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L'OSSERVATORE ROMANO

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PAGINA<br />

8 .<br />

<strong>L'OSSERVATORE</strong> <strong>ROMANO</strong> Venerdì 14 Dicembre 2001<br />

Omelia del Card. Zenon Grocholewski nella chiesa di s. Nicola in Carcere<br />

La fede, fonte di forza<br />

Nella Basilica romana<br />

di san Nicola in Carcere,<br />

il Card. Zenon<br />

Grocholewski, Prefetto<br />

della Congregazione per<br />

l'Educazione Cattolica e<br />

Titolare del tempio, ha<br />

presieduto il 6 dicembre,<br />

memoria liturgica<br />

del santo, la solenne<br />

Concelebrazione Eucaristica<br />

alla quale hanno<br />

partecipato numerosi fedeli<br />

e devoti.<br />

Tra i concelebranti vi<br />

era anche Mons. Antonio<br />

Silvestrelli, Rettore<br />

della Basilica e Sotto-Segretario<br />

della Congregazione<br />

per il Clero.<br />

Pubblichiamo qui di<br />

seguito il testo dell'omelia<br />

pronunciata dal Cardinale<br />

Prefetto.<br />

San Nicola, al quale è<br />

dedicata questa stupenda<br />

chiesa, è uno dei santi<br />

più celebri e più amati<br />

in tutti i tempi e in tutti<br />

i paesi. Anche se le fonti<br />

strettamente storiche<br />

non sono in grado di dirci<br />

molto sul suo conto,<br />

egli appare soprattutto<br />

come persona di grande<br />

bontà. Infatti, si raccon-<br />

tano di lui tante storie che dimostrano il<br />

suo grande cuore per chi era in bisogno.<br />

Facilmente a lui si possono applicare<br />

le parole dell’odierno Vangelo (Mt 5,1-<br />

12): «Beati i misericordiosi... Beati gli<br />

operatori di pace... Beati quelli che hanno<br />

fame e sete di giustizia... Beati i poveri<br />

in spirito... ».<br />

La fede<br />

fonte di forza spirituale<br />

1.Quando ci poniamo davanti agli<br />

occhi i Santi spontaneamente ci domandiamo:<br />

da dove veniva a loro la forza di<br />

realizzare con coraggio e costanza la volontà<br />

del Signore? Tanto più ci poniamo<br />

questa domanda perché nella nostra vita<br />

cristiana di ogni giorno sperimentiamo<br />

tanta debolezza.<br />

Per rispondere ad essa potrei parlare<br />

di diverse cose: potrei parlare dell’Eucaristia,<br />

nella quale Cristo realmente presente<br />

diventa per noi vero pane, vero<br />

nutrimento della vita spirituale; potrei<br />

parlare dello Spirito Santo, che ha trasformato<br />

gli apostoli da timidi ed impauriti<br />

in intrepidi evangelizzatori di tutto<br />

il mondo; potrei parlare della preghiera,<br />

della grazia, ecc.<br />

Vorrei, però, soffermarmi su un’altra<br />

fonte di forza della vita spirituale: sulla<br />

fede. La fede è un presupposto per poter<br />

essere rafforzati dall’Eucaristia, dallo<br />

Spirito Santo, dalla preghiera, ecc., ma<br />

la fede anche in se stessa è una fonte di<br />

forza.<br />

In che senso?<br />

2.La fede è come una notte, una<br />

notte buia, disseminata di stelle. Infatti,<br />

San Giovanni della Croce — questo<br />

grande mistico della cristianità — parlava<br />

proprio della notte oscura della fede<br />

nella vita spirituale. Ma non è vero che<br />

