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L'OSSERVATORE ROMANO

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ERZA T PAGINA .<br />

PAGINA<br />

INCONTRI<br />

3 .<br />

<strong>L'OSSERVATORE</strong> <strong>ROMANO</strong> Sabato 1 Dicembre 2001<br />

Roberto Mussapi intervistato da Claudio Toscani<br />

La poesia: una traccia<br />

d'infinito nel finito della materia<br />

CLAUDIO TOSCANI<br />

M’avesse ricevuto nella sede dell’editrice milanese<br />

presso la quale dirige la collana «I Poeti»,<br />

forse avrei visto più libri, ma certamente meno<br />

«suoi». Invece, in un mediano riquadro di città,<br />

tra tachicardica eco del centro ed ecologico respiro<br />

di verde, sono a casa sua, in un personale<br />

e ordinatissimo atelier di libri e quadri, non una<br />

carta in movimento, non uno stacco tra voluminose<br />

memorie di titoli alle pareti e pittoriche<br />

pause cromatiche in cornice.<br />

Con Roberto Mussapi, scrittore-poeta, traduttore,<br />

saggista e drammaturgo, restauro un’amicizia<br />

antica anche se intermittente, al caldo d’un<br />

condominiale silenzio pomeridiano, mentre a un<br />

passo la città rugge nel suo già rigido autunno<br />

improvvisamente calato su un ottobre tiepido e<br />

mansueto.<br />

«Sono nato a Cuneo, nel ’52». Era benestante<br />

la famiglia Mussapi, padre assicuratore ben avviato,<br />

madre impiegata alla vecchia telefonica<br />

Stipel.<br />

Era venuto a Cuneo a tredici anni, il padre di<br />

Roberto, dalla Zara italiana, figlio a sua volta di<br />

un addetto alle poste trasferito da un Nord all’altro,<br />

uomo d’ordine, dunque, e non profugo, che<br />

si sarebbe risparmiata l’imminente tragedia<br />

istriana e che, l’originario cognome Mussap,<br />

avrebbe ben presto potuto italianizzare in Mussa-<br />

pi. Pacifica, provinciale,<br />

alacre e «sepolta dalla neve»<br />

nelle incandescenti invernate<br />

dell’infanzia: così<br />

Roberto Mussapi ricorda la<br />

sua Cuneo, dentro la bianca<br />

e immateriale bambagia<br />

mulinante lungo viali d’abeti,<br />

che già gli insinuava<br />

quel suo senso del fantastico,<br />

l’amore per la favola,<br />

la dimensione romanzesca<br />

dentro il lirismo d’una natura<br />

arcana e armoniosa.<br />

La Cuneo di Mussapi,<br />

però, più che una cisalpina<br />

città ai bordi di montagne,<br />

fu da sempre un centro a<br />

un’ora dal mare di Liguria<br />

e lui adolescente, e poi ragazzo,<br />

lui giovane e poi<br />

uomo maturo, fu — ed è<br />

— più frequente ritrovarlo<br />

a liquide latitudini, tra<br />

afrori salmastri e danzanti<br />

assoli di gabbiani, che non<br />

come innato e praticante<br />

sciatore.<br />

Così, viaggio dopo viaggio,<br />

e tunnel dopo tunnel,<br />

irruzioni nell’oscuro fianco<br />

dei monti e «turneriane» esplosioni di luce, eccolo<br />

a contare imbocchi e fuoriuscite mentre il padre<br />

insiste, con una sua ludica slealtà matematica,<br />

a confondergli i numeri intendendo svagargli<br />

la durata del viaggio.<br />

Affascinato fin dall'infanzia<br />

dal contrasto oscurità-chiarore<br />

Ma eccolo anche instillarsi inconsciamente in<br />

cuore quelli che poi saranno i suoi precipui temi<br />

tra oscurità e chiarore, luminosità e buio: categorie<br />

di una poetica che supera l’assenza nell’attesa,<br />

che si fa esperienza di vita più che esercizio<br />

assoluto, che lascia tracce comunicative più che<br />

ineffabili risoluzioni formali.<br />

In altri termini, una poesia che, anche se qua<br />

e là patisce il dileguare della luce e nel suo complesso<br />

vive fino in fondo l’angoscia dell’umana<br />

condizione, ha per suoi imperdibili fili d’Arianna<br />

albe di giorni e di speranze ulteriori, stelle intraviste<br />

in cieli notturni, lumi più o meno lontani<br />

ma certi, come certa è l’ubiqua risorsa della parola<br />

