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N. 3 - 21 aprile 2001 - Giano Bifronte

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discutibile, e soprattutto abusata (come denunciato dallo stesso Rorty),<br />

resta, a mio parere, indispensabile per comprendere la situazione<br />

spirituale del nostro tempo. 4 Alla luce dell'impostazione postmoderna<br />

perdono di senso e si dissolvono le classiche distinzioni di tipo<br />

gerarchico che la tradizione filosofica occidentale, dai Greci<br />

all'Illuminismo, ha in vario modo codificato. Le distinzioni gerarchiche<br />

non vanno naturalmente confuse con le differenze, sulla cui radicale<br />

irriducibilità i postmoderni insistono in polemica con la ragione<br />

moderna e la sua assolutistica pretesa di reductio ad unum. Proprio<br />

l'esaltazione delle differenze è coerente con la negazione di qualsiasi<br />

distinzione di valore tra di esse e con la orizzontalizzazione senza<br />

residui di tutti gli aspetti della realtà e della vita.<br />

Particolarmente interessanti sono le conseguenze derivanti dalla<br />

dissoluzione postmoderna di tre distinzioni di tipo gerarchico: tra i<br />

valori, tra le facoltà umane e sul piano dell'ordine sociale.<br />

1. Relativismo morale ed etnocentrismo<br />

Sul piano dei valori dobbiamo prendere atto senza rimpianti, secondo i<br />

postmoderni, della impossibilità di un punto di vista "oggettivo", del<br />

punto di vista "dell'occhio di Dio": ogni convinzione morale e politica è<br />

situata e prospettica, sempre "locale" e mai "universale", vincolata ad<br />

un vocabolario tra i tanti esistenti e possibili, radicalmente contingente<br />

insomma, come contingente è il linguaggio che non rappresenta alcuna<br />

realtà in sé, ma è proliferazione polisemica, disseminazione incessante<br />

di giochi linguistici.<br />

Una situazione del genere evoca però inevitabilmente, per dirla<br />

sempre con Rorty, "lo spettro del relativismo" morale. L'aspetto<br />

devastante del relativismo morale fu già descritto a suo tempo<br />

perfettamente da Sade. Il lato più interessante e profondo dell'opera<br />

sadiana consiste nella dissoluzione, filosoficamente riflettuta, del<br />

concetto di "natura", a cui Sade sottrae ogni stabilità ontologica e, di<br />

conseguenza, qualsiasi valore normativo. Tutte le passioni e tutti i gusti<br />

vanno riguardati come ugualmente "naturali", anche le passioni e i gusti<br />

"virtuosi", che esistono di fatto e che sono quindi evidentemente<br />

"convenables a certaines têtes" 5 : possiamo essere "buoni" per natura,<br />

inclinati al bene in forza di una determinata costituzione biologica, così<br />

come possiamo essere inclinati al male, e le due inclinazioni sono<br />

perfettamente equivalenti in quanto pura fatticità. 6 Naturalmente coloro<br />

che hanno la seconda inclinazione sono "organizzati in modo più<br />

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