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N. 3 - 21 aprile 2001 - Giano Bifronte

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merito a tali episodi - "si tratta di prove molto bizzarre, corredate di<br />

pochissime prove. Ma sono storie che circolano e ci chiediamo quante<br />

ne stiano circolando, e se qualcuna possa essere vera".<br />

Ampia attenzione viene invece dedicata ad una estesa casistica, la cui<br />

documentazione comprende anche i pareri di eminenti scienziati e le<br />

relazioni pubblicate in prestigiose riviste o presentate in occasioni di<br />

congressi ufficiali. Una prima sezione è riservata ai ritrovamenti aventi<br />

per oggetto ossa incise o spezzate in modo non naturale, risalenti al<br />

Pliocene, al Miocene ed a periodi ancora più remoti. Vengono poi<br />

esaminati i casi di ritrovamenti di "oggetti in pietra di fabbricazione<br />

insolitamente antica", e quelli relativi ai resti di scheletri umani<br />

"anomali".<br />

Naturalmente, data la complessità delle argomentazioni, qui ci<br />

limitiamo soltanto ad accennare ad alcuni dei casi più interessanti<br />

descritti (tra questi alcuni venuti alla luce in Italia), rinviando per ogni<br />

approfondimento alla lettura del libro. Quella reperibile in italiano, è<br />

peraltro un'edizione ridotta: una scelta voluta dagli autori per non<br />

appesantire il lettore con le analisi geologiche e gli studi specialistici,<br />

riportati invece nell'edizione integrale in inglese (ricca di oltre<br />

novecento pagine).<br />

L'opera di recupero delle "prove sepolte" parte da St. Prest (Francia<br />

nordoccidentale), dove nel 1863 Jules Desnoyers, del Museo Nazionale<br />

Francese, nota segni incisi su un frammento di tibia di rinoceronte non<br />

imputabili ad agenti naturali. Desnoyers scoprirà che anche i fossili<br />

esposti presso il Museo di Chartres e presso la Scuola mineraria di<br />

Parigi presentavano le stesse incisioni, spiegabili, come sosterranno<br />

anche vari paleontologi, soltanto con l'azione volontaria di un essere<br />

umano. Un'ipotesi che forse sarebbe apparsa ovvia, se non fosse che il<br />

sito degli scavi di St. Prest appartiene al tardo Pliocene, epoca in cui per<br />

l'archeologia ufficiale, viene spiegato, "la presenza di esseri capaci di<br />

fare un uso sofisticato di oggetti in pietra risulterebbe quasi<br />

impossibile"! La scoperta non mancherà di provocare accese polemiche<br />

- l'ipotesi di Desnoyers, come del resto viene onestamente riportato,<br />

sarà contestata da vari archeologi - e alla fine tale ritrovamento finirà<br />

per cadere nell'oblio. Eppure a tutt'oggi nessuna prova definitiva che<br />

possa escludere l'azione di esseri umani sarebbe stata presentata, e per<br />

gli autori "non esistono sufficienti motivi per rifiutare categoricamente<br />

queste ossa come prova della presenza umana nel Pliocene". Perché, si<br />

chiedono commentando la scoperta di Desnoyers, di tali reperti non si<br />

parla nei libri di archeologia? Per la risposta a questo interrogativo,<br />

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