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ITALIA<br />
PAGINA<br />
MILANO<br />
Santa Messa di mezzanotte in Duomo, Celebrazione eucaristica<br />
«dell’aurora» con i detenuti, solenne Pontificale ancora in Cattedrale:<br />
così, rispettando la tradizione degli anni scorsi, il Cardinale Carlo<br />
Maria Martini, Arcivescovo di Milano, ha celebrato la solennità del<br />
Natale del Signore, il primo del nuovo millennio. E lo ha fatto mentre<br />
in tutta la diocesi ambrosiana tantissimi fedeli seguivano le liturgie<br />
nelle diverse parrocchie, sovente accompagnate da veglie o da<br />
«presepi viventi», e dovunque dalla raffigurazione della Natività nel<br />
Presepio.<br />
Nella Messa di mezzanotte l'Arcivescovo ha voluto sottolineare il<br />
legame spirituale con tutta la Chiesa, in particolare con quella in<br />
Terrasanta: il Porporato infatti ha fatto ingresso processionalmente<br />
in Duomo portando in braccio una statuetta del Bambino Gesù, «un<br />
gesto che si compie ogni notte di Natale a Betlemme, con il Patriarca<br />
latino di Gerusalemme». Non solo. L’effigie del Bambino era preceduta<br />
da una lanterna con una fiammella proveniente proprio da<br />
Betlemme, poi collocata davanti all’altare.<br />
«È una luce — ha spiegato il Cardinale — attinta pochi giorni fa<br />
dalla lampada che arde presso il luogo della Natività, nella grotta<br />
sotto la basilica di Betlemme, a fianco della grande stella d’argento<br />
dove hanno sostato in preghiera tanti e anche il Papa. Mani amiche<br />
di giovani scout hanno attinto la luce da quella lampada e l’hanno<br />
portata a Milano. Noi siamo strettamente uniti a Betlemme, a ciò<br />
che essa rappresenta per la storia dell’umanità, con le gioie che ne<br />
sono derivate a seguito della nascita del Messia, uniti a tutte le sofferenze<br />
che questa città rappresenta, fino ad essere oggi una città<br />
simbolo dei conflitti che insanguinano la terra di Gesù e tante altre<br />
regioni del mondo».<br />
«Tutto questo ci ricorda che stiamo vivendo quest’anno un Natale<br />
un po’ diverso dagli altri — ha aggiunto il Porporato —. Un Natale<br />
nel quale, come si è espresso il Papa, “nubi oscure si addensano sull’orizzonte<br />
del mondo”. Un Natale in cui la notte fisica di queste ore<br />
si fa simbolo di una notte spirituale... Ma è proprio in una notte come<br />
questa che nasce Gesù salvatore».<br />
Il Card. Martini ha proseguito la riflessione commentando il brano<br />
del Vangelo di Giovanni, proposto dalla liturgia, così come ha<br />
fatto poche ore dopo, nel carcere di Opera, parlando del passo del<br />
Vangelo di Luca, nel quale i pastori si dicono l’un l’altro: «Andiamo<br />
fino a Betlemme», dove si trova la piccola luce che salva!; la luce vicino<br />
a Maria Santissima, guardando la quale «impariamo a incontrare<br />
Gesù là dove è: non nell’illusione di<br />
una pace a buon mercato, non nelle<br />
grandi manovre della storia, ma nella<br />
realtà umile della nostra vita».<br />
Nel Pontificale in Duomo, poi, l’Arci-<br />
vescovo è tornato a parlare del «mistero<br />
fontale, cioè origine e fonte di tutti i misteri<br />
storici, che è quello dell’incarnazione<br />
del Figlio di Dio». Di fronte a Lui «il<br />
piccolo appare spesso più importante<br />
del grande» e «ciò che sembra solitudine<br />
e umiliazione sulla terra può essere<br />