durante la notte si vede di meno, al contrario<br />

durante la notte si vede molto di<br />

più! Durante il giorno, sì, vediamo più<br />

chiaramente, più precisamente (possiamo<br />

perfino toccare, misurare le cose),<br />

ma vediamo poco, vediamo soltanto ciò<br />

che ci circonda; il nostro campo visivo è<br />

molto limitato. Durante la notte, è vero,<br />

vediamo meno chiaramente, meno precisamente,<br />

però vediamo più pienamente,<br />

vediamo molto più lontano, vediamo<br />

le stelle lontane da noi migliaia di anniluce,<br />

vediamo la nostra piccola vita nel<br />

contesto dell’immenso universo, nel<br />

contesto della totalità della creazione.<br />

Sono sempre stato affascinato dalla<br />

notte stellata. Negli anni dei miei studi<br />

liceali, spesso uscivo la sera tardi con<br />

un professore ed alcuni amici per guardare<br />

le stelle. Ci siamo comprati le piante<br />

del cielo, regolabili per ogni giorno,<br />

per poter individuare le diverse costellazioni<br />

stellari. Guardando le stelle mi<br />

sentivo grande, allora mi sembrava di<br />

vedere veramente, di vedere la verità<br />

circa la mia esistenza, di vedere cioè<br />

che la mia vita non è limitata a questa<br />

cittadina, a questa nazione, o alla terra,<br />

ma è inserita in un enorme, affascinante,<br />

stupendo, incantevole e immenso<br />

universo.<br />

La fede è come la notte disseminata<br />

di stelle. Vediamo nella fede meno chiaramente,<br />

meno precisamente (ci sono<br />

tanti misteri, tante cose che non siamo<br />

capaci di comprendere), però vediamo<br />

molto più lontano, molto più pienamente,<br />

vediamo la nostra piccola vita nella<br />

prospettiva dell’eternità, della totalità<br />

della nostra esistenza.<br />

3.Avendo davanti agli occhi questa<br />

grande prospettiva dell’eternità, della totalità<br />

della nostra esistenza, qualcosa necessariamente<br />

cambia nella nostra vita:<br />

— Il nostro giudizio diventa più maturo,<br />

più pieno, e direi anche più realistico,<br />

in quanto prendiamo in considerazione<br />

non soltanto le piccole circostanze<br />

della nostra vita, ma la totalità della nostra<br />

esistenza.<br />

Messa di suffragio<br />

nell'anniversario della morte<br />

del Cardinale Amleto Cicognani<br />

Lunedì 17 dicembre 2001, alle ore 8, nella Basilica<br />

di san Clemente a Via Labicana, il Cardinale Achille<br />

Silvestrini presiederà la Celebrazione Eucaristica di<br />

suffragio nel XXVIII anniversario della morte del<br />

Cardinale Amleto Cicognani.<br />

In un libro di Francesco Di Raimondo<br />

La Casa sollievo della sofferenza<br />

il dono più prezioso di Padre Pio<br />

GINO CONCETTI<br />

La Casa sollievo della sofferenza che<br />

sorge nei pressi del convento-santuario<br />

di San Giovanni Rotondo è senza dubbio<br />

il dono più prezioso che Padre Pio<br />

da Pietrelcina ha fatto all'umanità ferita<br />

e dilaniata dal dolore. È una proiezione<br />

«visibile», «fisica» del suo amore ardente<br />

a Cristo crocifisso e risorto, la cui immagine<br />

fu scolpita sul suo corpo.<br />

I devoti e gli ammiratori che a frotte<br />

