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N. 3 - 21 aprile 2001 - Giano Bifronte

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che le congetture di un moderno opposte alle fantasie degli antichi. Una<br />

filosofia appoggiata ad ardite dichiarazioni e capricciose non<br />

meriterebbe di essere esaminata, giacché - prosegue Voltaire - un<br />

filosofo che si appoggia solo ad ipotesi[senza il lume dell'esperienza]<br />

altro non formulerà che chimere. E se molti sono i modi di cadere in<br />

errore, non c'è che una via che conduce alla verità".<br />

In queste prime righe della prefazione sono condensati alcuni tratti<br />

caratteristici dell'opera, dell'autore e della sua visione del metodo<br />

scientifico. Si può notare, infatti, sia la sua vena ironica da consumato<br />

polemista, sia la chiave positivista in cui verranno formulate le dottrine<br />

newtoniane all'interno del libro, dove si sottolinea a più riprese che<br />

nell'opera non viene avanzata nessuna ipotesi, poiché per ripetere le sue<br />

parole "altro è rendere verisimile un'opinione, altro è provarla".<br />

Un'ulteriore osservazione deducibile dall'analisi della prefazione è<br />

notare come ricorra sempre il termine vero in riferimento ai risultati<br />

dell'indagine scientifica. Può sembrare strano, ma questa visione della<br />

scienza come fabbrica di verità ha un'origine teologica.<br />

Nel '600 la conoscenza religiosa si proponeva di essere certa e<br />

indubitabile. Lutero addirittura aveva affermato che "un cristiano deve<br />

essere certo di ciò che dice altrimenti non è un cristiano". Il più piccolo<br />

dubbio, infatti, conduceva alla dannazione eterna. E considerando che la<br />

conoscenza scientifica era ritenuta parte integrante di quella teologica,<br />

non desta stupore che si chiedesse anche ad essa di raggiungere<br />

standard di certezza e di indubitabilità. Pertanto se una proposizione<br />

non era completamente confermata dalla ragione o dai fatti bisognava<br />

fermamente rifiutarla. Questo atteggiamento epistemologico che K.<br />

Popper ha definito "giustificazionismo" era estremamente diffuso tra gli<br />

scienziati dell'epoca ed anche tra alcuni divulgatori, non ultimo<br />

Voltaire. Qualche critico, però, ha visto nel suo esaltare le verità<br />

newtoniane e nel suo fidarsi ciecamente dei risultati della teoria, un<br />

atteggiamento quasi dogmatico, filosoficamente in antitesi con quello<br />

illuminista. Tuttavia, benché questa critica abbia un certo fondamento,<br />

non è poi così strano il fatto che Voltaire giurasse spesso nel nome di<br />

Newton e mostrasse una fiducia incrollabile nelle sue verità. Come ha<br />

osservato P. Feyerabend, infatti:<br />

"La certezza e la fiducia nelle scoperte della scienza cresce<br />

proporzionalmente alla distanza dal nucleo centrale che le ha effettuate.<br />

I nuclei preparano gli esperimenti, analizzano i risultati e tirano le<br />

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