grande e glorioso in cielo».<br />
«Ci accorgiamo così — ha aggiunto il<br />
Porporato — che entriamo a poco a poco<br />
in una “teologia e antropologia cristiana”,<br />
cioè in un nuovo modo di capire<br />
Dio e l’uomo. Dobbiamo abituarci a<br />
guardare Dio come colui che è ordinariamente<br />
dalla parte del più piccolo e<br />
del più povero».<br />
Anche sant’Ambrogio, spiegando le<br />
pagine della Sacra Scrittura, ci fa scoprire<br />
qualcosa sul mistero di Dio e dell’uomo.<br />
«Prendiamo coscienza allora —<br />
ha detto ancora il Cardinale Martini —<br />
di non essere soli e abbandonati nel<br />
cammino della vita e sentiamo di poter<br />
guardare in faccia senza eccessivo terrore<br />
e affanno gli eventi dolorosi di questi<br />
mesi e quelli che forse ci attendono. Il<br />
Signore è con i più poveri e dona loro<br />
salvezza, vincendo l’ingiustizia della<br />
morte. Ne segue come dono proprio del<br />
Natale il dono della gioia e della pace<br />
che auguro a tutti voi. Non esteriori, superficiali,<br />
effimere, ma — ha concluso<br />
— la gioia e la pace di Dio, che non ci<br />
impediscono di sentire nostri i dolori<br />
dell’umanità; e che la nascita di Gesù<br />
mette dentro di noi, nelle nostre famiglie,<br />
nella Chiesa, nella città, nella società<br />
per aprirci alla speranza».<br />
ALBERTO MANZONI<br />
Alle ore 10.30, il Vescovo Elio Tinti ha<br />
celebrato la terza Messa di Natale, la<br />
Messa del giorno, alla presenza di moltissimi<br />
fedeli, che gremivano la Cattedrale.<br />
Partendo dall'annuncio del «messaggero<br />
di lieti annunzi che annunzia<br />
la pace, messaggero di bene che annunzia<br />
la salvezza» del profeta Isaia, il Presule<br />
ha richiamato l'importanza e la carica<br />
di speranza del messaggio natalizio<br />
sull'umanità di oggi: «Un Natale che<br />
quest'anno è particolarmente desiderato<br />
e auspicato, perché dopo i fatti dell'11<br />
settembre, dove la malvagità dell'uomo<br />
sembra aver trionfato con le sue armi di<br />
terrorismo, violenza, guerra, odio e vendetta,<br />
diffondendo un clima di timore,<br />
di sfiducia e di incertezza, desideriamo<br />
tutti che il Signore ritorni a nascere nel<br />
cuore di ogni uomo e a portarvi salvezza,<br />
consolazione e speranza. Speranza e<br />
salvezza ci sono assicurate se apriamo il<br />
cuore e la mente a questo avvenimento<br />
sconvolgente, a questo fatto inaudito di<br />
Dio che ci dona suo Figlio, che si fa uomo<br />
per noi».<br />
Il Vescovo ha poi imperniato la sua<br />
Omelia su due punti molto efficaci. Tenere<br />
lo sguardo fisso su Gesù, contemplando<br />
il suo volto, nella profondità del<br />
suo mistero, seguendo l'invito del Papa<br />
e meditando sul Prologo del Vangelo di<br />
s. Giovanni, dove l'Apostolo afferma con<br />
chiarezza che il Verbo è venuto in mezzo<br />
a noi per donarci la Luce e la Vita<br />
del Padre: «Cristo il Verbo fatto Carne,<br />
è Lui la luce, è Lui la Vita, non un po'<br />
di luce, non una pallida illusione di vita,<br />
ma la Luce piena, la Vita vera, che illumina<br />
la nostra esistenza, ci dona di capire<br />
da dove veniamo e dove siamo diretti,<br />
diventa senso pieno e valore illuminante<br />
di tutta la nostra esistenza. Un<br />
senso meraviglioso e avvincente».<br />
Il Presule ha invitato i presenti ad accogliere<br />
Cristo Luce e Vita senza imitare<br />