giungono nella cittadina garganica la ve-<br />

Celebrate nella cattedrale di Reggio Calabria<br />

le esequie dell'Arcivescovo Antonio Mauro<br />

La Chiesa reggina ha celebrato la Liturgia esequiale<br />

per Mons. Antonio Mauro, Arcivescovo di<br />

Tagaste e suo figlio carissimo, morto a Roma<br />

domenica scorsa 9 dicembre.<br />

Quando qualcuno muore, la Chiesa, senza reticenze,<br />

proclama che la morte non è l'ultima<br />

parola pronunciata sulla vicenda umana. Lo fa<br />

celebrando il Divino Mistero Pasquale di Cristo.<br />

A Lui si associa, innalzando preghiere e suppliche,<br />

perché i suoi figli, incorporati nel Battesimo<br />

a Cristo, con Lui passino da morte a vita. Così è<br />

stato nel pomeriggio del 12 dicembre nella cattedrale<br />

di Reggio Calabria durante la liturgia<br />

esequiale del compianto Arcivescovo Antonio<br />

Mauro.<br />

Ha presieduto il rito il Metropolita Mons. Vittorio<br />

Mondello. Con lui, gli Arcivescovi reggini<br />

Mons. Giuseppe Agostino, Vescovo in Cosenza e<br />

Mons. Salvatore Nunnari, Vescovo in Sant'Angelo<br />

dei Lombardi. Numerosi erano anche i Presbiteri,<br />

i diaconi, i seminaristi. I parenti, commossi,<br />

avevano preso posto nella prima fila della navata<br />

centrale della basilica cattedrale.<br />

Mons. Antonio Mauro s'è accomiatato da questo<br />

mondo il 9 dicembre scorso a Roma, dove risiedeva<br />

da molti anni. Nato a Gallina di Reggio<br />

Calabria il 30 giugno 1914, fu ordinato presbitero<br />

nel luglio del 1939. Eletto Vescovo il 4 luglio<br />

1967, venne consacrato il 16 luglio dello stesso<br />

anno. Per lungo tempo è stato a capo dell'Ufficio<br />

del Protocollo della Segreteria di Stato della<br />

Santa Sede.<br />

Al servizio della Sede Apostolica ha ricoperto<br />

molteplici incarichi. Segretario della Congregazione<br />

per gli Istituti di vita consacrata, svolse delicati<br />

incarichi di carattere pastorale ed economico.<br />

In seguito fu nominato Presidente del Pontificio<br />

Consiglio per la pastorale dei non credenti,<br />

Amministratore Pontificio della Patriarcale Basilica<br />

di s. Paolo fuori le Mura, Delegato Pontificio<br />

della Basilica di s. Antonio in Padova.<br />

E tuttavia non ha mai dimenticato la Chiesa<br />

che lo ha introdotto nella Vita.<br />

È stato anche un assiduo lettore e sostenitore<br />

20; Lc 12,33), non soffermandoci<br />

soltanto sui<br />

valori che prima o poi si<br />

dissipano.<br />

La fede debole<br />

la fede matura<br />

La fede — se qualcuno<br />

veramente la possiede<br />

e la vive — è una<br />

grande cosa, è un grande<br />

tesoro, essa è in se<br />

stessa una forza di vita<br />

spirituale, proprio per il<br />

fatto che apre davanti a<br />

noi questa immensa prospettiva<br />

della vita, la totalità<br />

della vita; e di conseguenza<br />

ci trasforma,<br />

cioè necessariamente<br />

cambia il nostro modo<br />

di vedere le cose, di giudicare,<br />

di agire.<br />

Se noi siamo tanto deboli<br />

nella nostra vita spirituale,<br />

tanto poco trasformati<br />

dalla fede, tanto<br />

poco disposti a seguire<br />

