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N. 3 - 21 aprile 2001 - Giano Bifronte

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Fin dal suo primo contatto con le pietre, Cabrera aveva avuto la<br />

sensazione che i disegni non avevano propositi artistici o decorativi: era<br />

convinto che non erano stati fatti per essere ammirati o contemplati, ma<br />

per essere interpretati. Ricordando che la conclusione delle indagini<br />

storiche sulle civiltà del Perù antico era stata che i popoli incaici e preincaici<br />

non disponevano di un sistema di scrittura, si chiese se le<br />

incisioni non fossero in effetti una forma di ideografia. In più, la<br />

minuzia e la precisione con cui erano disegnati gli animali, facevano<br />

pensare che gli autori delle incisioni dovevano avere avuto una<br />

conoscenza diretta dei soggetti rappresentati.<br />

Però il fatto più sconcertante era la presenza di esseri apparentemente<br />

umani, nonostante il loro aspetto quasi deforme, accanto ad animali<br />

preistorici estinti da almeno 60 milioni di anni. Come era possibile una<br />

simile convivenza se la scienza asserisce che la presenza sul pianeta del<br />

nostro più antico progenitore risale a un paio di milioni di anni<br />

soltanto?<br />

Facendo sua la convinzione di Levy-Strauss: "Negare dei fatti perché<br />

li si ritiene incomprensibili, sotto il profilo del progresso scientifico è<br />

certamente più sterile che formulare delle ipotesi", Cabrera non ebbe<br />

timore di rimettere in discussione le sue conoscenze scientifiche. Per<br />

quanto assurda potesse sembrare una simile idea, pensò che forse<br />

mancavano dei tasselli nel mosaico della storia dell'umanità.<br />

Con un paziente lavoro di ricerca riuscì a scovare vecchie<br />

pubblicazioni ormai dimenticate. Fra queste le relazioni di alcuni<br />

antropologi e paleontologi sudamericani e russi che avevano dichiarato<br />

di aver estratto, dagli stessi strati geologici, resti fossilizzati di animali<br />

preistorici accanto a ossa umane, strumenti di caccia e altri utensili.<br />

Testimonianze che la scienza aveva rifiutato giudicandole inattendibili.<br />

In "Perù, incidents of travel and explorations in the lands of Incas",<br />

pubblicato a New York nel 1887, trovò altre conferme alle sue<br />

supposizioni. L'autore, Ephraim George Squier, un archeologo nord<br />

americano, dopo aver studiato minuziosamente le civiltà dell'antico<br />

Perù, si era convinto che nella storia peruviana erano esistite due<br />

distinte epoche culturali: una situata in un tempo molto lontano,<br />

detentrice di una conoscenza scientifica molto avanzata, e l'altra - quella<br />

degli Incas - di un livello culturale molto più basso. Squier pensava che<br />

fra queste due culture doveva essere intercorso un tempo difficile da<br />

precisare, ma enorme. Era anche convinto che le gigantesche<br />

costruzioni sparse nel territorio peruviano erano la testimonianza di una

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