e della poesia di raggiungere il cuore del lettore.<br />

Cuneo ogni volta lasciata e ritrovata, prima<br />

della fuga verso la città grande; Cuneo amata nei<br />

suoi aspetti epici, resistenziali, anglo-piemontesi<br />

(come dire Fenoglio); Cuneo rifiutata nell’aristocratica<br />

e raffinata mimesi della «capitale» Torino.<br />

E quando le preferirà Milano, nessuna nostalgia<br />

né elegiache collosità affettive.<br />

Un’altra vita, e basta.<br />

Perché Mussapi, se n’è accorto lui stesso avanti<br />

negli anni, ha dentro di sé una polarità dai diversi<br />

topoi geografici: un magnetismo attrattivo<br />

tra Nord-Est del padre e del nonno e Nord-Ovest<br />

della madre e dei suoi, tra sogno bizantino e<br />

realtà occidentale, viaggio a Costantinopoli e incontenibile<br />

amore per gli inglesi.<br />

1958: prima elementare. Regali di quegli anni<br />

sono, al ricordo, la portentosa neve di Cuneo e i<br />

primi libri di lettura: versioni illustrate per bambini<br />

di noti capolavori. E se non gli piace né<br />

Cuore né Senza famiglia né le «piccole donne»<br />

che più o meno crescono nelle letture dei ragazzi,<br />

va matto, invece, oltre che per Pinocchio, per<br />

i grandi libri di mare (L’isola del tesoro e Capitani<br />

coraggiosi), nonché per Racconto di Natale,<br />

vale a dire per Stevenson, Kipling e Dickens.<br />

Avventure, insomma, non libri sentimentali o<br />

psicologistici, perché, oggi lo si capisce molto bene,<br />

la sfida al mare è sfida metafisica (e l’Achab<br />

che insegue la balena è l’uomo che va verso l’Oltre,<br />

verso il mito, mentre il ragazzo che cerca il<br />

tesoro cerca l’origine, l’età dell’eden, e quella<br />

dickensiana, infine, è una navigazione spirituale,<br />

è l’avventura dell’anima).<br />

Quando sarà la poesia l’avventura della sua vita<br />

e la parola si farà cosciente realizzazione del<br />

suo essere, Mussapi saprà eleggersi un proprio<br />

destino nella perenne ricerca dell’Inconoscibile,<br />

vera e propria res intensa della sua vita e della<br />

sua operazione creativa, senza dimenticarsi del<br />

tempo in cui vive, anzi, per cercare di agire sull’esistenza<br />

e sulla storia, su se stesso, sulla società,<br />

sul mondo.<br />

Tra terza e quinta elementare, gli anni dell’ancor<br />

piccolo Roberto sono sotto la straordinaria,<br />

memorabile tutela di uno di quei maestri che lasciano<br />

il segno.<br />

Motivo?<br />

È il maestro che legge, e fa leggere, Montale,<br />

Sbarbaro, Conrad, Steinbeck, Hemingway, ed altri.<br />

Anche al liceo Mussapi è fortunato, perché altri<br />

esemplari insegnanti lo formano sui classici latini<br />

e greci.<br />

È invece stranamente avara di maestri, sempre<br />

occupata da contestazioni e noncurante di esami<br />

senza debita frequenza, la Facoltà di Lettere cui<br />

Mussapi si iscrive all’Università di Torino. Niente<br />

docenti carismatici e al loro posto rapporti stretti<br />

con intellettuali d’altre materie: Claudio Gorlier,<br />

ad esempio, insigne anglista; Gian Renzo Morteo,<br />

storico del teatro; Sergio Givone, assistente<br />

di Gianni Vattimo, filosofo estetico.<br />

Ormai si aprono le porte della vita: la laurea;<br />

le letture del cuore (e della mente), tipo Yeats,<br />

Eliot, Pound, Dylan Thomas e Montale; spettacoli<br />

teatrali da tutto il mondo (Living Theater, Jerzy<br />

Grotowski, Peter Brook) e dunque non solo<br />

italiani; gli incontri fondamentali (Luzi, Caproni,<br />

alcunché, non ne è in grado, non ha scritto nulla<br />

sino a quell’istante, ma concettualmente è già in<br />

aperta opposizione a quel nichilismo linguistico,<br />

a quella liquidazione aprioristica della poesia e<br />

dell’arte, in nome di un progetto che ha nell’anima<br />

e nelle forme, nel valore etico ancor prima<br />

che estetico del bello la sua pietra angolare.<br />

Dice Mussapi d’essersi fatto, in quel tempo,<br />