la sbadataggine della gente di allora:<br />
«Purtroppo, tanti di noi siamo spesso di-<br />
9 .<br />
<br />
<br />
«Il Natale è sempre grande e oggi, più<br />
che mai, abbiamo bisogno della Sua<br />
Grazia». Con queste parole il Vescovo di<br />
Novara, Mons. Renato Corti, ha iniziato<br />
l’Omelia nel giorno di Natale nella Cattedrale<br />
sottolineando la bellezza della<br />
Parola di Dio appena proclamata. Ha invitato<br />
i fedeli a meditare quelle parole<br />
come se fossero dirette personalmente a<br />
loro, in quel momento: «Carissimo,<br />
quando si sono manifestati la bontà di<br />
Dio Salvatore e il suo amore per gli uomini...».<br />
«Quel “quando” — ha continuato<br />
Mons. Corti — è la venuta tra noi<br />
dell’Inviato del Padre e suo Figlio Unigenito,<br />
Gesù. E quell’avvenimento è manifestazione<br />
d’amore: anzi, che Dio è veramente<br />
amore per noi. In questo Natale<br />
siamo aiutati a capire i due termini<br />
che spesso usiamo per dire chi noi siamo:<br />
ci diciamo cristiani e cattolici».<br />
Riflettendo sul termine «cristiani» il<br />
Vescovo ha spiegato come il «genio del<br />
Cristianesimo» sia già racchiuso nel Natale:<br />
l’Incarnazione. Ed è espressa pienamente<br />
dalla passione di Cristo e dalla<br />
sua Croce. «Non è esagerato dire — ha<br />
continuato — che questo è il genio del<br />
Cristianesimo». Infatti, in tutto il panorama<br />
religioso dell’umanità non si trova<br />
nulla di paragonabile. Certo, si parla di<br />
amore, ma non del fatto che Dio, per<br />
amore dell’uomo, si sia fatto uomo. Ancor<br />
meno di un Dio che, in Gesù, si abbassi<br />
fino alla morte e alla morte di croce.<br />
Ma i cristiani lo sanno? O pensano<br />
al Cristianesimo in un modo tremendamente<br />
generico, che ne ignora la sconvolgente<br />
novità nel panorama della storia<br />
dell'umanità? E ancor più, che dire<br />
del fatto che i cristiani sono più di un<br />
miliardo nel mondo? Forse che, su temi<br />
stratti, indifferenti, superficiali e rischiamo<br />
di non accogliere questa luce, di<br />
non vivere questa vita, di lasciare sprecato<br />
questo dono infinito. Prendiamo<br />
coscienza di quanto afferma s. Giovanni<br />
nel Vangelo letto poco fa: “La Luce<br />
splende nelle tenebre, ma le tenebre non<br />
l'hanno accolta” e più avanti: “Veniva<br />
nel mondo la Luce vera, quella che illumina<br />
ogni uomo. Egli era nel mondo, e<br />
il mondo fu fatto per mezzo di Lui, eppure<br />
il mondo non lo riconobbe. Venne<br />
fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno<br />
accolto”. “A quanti però l'hanno accolto,<br />
ha dato potere di diventare figli di Dio,<br />
a quelli che credono nel suo nome, i<br />
quali non da sangue né da volere di carne,<br />
né da volere di uomo, ma da Dio sono<br />
stati generati” (Gv 1, 9-13)».<br />
Il secondo punto ha riguardato Cristo,<br />
il grande missionario del Padre, che<br />
rivela l'amore del Padre, ci conferma<br />
«che Dio non è un Essere lontano dagli<br />
uomini, che non siamo in balìa del destino<br />
o del fato, ma che Dio ci è Padre,<br />
che costantemente ricerca e attende il<br />
Figliol Prodigo per riabbracciarlo e renderlo<br />
partecipe della sua comunione e<br />
della sua gioia. Se Cristo è missionario<br />
del Padre e ci contagia del suo mistero<br />
di grazia, di luce, di comunione di vita,<br />
