N. 3 - 21 aprile 2001 - Giano Bifronte
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già determinato a priori, quanto all'espressione, per cui non saranno<br />
tanto importanti le cose (o gli Indiani) di per sé ma la loro<br />
interpretazione. Al genere della "descrizione" si sostituisce così in<br />
maniera preponderante quello della "storia"; più che osservazione degli<br />
usi e costumi indiani le opere dei Puritani sono infatti racconto dei<br />
rapporti avuti con i nativi, già contenente una riflessione sul loro<br />
significato. Proprio perché venne giudicato solo in funzione delle<br />
proprie finalità, l'Indiano, per i Puritani, quando è buono viene<br />
considerato uno strumento della Divina Provvidenza 31 , quando è cattivo<br />
(come in occasione di un conflitto) è il diavolo in persona, il maledetto<br />
da Dio che bisogna distruggere, anzi che Dio stesso distrugge 32 .<br />
La storia scritta dal Popolo Eletto è così fortemente impregnata<br />
dall'ideologia provvidenzialistica che la sostiene che il fronte del New<br />
England appare a prima vista molto compatto nel piegare l'immagine<br />
dell'Indiano alla propria interpretazione. Tale compattezza viene<br />
tuttavia incrinata dagli scritti di coloro che si trovarono ad essere in<br />
qualche modo 'fuori' dell'ordine costituito: o concorrenti dei Puritani nel<br />
commercio delle pelli, come Thomas Morton 33 , o dissidenti religiosi,<br />
come il già citato Roger Williams, o semplici viaggiatori, come William<br />
Wood 34 . Le loro opere mostrano un modo diverso di accostarsi<br />
all'alterità che contribuisce sia a ristabilire la verità di certi fatti (è il<br />
caso soprattutto della polemica intrecciatasi tra Morton e i Puritani) sia<br />
a fornire organiche e precise fonti di informazione sul New England e<br />
sulle caratteristiche dei suoi abitanti originari. Questi autori, infatti,<br />
spinti da motivazioni diverse, ma comunque in contrasto con la visione<br />
soggettivizzante e totalizzante dei leaders puritani, nel descrivere usi e<br />
costumi dei nativi riescono a limitare valutazioni etnocentriche<br />
scegliendo di riferire piuttosto il punto di vista degli Indiani e invitando<br />
il lettore a trarre le sue conclusioni dal confronto tra i due stili di vita.<br />
Le loro voci dissonanti sembrano invitare a riflettere sul male insito<br />
piuttosto all'interno delle nuove comunità e in qualche misura, per<br />
antitesi, tendono a rendere giustizia all'identità reale dell'Indiano.<br />
Per quanto riguarda la letteratura legata alla colonizzazione del<br />
Maryland, essa documenta una storia che potremmo definire "a passo<br />
accelerato". L'interesse rivolto alla popolazione indigena nella fase<br />
iniziale dello stanziamento viene infatti molto presto soppiantato da<br />
problematiche tutte interne alla colonia, che sembrano già attinenti alle<br />
idee portanti della futura società politica americana: la democrazia, la<br />
pluralità religiosa e razziale. Paradossalmente, proprio qui si sancisce<br />
già l'oblio dell'Indiano, l'esclusione (solo per lui!) dal nuovo paese<br />
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