Cristo in modo radicale,<br />

è anche perché nel<br />

nostro modo di vedere le<br />

cose, di giudicare, ci limitiamo<br />

solo a questa<br />

vita terrena, e perdiamo<br />

de L'Avvenire di Calabria. Pur ricevendolo a titolo<br />

gratuito, non ha mai voluto sottrarsi alla<br />

quota fissata per gli abbonati. Nel contribuire<br />

poi anche ad altre spese sostenute dall'organo<br />

diocesano si scherniva, sottraendosi ad ogni ringraziamento.<br />

All'omelia, il Vescovo Mondello ne ha tratteggiato<br />

la nobile figura. Avendolo conosciuto personalmente,<br />

in occasione delle sue visite in Vaticano,<br />

ne ha evidenziato la sensibilità d'animo, la<br />

cultura umana e presbiterale, i tratti di bonomia<br />

ed affabilità che affioravano specialmente nei<br />

momenti di maggiore intimità.<br />

Al dolore della Chiesa e dei familiari — ha<br />

detto — ha voluto partecipare il Santo Padre<br />

che ha inviato un telegramma. «Nell'apprendere<br />

la triste notizia della scomparsa dell'Ecc.mo Arcivescovo<br />

Mons. Antonio Mauro, partecipo spiritualmente<br />

al lutto che ha colpito codesta Comunità<br />

diocesana ed esprimo al presbiterio e a tutti<br />

i fedeli il mio profondo cordoglio».<br />

Il Presule reggino ha, poi, messo in evidenza<br />

quella che è stata la caratteristica saliente e silente<br />

dell'illustre Scomparso. Il suo amore per la<br />

Chiesa. Sia nella sua manifestazione universale.<br />

Sia nella, non meno cara al suo cuore, manife-<br />

appositamente costituito a San Giovanni<br />

Rotondo: successivamente fu scelta<br />

l'Opera di religione, alle dirette dipendenze<br />

della Santa Sede. Il Di Raimondo<br />

con altre personalità fu cooptato nel<br />

consiglio.<br />

Il Di Raimondo nel 1960 era ancora a<br />

Bari come docente in quella università.<br />

In un documento riservato traccia le linee<br />

ispirative di Padre Pio: «Presumibilmente<br />

a causa della partecipazione alle<br />

sofferenze di nostro Signore Gesù Cristo<br />

(che egli pare senta in misura particola-<br />

La chiesa romana di san Nicola in Carcere di vista la dimensione<br />

della globalità della nodono<br />

e la considerano come<br />

«un tempio» di terapia integrale,<br />

di cui Padre Pio è<br />

stato l'anticipatore, il «profeta».<br />

È quanto si legge nella<br />

recente opera di Francesco<br />

Di Raimondo, stretto<br />

collaboratore di Padre Pio<br />

per la parte medica: Padre<br />

Pio e Madre Teresa. L'esperienza<br />

di un collaboratore<br />

medico, Roma 2001, Edizioni<br />

Borla, pp. 170, L. 25.000,<br />

; 12,91.<br />

Il Di Raimondo è conosciuto<br />

negli ambienti medici,<br />

per essere stato docente<br />

nelle Università romane,<br />

comprese La Sapienza e la<br />

Cattolica. È pure perito della<br />

Congregazione per le<br />

cause dei santi. Conobbe,<br />

nei primi anni di docenza a<br />

Bari, Padre Pio e non si se-<br />

La Casa sollievo della sofferenza<br />

— Cambia in noi la scala dei valori, stra vita, prospettataci dalla fede. parò mai da lui, tanto fu conquiso dal re), si può pensare che il centro di inte-<br />