dei masters alternativi: «Elaboravo un pensiero<br />

poetico per conto mio, finché gli incontri con i<br />

sodali di «Niebo» mi perfezionarono la convinzione,<br />

che già maturavo, della possibilità di riproporre<br />

un’idea di poesia complessa, non nostalgica,<br />

non conservatrice, ma inserita nella grande<br />

tradizione italiana occidentale, comprendente anche<br />

i propri rinnovamenti. «Era la non perenta<br />

poetica dell’ermetismo che veniva riconsiderata e<br />

rielaborata, grazie anche alle frequentazioni di<br />

Luzi e Bigongiari, veri e propri punti di riferimento,<br />

nonché di Caproni e di Bertolucci.<br />

Ciò che Mussapi cerca è il ritorno della poesia<br />

ai suoi valori di sempre: non una stanca ripetizione<br />

di canoni, tuttavia, bensì la ripresa della<br />

tradizione per rinnovarla dall’interno di una<br />

esperienza che torna a confrontarsi con i grandi<br />

temi della vita, dell’amore, della morte, della natura<br />

e della meditazione.<br />

A differenza di altri poeti della sua generazione<br />

che pur tuttavia sono d’accordo con lui sul da<br />

farsi in quel preciso momento storico di devastante<br />

tabula rasa (e pensa a De Angelis come<br />

immediato termine di confronto, perché l’amico<br />

Roberto Mussapi è nato a<br />

Cuneo nel 1952, si è laureato<br />

in lettere a Torino nel 1977.<br />

Dal 1982 vive a Milano dove<br />

dirige la collana «I poeti» per<br />

la casa editrice Jaca Book. È<br />

stato redattore della rivista<br />

«Niebo» e svolge un'intensa<br />

attività di traduzione (Beckett,<br />

Bonnefoy, Byron, Emerson,<br />

Heaney, Keats, Marlowe,<br />

Melville, Schelley, Shakespeare,<br />

Stevenson, Thomas,<br />

Whitman, Walcott).<br />

Le raccolte poetiche di<br />

Mussapi sono: I dodici mesi<br />

(Milano, Guanda, 1979); Il<br />

sonno di Genova (Riva del<br />

Garda, Tosadori, 1981); La<br />

gravità del cielo (Milano, So-<br />

Bigongiari e Bertolucci,<br />

ma anche Mino De Angelis<br />

e Paolo Conte e la rivista<br />

«Niebo»); le prime esperienze<br />

di lavoro presso il<br />

padre assicuratore e poi la<br />

scelta editoriale (che d’acchito<br />

sarà l’ufficio stampa<br />

di Cappelli a Bologna, ma<br />

poi, presto, a Milano la Jaca<br />

Book).<br />

Negli anni antistanti la<br />

conclusione dell’università,<br />

e subito dopo, rivelatosi<br />

ormai ai suoi occhi e al<br />

suo animo il mondo della<br />

poesia, Mussapi comincia<br />

col provare, sia pure inizialmente<br />

guardandola con<br />

liceale curiosità e qualche<br />

linea di fascino, una profonda<br />

insoddisfazione per<br />

l’allora dominante ideologia<br />

letteraria del «Gruppo<br />

’63», la neoavanguardia<br />

poetica impegnata in uno<br />

sperimentalismo oltranzistico<br />

alquanto irresponsabile<br />

e del tutto irrazionale.<br />

Non è ancora il momen-<br />

to, per lui, di contrapporvi<br />

cietà di poesia-Jaca Book, 1984, che include anche le prime due<br />

raccolte); Luce frontale (Milano, Garzanti, 1987; Milano, Jaca Book,<br />

1998); Gita meridiana (Milano, Mondadori, 1990); l'autoantologia,<br />

Poesie 1979-1993 (Porretta Terme, I Quaderni del Battello Ebbro,<br />

1993); Racconto di Natale (Parma, Guanda, 1995); La polvere e il<br />

rimane convinto della necessità che i versi restino<br />

oscuri e vaticinanti), Mussapi è invece del parere<br />

di aumentare il tasso di comunicatività della<br />

poesia.<br />

Egli vuole composizioni capaci di una leggibilità<br />

istintiva, in grado di giungere subliminalmente<br />

al lettore non specialistico, anche se il lettore intellettuale,<br />

o più esercitato, il letterato o il critico,<br />

possono poi continuare nel sondaggio dei significanti<br />

e dei significati.<br />

Il principio estetico<br />

del «correlativo oggettivo»<br />

Che la poesia possa essere qualcosa di decifrabile<br />