di gioia, noi non possiamo rimanerne<br />
indifferenti. Siamo chiamati a essere<br />
missionari anche noi. Dice il Papa:<br />
«Chi ha incontrato veramente Cristo,<br />
non può tenerselo per sé, deve annunciarlo.<br />
Occorre un nuovo slancio apostolico<br />
che sia vissuto quale impegno<br />
quotidiano dei singoli cristiani. Dobbiamo<br />
rivivere in noi il sentimento infuocato<br />
dell'Apostolo Paolo, il quale esclamava:<br />
«Guai a me se non predicassi il<br />
Vangelo» (1 Cor 9, 16). Questa passione<br />
non mancherà di suscitare nella Chiesa<br />
una nuova missionarietà che non potrà<br />
essere demandata ad una porzione di<br />
«specialisti».<br />
GRAZIELLA VIGNOLI<br />
<strong>L'OSSERVATORE</strong> <strong>ROMANO</strong> Giovedì-Venerdì 27-28 Dicembre 2001<br />
La celebrazione del Natale nelle diocesi<br />
NOVARA<br />
cruciali della convivenza umana, non si<br />
avvertirebbe che nella pasta dell’umanità<br />
c’è del sale, c’è del lievito e che nella<br />
città dell’uomo la luce di Cristo non viene<br />
messa nascosta sotto il letto, ma viene<br />
posta in alto perché splenda per tutti<br />
coloro che sono in casa?».<br />
«Ma c’è anche un aggettivo — ha<br />
proseguito Mons. Corti — che qualifica<br />
la nostra appartenenza alla Chiesa: essa<br />
viene detta “cattolica”. Anche qui risiede<br />
una genialità: è quella della universalità,<br />
dell’interesse per tutta l’umanità, della<br />
sua vocazione a far sì che il germe del<br />
Vangelo assorba, valorizzi e purifichi le<br />
ricchezze che si racchiudono nelle mille<br />
culture dei popoli. Ma anche qui: i cattolici<br />
sanno che la loro vocazione è di<br />
essere precisamente universale, aperta a<br />
tutti, attenti a valorizzare, con il discernimento<br />
indicato dal Vangelo, tutto ciò<br />
che di buono fiorisce qua e là perché<br />
l’opera di Dio non è chiusa da nessun<br />
recinto e Cristo è il luogo in cui tutto<br />
ciò che di buono e di vero accompagna<br />
la storia dell’umanità trova la sua pienezza?<br />
L’essere cattolico è inteso anche<br />
come forma pedagogica che ci vaccina<br />
da alcune malattie dello spirito come il<br />
settarismo, l’elitarismo, l’allergia all’ascolto<br />
serio e sincero dell’altro».<br />
Per Monsignor Corti, Giovanni Paolo<br />
II è un simbolo straordinario di «cattolicità»:<br />
se parla a Roma, non si dimentica<br />
di ciò che avviene dall’altra parte<br />
del mondo. E ciò che avviene sulla pelle<br />
di ogni popolo lo fa diventare un luogo<br />
indicativo all’attenzione e all’amore di<br />
tutti i membri della Chiesa.<br />
GIULIANO TEMPORELLI<br />
Il Presule della Diocesi di Crema,<br />
Mons. Angelo Paravisi, nell'imminenza<br />
del Santo Natale, ha inviato a tutti i fedeli<br />
un messaggio augurale, centrato su<br />
amore, speranza e ricerca di Dio e invitando<br />
alla pace ogni uomo.<br />
«L'annuncio angelico risuona, come<br />
ogni anno, in tutta la sua freschezza e il<br />
suo contenuto di gioiosa speranza: per<br />
noi, oggi, costituisce un raggio di luce<br />
nel buio dei drammatici eventi che hanno<br />
profondamente turbato il mondo intero.<br />
L'11 settembre scorso è stato perpetrato<br />
un crimine contro l'umanità: migliaia<br />
di innocenti sono stati barbaramente<br />
uccisi. Da allora il mondo vive<br />
Una riflessione che trae spunto dalla<br />