la graduazione dei valori: molte cose alle<br />

quali la gente è tanto attaccata (ad es.<br />

la ricchezza, il potere, il prestigio) perdono<br />

il loro valore alla luce dell’eternità;<br />

invece altre, apparentemente piccole<br />

(come il perdono, la preghiera, il sacrificio,<br />

un atto di carità, ecc.), assumono<br />

grande importanza, perché queste determineranno<br />

la nostra vita nella prospettiva<br />

eterna. Gesù costantemente introduceva<br />

i discepoli a questa nuova scala o<br />

logica dei valori, ad es. dicendo: «colui<br />

che vorrà diventare grande tra voi, si farà<br />

vostro servo, e colui che vorrà essere<br />

il primo tra voi, si farà vostro schiavo;<br />

appunto come il Figlio dell’uomo, che<br />

non è venuto per essere servito, ma per<br />

servire e dare la sua vita in riscatto per<br />

molti» (Mt 20,26-28; cfr Mc 10,43-45; Lc<br />

22,26-27). Oppure: «Chi ama la sua vita<br />

la perde e chi odia la sua vita in questo<br />

mondo, la conserverà» (Gv 12, 25). Oppure<br />

nell’odierno Vangelo: «Beati i poveri<br />

in spirito... Beati gli afflitti... Beati i<br />

perseguitati... ».<br />

— Diventiamo più liberi, perché non<br />

ci lasciamo condizionare dalle piccolezze<br />

della vita terrena.<br />

— Così la fede diventa anche una<br />

fonte di forza, rendendoci capaci: a) di<br />

rinunziare a molte cose della vita terrena,<br />

conoscendo il loro valore molto relativo;<br />

b) di affrontare con serenità, con<br />

tranquillità, le sofferenze, gli ostacoli e<br />

perfino la morte, rendendoci conto che<br />

la nostra vita è indistruttibile; c) di intraprendere<br />

sforzi per guadagnare i valori<br />

eterni, perenni, indistruttibili, quelli<br />

cioè che non si perdono, che «né tignuola<br />

né ruggine consumano e ladri<br />

non scassinano e non rubano» (Mt 6,19-<br />

Ho l’impressione che noi cristiani<br />

spesso ci comportiamo come pagani che<br />

esteriormente appoggiano la fede, che si<br />

pronunziano in favore della fede, perfino<br />

la difendono, ma non hanno il coraggio<br />

di gettarsi nella corrente della fede,<br />

di pensare e di agire secondo le categorie<br />

della fede. Ma la vera avventura della<br />

fede comincia proprio là, quando ci<br />

buttiamo nella corrente della fede, quando<br />

cominciamo a pensare ed agire coraggiosamente<br />

secondo la logica della<br />

fede.<br />

Questa fu proprio l’avventura della fede<br />

di San Nicola e del resto di tutti i<br />

santi.<br />

Conclusione<br />

Oggi tanto si parla della crisi della fede<br />

in Europa, in Italia. Dobbiamo rafforzare<br />

la nostra fede. Sappiamo bene<br />

che la fede può crescere in noi, può anche<br />

diminuire, può perfino sparire a<br />

causa della nostra negligenza. Ciascuno<br />

è responsabile per la propria fede.<br />

Bisogna coltivare la fede affinché cresca<br />

in noi. La fede si rafforza con la<br />

preghiera, con i sacramenti, con la parola<br />

di Dio, ma forse soprattutto con la<br />

vita secondo le esigenze della fede. Oggi<br />

nella seconda lettura (Giac 2,14-26) abbiamo<br />

sentito le parole di san Giacomo:<br />

«La fede, se non ha le opere, è morta in<br />

se stessa». Sì, la fede può vivere e crescere<br />

soltanto operando.<br />

Preghiamo San Nicola che ci aiuti a<br />

crescere nella fede, perché, come scrive<br />

San Giovanni Apostolo, «Questa è la vittoria<br />

che ha sconfitto il mondo: la nostra<br />

fede» (1 Gv 5, 4).<br />

suo fascino di santità da coinvolgersi<br />

nella realizzazione dell'opera.<br />

Mostra e conferma di essere stato testimone<br />

di molte vicende della vita di<br />

Padre Pio. Anche di quelle più «critiche»,<br />

di cui parla con discrezione e quasi<br />

sempre in termini giustificativi, dando<br />