soltanto da iniziati, è un concetto destinato a<br />

rimanergli estraneo, lontano.<br />

«Per me era fondamentale la lezione del “correlativo<br />

oggettivo”».<br />

Ora, si sa che questa era la formula che peculiarmente<br />

esprimeva la poetica di Eliot. Perché la<br />

sola maniera di dire un’emozione nelle forme<br />

dell’arte stava, per lui, nel trovare un’«obbiettività<br />

correlativa», vale a dire una serie di oggetti,<br />

una situazione, una catena di eventi capaci di<br />

rendere uno stato d’animo. In altri termini: l’equivalente<br />

concreto dell’immaterialità del sentimento.<br />

Che Pascoli, Gozzano, Sbarbaro, già avessero<br />

praticato una «poetica dell’oggetto», era pur vero.<br />

Ma i giovani come Mussapi avevano Montale<br />

come «principe» del pensiero appercepibile (e, se<br />

bene apprendo, Mussapi mi sillaba un sensus<br />

-ROBERTO MUSSAPI-<br />

Una veduta di Cuneo, città natale di Roberto Mussapi<br />

fox, che sta a sintetizzare la poetica «dissimulazione»<br />

del sentire).<br />

E Montale, infatti, aveva dissimulato il «male<br />

di vivere» correlandolo oggettivamente con «il rivo<br />

strozzato che gorgoglia», con «l’accartocciarsi<br />

della foglia», con «il cavallo stramazzato».<br />

Dunque la poesia.<br />

Ma anche la vita.<br />

Mussapi, s’è detto, deve lavorare, e inizia col<br />

padre, ma dopo un anno (aveva fatto con lui una<br />

sorta di patto sabbatico, chiedendogli di mantenerlo<br />

per un periodo, finché avesse trovato la<br />

sua strada); dopo un anno, si diceva, accetta<br />

l’ufficio stampa dell’editore bolognese Cappelli.<br />

«Anche se — sostiene ora — mi costò metà<br />

della mia vita». Sposatosi nell’81, arrivano anni<br />

di maggiore tranquillità, di respiro.<br />

Anche nei riguardi della poesia, se mi ricorda<br />

l’aneddoto del viaggio di nozze in cui la moglie<br />

gli porge un libro di Dylan Thomas nell’intento<br />

di fargli piacere. E invece lo getta nel panico.<br />

Dylan Thomas è troppo bravo e lui teme di farsi<br />

influenzare. Dal confronto-paura esce però qualche<br />

mese dopo: il miracolo s’è compiuto e ora<br />

sente dentro di sé una lingua piena, una luce<br />

frontale (giusto il titolo d’una sua raccolta), un lirismo<br />

forte, intenso, visionario.<br />

Da quel momento sente di essere in grado di<br />

non obbedire più a nessuno, né ad amici, né a<br />

consiglieri, né a critici. Chiede un giorno, in<br />

viaggio, alla moglie, se ha<br />

portato un libro di Dylan<br />

Thomas. No, non c’è, non<br />

l’ha preso, dall’altra volta<br />

non ci prova più. Ma non<br />

ha importanza, quello che<br />

doveva compiersi si è compiuto.<br />

La perentorietà conclusiva<br />

dell’atto poetico, se ha<br />

giustificato il tempo dell’attesa,<br />

dello studio, della ricerca,<br />

così ora esige il sigillo<br />

della propria matrice,<br />

del proprio significato, del<br />

senso e della natura della<br />

propria presenza, della<br />

compiutezza del proprio<br />

linguaggio.<br />

Mussapi ha avvertito il<br />

dono di percepire l’essenza<br />

del suo linguaggio: la ragione,<br />

l’energia, la meraviglia<br />

della sua poesia, la sua<br />

traccia d’infinito nel finito<br />

della materia del mondo.<br />

Partito, nella prima fase<br />

del suo lavoro, a ridosso di<br />

una linea neo-orfica ispirata<br />

da una irrinunciabile<br />

tensione mistica e mitica,<br />

Mussapi ha, in parallelo, sostanziato i suoi versi<br />

di un linguaggio alto e solenne.<br />

Giunto ben presto, con Gita meridiana (1990),<br />

alla sua maturità espressiva e concettuale, la sua<br />

mitologia si tinge di contemplazione di un mondo<br />

perduto, un paesaggio di rovine che cresce a<br />

tutt’oggi in proiezione planetaria.<br />

Dal mito alla storia, anche la parola si fa meno<br />

solenne, più quotidiana e parlata. Dalla trascendenza<br />

