portarono avanti il progetto di colonizzazione furono di tipo politicoorganizzativo:<br />

l'una fu impresa di stato, fortemente accentratrice,<br />

imperialistica, l'altra fu affidata principalmente all'iniziativa privata.<br />

Mentre gli Spagnoli praticarono una politica di conquista e di<br />

annientamento degli Indiani come popolo o nazione, cui fecero però<br />

seguire l'assimilazione dei superstiti come persone individuali, gli<br />

Inglesi pensarono di potersi collocare, per così dire, 'accanto' ai nativi,<br />

ma eressero tra sé e loro una barriera che risultò poi insuperabile a tutti<br />

gli effetti e che, nella brama di sempre nuove terre, avanzò<br />

progressivamente fino ad estinguerne lo spazio vitale.<br />

Attraverso l'analisi comparativa dei testi ufficiali che autorizzavano la<br />

conquista delle due nazioni - a partire dalle bolle papali e dalle "lettere<br />

patenti" - Patricia Seed, in un ben documentato saggio, dimostra come<br />

sia possibile sintetizzare gli scopi delle due autorità imperiali in una<br />

sorta di aforisma: gli Spagnoli intesero conquistare i popoli, gli Inglesi<br />

le terre. Gli Spagnoli sentirono pienamente legittimata la loro presenza<br />

nel Nuovo Mondo dimostrando di aver acquisito nuove anime alla<br />

Cristianità. Gli indigeni furono, quindi, obbligati molto presto ad<br />

assentire al contenuto di un documento (il celebre Requerimiento), letto<br />

ad alta voce da un funzionario regio, in cui veniva espressa,<br />

sostanzialmente, la "genealogia del potere" che da Gesù Cristo,<br />

attraverso S. Pietro e il Papa, arrivava fino al monarca di Castiglia e ai<br />

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