ad esse una interpretazione il più possibile<br />

oggettiva e aderente alla personalità<br />

di Padre Pio sempre disponibile all'obbedienza<br />

ai superiori religiosi ed ecclesiastici.<br />

In questo quadro ermeneutico considera<br />

la visita di padre Agostino Gemelli<br />

al convento di San Giovanni Rotondo<br />

e quella di Mons. Carlo Maccari, quale<br />

visitatore apostolico.<br />

Quello che più sta a cuore al Di Raimondo<br />

è l'opera voluta da Padre Pio: la<br />

Casa sollievo della sofferenza. Forse è<br />

uno dei pochi a narrarne con cognizione<br />

di causa.<br />

Infatti l'ha seguita nella fase progettuale,<br />

nella fase «francescana» e poi nella<br />

fase di realizzazione e in quella di piena<br />

attività. Padre Pio coltivava, chissà<br />

da quanto tempo, il progetto di erigere<br />

vicino al suo convento nella roccia garganica<br />

una struttura sanitaria modello<br />

per guarire le malattie fisiche con un<br />

trattamento «integrale», nello spirito del<br />

buon Samaritano del Vangelo. Il servizio<br />

sanitario da rendersi agli ammalati<br />

doveva brillare oltre che per competenza,<br />

per umanità, altruismo, carità.<br />

Il punto nodale da risolvere era chi<br />

doveva essere il «titolare». Padre Pio appartiene<br />

all'Ordine Cappuccino il quale<br />

fa professione di povertà. Quindi né lui<br />

né il suo Ordine potevano esserlo. Si<br />

pensò alla fraternità del Terzo Ordine<br />

Francescano di santa Maria delle Grazie<br />

resse di Padre Pio siano le sofferenze degli<br />

uomini: di qui l'idea della Casa sollievo<br />

della sofferenza che, a giudizio di<br />

eminenti clinici, corrisponde al moderno<br />

concetto di accostamento, diagnostico e<br />

terapeutico, all'intera persona umana<br />

del malato, considerato un tutto unico<br />

sofferente».<br />

«Circa il funzionamento della Casa —<br />

precisa il Di Raimondo — ho sempre<br />

avuto l'impressione che il momento più<br />

critico non fosse costituito dalla sua costruzione,<br />

dall'attrezzatura sanitaria e,<br />

fino ad un certo punto, dallo stesso personale<br />

sanitario, quanto dalla creazione<br />

di un ente che continuasse, nel tempo,<br />

il pensiero, le intenzioni e lo spirito di<br />

chi ha concepito quest'opera. Una tale<br />

preoccupazione si può pensare sia molto<br />

viva nella Santa Sede, dal momento che<br />

lo stesso Pio XII, di venerata memoria,<br />

si degnò di studiare (a quel che si dice,<br />

personalmente) l'attuale formula giuridica<br />

del TOF».<br />

Aggiunge questo particolare: «Padre<br />

Pio appare gestire questo tempo di prova<br />

con totale sottomissione al Signore e<br />

alla Chiesa, ma insieme anche con la<br />

consapevolezza paolina di una verità<br />

che si fa nella carità». Il Di Raimondo<br />

insiste sul carisma fondativo di Padre<br />

Pio: «Il rischio — scrive — che possono<br />

correre tutti coloro cui è mancata la<br />

grazia di una conoscenza diretta di Padre<br />

Pio è quello di ammirare e sostenere<br />

la Casa sollievo della sofferenza senza<br />

cogliere il significato autentico dell'opera:<br />

tradurre cioè un'ispirazione di antica<br />

data in caratteristiche edilizie ed operative<br />

particolari». Per il Di Raimondo è<br />

necessario approfondire il carisma. Af-<br />

stazione locale. Un amore intessuto di laboriosa<br />

collaborazione ed abnegazione. In qualsiasi incarico<br />

gli sia stato affidato.<br />

A pregare per lui è venuto da Roma il suo affezionato<br />

segretario Don Alberto Fusi, della famiglia<br />

dei Paolini. Richiesto di dettare un pensiero,<br />

ha detto: «Ascoltando l'omelia, posso dire<br />

che l'Arcivescovo ha messo in risalto l'aspetto<br />