quotidianità dei nostri giorni quella offerta<br />
dall’Arcivescovo di Chieti-Vasto,<br />
Edoardo Menichelli, durante la Messa di<br />
Natale. «Le parole del Vangelo — ha<br />
detto — ci introducono in questa notte<br />
santa alla contemplazione del mistero<br />
che ha cambiato la storia degli uomini,<br />
ormai consapevoli che il Salvatore abita<br />
dentro i giorni dell’umanità». Una consapevolezza,<br />
questa, che si traduce in<br />
gaudio e si esprime con la contemplazione<br />
e la preghiera.<br />
«La nostra gioia — ha spiegato l’Arcivescovo<br />
— si chiama Gesù; la nostra<br />
salvezza è il Figlio di Dio, sulle sue spalle<br />
è posto il segno della sovranità, del<br />
perdono e della misericordia». Perché è<br />
in Gesù che «Dio ha tolto il velo del suo<br />
volto ed è apparsa la sua benignità».<br />
Monsignor Menichelli ricorda ai fedeli<br />
che da quel giorno è stata offerta all’uomo<br />
la «terapia al male», la possibilità di<br />
accogliere l’amore di Dio. E questo è<br />
ancora più significativo nel momento attuale:<br />
«Viviamo giorni — ha ricordato<br />
La celebrazione del Natale della Chiesa<br />
di Trento — oltre che da quelli tradizionali<br />
— è stata arricchita da alcuni<br />
momenti di preghiera particolarmente<br />
significativi e partecipati. Da segnalare<br />
la Messa per gli emigrati nel corso della<br />
quale l'Arcivescovo Mons. Luigi Bressan<br />
ha avuto un ricordo premuroso per i<br />
circa ottantamila Trentini che si trovano<br />
in Argentina, e per il Card. Joseph Bernardin,<br />
figlio di Trentini, nel V anniversario<br />
della morte. Tra i vari spunti offerti<br />
dal mistero natalizio che Mons. Bressan<br />
ha richiamato nel corso delle varie<br />
celebrazioni, emerge quello della «solidarietà».<br />
I pastori che vanno a Betlemme<br />
— ha detto — «invitano noi pure ad<br />
andare a vedere, a nutrire gli occhi e gli<br />
orecchi con la Parola; ad avere il coraggio<br />
di credere, di muoversi col cuore<br />
per poter percepire Dio che ci chiama<br />
lungo i sentieri della storia a portare il<br />
suo amore a chi è nel bisogno. Gesù ricorderà,<br />
nel descrivere il giudizio universale,<br />
che accogliere lui comporta anche<br />
accogliere ogni persona che sia nella<br />
necessità». Purtroppo — ha soggiunto<br />
— «nella nostra cultura, il Natale è stato<br />
trasformato troppe volte non in festa,<br />
ma in sperpero di mezzi, in abuso di risorse,<br />
in giornate pericolose per la stessa<br />
salute fisica. Il pensiero cristiano va<br />
al mondo intero: celebrare nella gioia è<br />
giusto, ma mentre noi consumiamo tante<br />
energie e tanti alimenti, altrove non<br />
ci sono mezzi per sopravvivere. La stessa<br />
Betlemme è vittima di soprusi, e<br />
quelle popolazioni e altre sono duramente<br />
provate da lunghi cruenti conflitti.<br />
Sappiamo che oltre un miliardo di<br />
persone non hanno cibo a sufficienza,<br />
eppure esso non mancherebbe nel mon-<br />
CARPI CREMA<br />
CHIETI<br />
nell'angoscia e nella paura: il terrorismo<br />
non conosce confini e può colpire<br />
chiunque o ovunque con una violenza<br />
inaudita. «La reazione armata che ne è<br />
seguita ha provocato a sua volta altre<br />
sofferenze. E nella terra che ha conosciuto<br />
per prima l'annuncio di pace degli<br />
angeli si vanno inasprendo la contrapposizione,<br />