alla terra, anche la sua tematica cambia,<br />

la religiosità si fa ancor più desiderata, il mistero<br />

si insinua fra sogno e veglia, la fede è una<br />

inesausta riconquista.<br />

La verità dell’inizio è la stessa di quella della<br />

fine, aveva detto in un verso dell’87, ma la fine<br />

può essere ogni momento.<br />

Tocca registri drammatici la sua poesia, spesso,<br />

e riflessioni sul senso del tempo, polvere per<br />

l’uomo, fuoco dell’essere. E rivolgendo lo sguardo<br />

anche a civiltà diverse da quelle occidentali,<br />

in ossequio a quella attrazione tra i poli del mondo<br />

di cui si parlava all’inizio, sperimenta latitudini<br />

inedite dello spirito universale.<br />

E ogni volta, via via che i titoli delle raccolte<br />

aumentano e le esperienze da poetiche si fanno<br />

narrative, teatrali, saggistiche, di traduzione e di<br />

promozione editoriale, Mussapi si conferma nella<br />

sua figura di intellettuale la cui parola è investita<br />

di un compito testimoniale e creaturale.<br />

Il suo multiforme lavoro si è assunto l’ufficio<br />

di tramandare, di attestare, di affidare alla pro-<br />

fuoco (Milano, Mondadori,<br />

1997); Antartide (Parma,<br />

Guanda, 2000); Il racconto del<br />

cavallo azzurro (Milano, Jaca<br />

Book, 2000); Lo stupore del<br />

fuoco e della neve (Milano,<br />

Salani, 2001 [per ragazzi]).<br />

Come autore teatrale ha<br />

pubblicato diversi drammi in<br />

versi e in prosa: Villon (1989);<br />

Voci dal buio (1992); Teatro<br />

di avventura e amore (1994);<br />

La grotta azzurra (1999),<br />

tutti editi a Milano da Jaca<br />

Book.<br />

Del 1989 è il radiodramma<br />

L'olandese volante (Roma,<br />

Rai-Eri). È autore inoltre del<br />

romanzo Tusitala (Milano,<br />

Leonardo, 1990), di due ro-<br />

manzi per ragazzi e di un'opera saggistica: Il centro e l'orizzonte<br />

(Milano, Jaca Book, 1985).<br />

Mussapi sta attualmente riscrivendo le fiabe italiane dell'«Archivio<br />

Salani», di cui sono usciti i primi tre volumi. Imminente l'uscita<br />

del saggio L'avventura della poesia, (Jaca Book).<br />

pria voce il senso etico e collettivo di un percorso<br />

da compiere, di un destino da nominare.<br />

Qui siamo al momento fondativo della creatività<br />

di Mussapi, sia che egli si dedichi alle poesie<br />

singole o al dettato poematico, al commento critico<br />

o alla drammaturgia. Sia che traduca poeti<br />

d’altre terre (Caraibi e Africa, in particolare, ma<br />

con visione planetaria, comunque, e mai meramente<br />

esotica, come miniera di anime e di naturale<br />

religiosità), sia che sveli voci nuove italiane<br />

(come Alessandro Ceni, ad esempio) per la prestigiosa<br />

collana che dirige alla Jaca Book.<br />

La realtà fenomenica, scissa dalla propria matrice,<br />

esaurisce in se medesima il proprio significato.<br />

Lo stesso linguaggio poetico, suscitativo di<br />

fatto, ma anche per suo inalienabile fato, avrebbe<br />

nient’altro, riguardo ad essa realtà, che un<br />

compito eminentemente esplicativo e conchiuso,<br />

facile e facilmente assolvibile. Ma il reale non<br />

che è la pallida ombra del vero e la poesia, che<br />

della verità è sorella, ne rimarca ogni volta la<br />

mancata corrispondenza e cerca nell’esistere la<br />

virtualità metafisica dell’essere.<br />

Non che Mussapi dimentichi di accogliere e riflettere<br />

il senso della terra (al recente convegno<br />

di «Letture» sulla poesia ha testualmente affermato<br />

che i più grandi poeti sono quelli profondamente<br />

storici): ma il soffio tellurico del mondo,<br />

la persuasione fisica della materia e la vertigine<br />

dell’esistenza, i gesti dell’uomo e la sua azionisti-<br />

ca pienezza, non vietano al<br />

verbo poetico che li ospita<br />

e li rispecchia, e rispecchiandoli<br />

li valuta, di iscriversi<br />