davvero essenziale della vita dell'Arcivescovo Antonio<br />

Mauro. Quello dell'amore alla Chiesa.<br />

«Un amore che si è concretizzato nel servizio<br />

lunghissimo alla Santa Sede. È entrato in Segreteria<br />

di Stato, mi pare, già ai tempi di Pio XI. È<br />

vissuto, fino alla veneranda età di 87 anni, sempre<br />

nella dedizione assoluta, senza riserve, al<br />

servizio della Santa Sede, al servizio della persona<br />

del Papa.<br />

«Qualunque sia stato il successore di Pietro lui<br />

lo ha amato tantissimo e lo ha servito con vero<br />

zelo sacerdotale ed episcopale».<br />

«Ha nutrito — ha aggiunto ancora il suo antico<br />

segretario — un grandissimo amore per la<br />

sua Chiesa di Reggio. Di questo sono testimone.<br />

Sovente andava col pensiero ai suoi anni in seminario<br />

a Reggio dove ha appreso un grandissimo<br />

amore per lo studio, per la teologia.<br />

«Un grandissimo amore — ha proseguito — lo<br />

ha riservato alla sua Diocesi, alla sua terra. Un<br />

amore che, come ha messo in rilievo l'Arcivescovo,<br />

ha sempre custodito. Sovente mi informava<br />

di quanto avveniva nella Chiesa di Reggio e, in<br />

genere, nella Chiesa calabra. Penso che sia davvero<br />

un degno figlio di questa Chiesa. A me fa<br />

piacere anche perché so che di qui è passato l'Apostolo<br />

Paolo e proprio Mons. Mauro fu amministratore<br />

pontificio della Basilica dell'Apostolo<br />

delle genti. Potremmo dire: viveva tutti i giorni<br />

all'ombra della tomba dell'Apostolo.<br />

«L'Apostolo benedica questa Chiesa, la renda<br />

sempre feconda nel suo servizio a Dio e all'uomo,<br />

le dia tante sante vocazioni sulla scia di<br />

questo figlio eletto che corona, così, la sua esistenza».<br />

ANTONINO VILLANI CONTI<br />

ferma: «Pare che neppure oggi si possa<br />

dire definitivamente delineata, nelle sue<br />

componenti, quella che appare lecito<br />

identificare come una chiamata personalizzata<br />

del Signore, all'interno della vocazione<br />

sacerdotale e francescana di Padre<br />

Pio. Per questo, a mio avviso, sarebbe<br />

indispensabile un contributo specifico<br />

e interdisciplinare che evidenziasse sempre<br />

meglio quello che appare in Padre<br />

Pio, l'intreccio originale del suo immergersi<br />

nella duplice fragilità, quella della<br />

sofferenza e quella del peccato: un ap-<br />

proccio che si trasforma in<br />

servizio, solo apparentemente<br />

duplice, ma che in<br />

realtà si fa uno, a somiglianza<br />

di quello stesso di<br />

Cristo». Proiettandosi nel<br />

futuro il Di Raimondo osserva:<br />

«Lo svilupparsi della<br />

Casa sollievo della sofferenza,<br />

come è nel mio vissuto<br />

di testimone e di collaboratore,<br />

terrà quindi sempre<br />

conto della matrice che ne<br />

è alla base, cioè la risposta<br />

del Fondatore al disegno<br />

salvifico complessivo nei riguardi<br />

di una umanità soggetta,<br />

appunto, a sofferenza<br />

e a peccato».<br />

Vede nel progetto di Padre<br />

Pio e nella sua opera fisica<br />

un'anticipazione di<br />

tempo dei mezzi a sostegno<br />

della vita. Mentre da una<br />

parte si sono fatti progressi enormi per<br />

sconfiggere la fame e curare malattie,<br />

da un'altra si assiste alla caduta verticale<br />

dei valori. Il suo giudizio è pure un<br />

monito: «Le soluzioni speculari estreme,<br />

dell'accanimento terapeutico e dell'eutanasia,<br />

escono infatti dal linguaggio tecnico<br />

per farsi scelte esistenziali sempre<br />

più ribelli al filtro etico: la morte diventa,<br />

per molti, un evento che si può liberamente<br />

“manipolare” per sfuggire ad<br />

una vita “dimezzata”, nella dimensione<br />

fisica come in quella psichica». Il Di Raimondo<br />

richiama i principi etici validi<br />