in un ordine spirituale,<br />

in un tempo inviolabile,<br />

in una musica infinitesima<br />

ed infinita: restando linguaggio<br />

dell’uomo, certo,<br />

concreto di accenti e di sonorità,<br />

di figure e di immagini,<br />

di tropi e di metafore,<br />

ma proprio per questo<br />

conscio di una sua sempre<br />

precaria ricerca di imperfettibile<br />

significazione.<br />

Questa prossimità differita<br />

della parola poetica che<br />

apre alla trascendenza è in<br />

Mussapi presente in momenti<br />

di rapimento che,<br />

ben s’intende, non sono<br />

pensabili sotto il segno del<br />

misticismo (per lui è difficile<br />

fare poesia all’interno<br />

di questa superiore esperienza).<br />

Lui confessa piuttosto<br />

di stabilire momenti<br />

di adesione, congiungimento<br />

(«combaciamento», mi<br />

dice in realtà) con qualco-<br />

sa o Qualcuno che lo fa uscire provvisoriamente<br />

dalla sua dimensione spazio-temporale quotidiana<br />

per poi riaccompagnarcelo mutato ad evento<br />

avvenuto.<br />

Un’uscita «amorosa», insomma, verso alcuni<br />

momenti o elementi della vita (dall’istante alla<br />

durata, dalle cose agli uomini) che si realizza in<br />

forma di grande partecipazione, di grande affinità,<br />

solidarietà, passione.<br />

Testimone della necessità<br />

di «compassione» tra gli uomini<br />

Una felicità che spesso gli è impossibile tradurre<br />

in pagina, benché ci provi e ci riprovi, e allora<br />

scrive per testimoniare la sua necessità di «compassione»<br />

(in senso etimologico) tra gli uomini,<br />

così come tra le cose.<br />

Presa da questa tensione, la poesia diventa un<br />

che di emblematico, di altamente rappresentativo<br />

dell’essenza dell’uomo, giusto perché parla di verità<br />

immateriali, astoriche, dello Spirito.<br />

«La poesia ha in sé l’ossimoro dell’essere umano<br />

— mi spiega infine Mussapi — che è il miracolo<br />

dell’Incarnazione». Il poeta moderno ha allora<br />

il compito di proseguire, con gli strumenti<br />

che ha, come può e come è, la promessa di Cristo,<br />

obbedendo alla divinità che è nell’uomo (natura<br />

attuata dallo Spirito) e promuovendone la liberazione<br />

finale.<br />

Protesa verso la Grazia, la poesia di Mussapi è<br />

però consapevole dei cruciali impedimenti del<br />

destino terreno, della miseria temporale dell’uomo,<br />

della sua incombente mortalità. Ma la rovescia<br />

in una residua speranza segreta, nel dato antico<br />

e sempre inatteso della Rivelazione, che comunque<br />

oltrepassa ogni sia pur smisurata misura<br />

dell’umana speranza.<br />

Così, non può che cercare il sublime della forma,<br />

tendere al massimo grado della sua perfezione<br />

stilistico-linguistica e strutturale. L’argine di<br />

distanza tra destino e Grazia obbliga la poesia a<br />

rinascere, a rivendicare un senso al mondo, a resistere<br />

al nulla, a tergere il sangue morto della<br />

storia di fronte a quello resurrettivo di Cristo.<br />

Questo per la sua poesia.<br />

E per quella dei giovani poeti italiani, che dice<br />

Mussapi dal suo privilegiato osservatorio editoriale?<br />

Dice che la lezione dei grandi maestri prosegue<br />

e proseguirà in nuove forme.<br />

Che c’è speranza, insomma.<br />

Che nonostante l’ultima avanguardia abbia<br />

procurato alla poesia un danno incalcolabile (la<br />

gente non «compra» poesia perché teme ancora<br />

oggi che la poesia sia «quella»), i giovani che vi<br />

si dedicano sono ricchi, ricchi dentro ovviamente,<br />

e sanno andare verso nuovi orizzonti di dicibilità,<br />

di narratività, di recupero della liricità come<br />

esperienza totale.<br />

«Un poeta è la quintessenza di un uomo», ricordo<br />

di aver letto da Mussapi.<br />

Ma anche che la sua poesia, lui, la preferirebbe<br />

letta all’ombra di una cattedrale.

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