per combattere o attutire la sofferenza<br />

ma sempre nel rispetto della dignità e<br />

inviolabilità della persona, e rinviando<br />

alla prospettiva salvifica del dolore e della<br />

morte liberamente accettata nella luce<br />

della fede.<br />

Esprime un timore che vorrebbe<br />

smentito dai fatti: che in futuro possa<br />

attenuarsi lo spirito di servizio nella duplice<br />

dimensione delineata dal Fondatore<br />

per cui formula questa proposta: «Va<br />

data priorità ad una formazione di base<br />

e ad un aggiornamento ricorrente di tutto<br />

il personale, proprio per garantire,<br />

per quanto possibile, che alla raggiunta<br />

e nota eccellenza nell'assistenza medicoinfermieristica<br />

e nella ricerca biomedica,<br />

si accompagni un perfezionamento progressivo<br />

nel tradurre l'intuizione profetica<br />

del Fondatore in una risposta soddisfacente<br />

a tutte le attese dei sofferenti,<br />

ancheesoprattuttodi quelle inespresse».<br />

Il Di Raimondo ricorda e nomina i<br />

«grandi» benefattori iniziali della Casa<br />

della sofferenza: fra cui Guglielmo Sanguinetti,<br />

Angelo Lupi, Fiorello La Guardia;traipiùrecentiLuigiGeddae<br />

la consorte<br />

Linda che nel 1997 fecero dono all'Operadi<br />

Padre Pio dell'Istituto GregorioMendeldigeneticamedicain<br />

Roma.<br />

Giornata di studio<br />

al Seminario<br />

«Giovanni Paolo II»<br />

Nella Biblioteca «Angelo Gnemmi» del Seminario<br />

Filosofico Teologico Internazionale «Giovanni Paolo<br />

II» di Roma si è svolta, mercoledì 5 dicembre, la seconda<br />

Giornata Internazionale di studio sui «Cardinali<br />

di Santa Romana Chiesa, collezionisti e mecenati».<br />

Il ciclo, organizzato dall’Associazione Culturale<br />

Shakespeare and Company 2 e articolato in cinque<br />

incontri bimestrali comprendenti circa venti conferenze<br />

(i cui testi sono raccolti in cinque volumetti),<br />

presenta al pubblico i risultati inediti delle ricerche<br />

di studiosi italiani e stranieri, con l’intento di approfondire<br />

o rivalutare l’operato di importanti Porporati<br />

in favore dell’arte, spesso sulla scia della politica culturale<br />

propugnata dai grandi Papi.<br />

In questa Giornata, introdotta dal Rettore del Seminario<br />

Mons. Pietro Paracchini, è stata presentata<br />

dal Prof. Bram Kempers l’identificazione di un famoso<br />

ritratto di cardinale eseguito da Raffaello, ora al<br />

Prado. Il Dottor Arnold Witte ha poi spiegato l’iconografia<br />

del ciclo pittorico del Domenichino nell’Abbazia<br />

di Grottaferrata per il Card. Odoardo Farnese.<br />

Quindi la Dott.ssa Eliana Fileri ha esaminato la collezione<br />

scientifica del Card. Filippo Antonio Gualtieri.<br />

Al di là dell’interesse storico-artistico sottesa agli<br />

incontri è la volontà di una maggior comprensione<br />

della complessa natura del cardinalato, che etimologicamente<br />

è vero «cardine» intorno al quale ruota il<br />

funzionamento della Chiesa, «fulcro» su cui poggia il<br />

suo intero ordinamento liturgico e dottrinale, politico<br />

e spirituale nonché «cerniera» di raccordo e trasmissione<br />

fra chi governa dal Soglio e l’enorme ecclesia<br />

dei fedeli; ma anche condivisione degli oneri e<br />

delle responsabilità del primato pontificio sugli altri<br />

Vescovi, e infine ideale patriziato nel novero del clero:<br />

quest’ultimo ruolo si è concretato in particolare<br />

proprio nell’attività di committenza, di collezionismo<br />

e di mecenatismo di artisti, musicisti, letterati e istituzioni<br />

culturali, sempre all’insegna dell’espressione<br />

del senso del sacro, del resto intesa come una delle<br />

matrici fondamentali dell’arte stessa.<br />

MARCO GALLO

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