l'odio, la vendetta.<br />
«Si delinea uno scenario nel quale<br />
non è possibile non vedere, come ha<br />
sottolineato il Papa, un grave pericolo<br />
per l'intera umanità».<br />
Ha continuato il Vescovo: «Appena<br />
varcata la soglia del terzo millennio dell'era<br />
cristiana, sembra che i più pessimi-<br />
— nei quali il binomio “gloria a Dio” e<br />
“pace agli uomini” sembra essersi rotto<br />
un po’ ovunque in questo mondo, abitazione<br />
più che degna da Dio creata per<br />
l’uomo». Giorni di dolore, questi, in tutto<br />
il mondo. L’Arcivescovo cita i grandi<br />
conflitti che accompagnano il Natale e<br />
poi aggiunge: «Dobbiamo ricomporre la<br />
serenità di questa storia contemporanea<br />
così conflittuale e nemica della dignità<br />
degli uomini e del seme di pace e di verità<br />
sparso nel mondo dal Figlio di Dio<br />
fatto uomo». E per raggiungere tale<br />
obiettivo, i fedeli sono invitati a «riprendere<br />
in mano l’audacia della benignità<br />
di Dio e il coraggio del perdono».<br />
«La grotta di Betlemme — proclama<br />
l’Arcivescovo di Chieti-Vasto — si alza<br />
come solenne cattedra: la tenerezza e la<br />
singolarità di quell’evento è come un<br />
ventilabro per la coscienza dell’uomo, il<br />
quale è obbligato a pensare buoni e sublimi<br />
non i giorni della violenza e della<br />
supremazia bensì i giorni della solidale e<br />
purificante misericordia».<br />
AGNESE PELLEGRINI<br />
TRENTO<br />
Qual è il posto che riserviamo al Signore<br />
che entra nella storia, nella «nostra»<br />
storia di uomini, nel nostro tempo?<br />
Siamo capaci di riconoscere in Lui<br />
il Signore annunciato da Isaia, il «conciliatore»<br />
che porta la vera salvezza? Nell’omelia<br />
della Mezza di mezzanotte, pronunciata<br />
nella Cattedrale di Torino, il<br />
Cardinale Severino Poletto ha incentrato<br />
la sua riflessione sui «rischi» di un accoglimento<br />
mancato o parziale dell’Incarnazione.<br />
Tre sono i rischi: non accorgersi<br />
dei segni di Dio e della sua presenza;<br />
non accorgersi dei fratelli; non «vivere<br />
come nostro» il peso del dramma che<br />
grava in questo tempo sull’umanità.<br />
C’è un’indifferenza «culturale» verso il<br />
senso autentico del Natale cristiano, indifferenza<br />
che ci allontana dalla contemplazione<br />
del mistero centrale della salvezza;<br />
ma c’è anche (l’Arcivescovo ha<br />
fatto un preciso riferimento alle vicende<br />
torinesi di questi giorni, collegate alle indagini<br />
della magistratura per un caso di<br />
corruzione all’ospedale Molinette, il più<br />
grande del Piemonte) il rischio di vivere<br />
la vita «solo per noi stessi e per i nostri<br />
interessi materiali». «Non vi posso nascondere<br />
la mia amarezza — ha detto il<br />
Cardinale — per alcuni fatti incresciosi<br />
che sono accaduti a Torino nei giorni<br />
passati. Io li ho sentiti come una nube<br />
tenebrosa sul nostro Natale. È bene che<br />
qui davanti a Gesù cerchiamo insieme<br />
di rispolverare un principio fondamentale<br />
di moralità: coloro che occupano posti<br />
di responsabilità nella società, e si<br />
trovano a dover amministrare il denaro<br />
pubblico, devono sentire che l’onestà e<br />
la giustizia sono valori assoluti e priori-<br />
do, ma i limiti che altre popolazioni si<br />
pongono sono soltanto quelli motivati<br />
dalle preoccupazioni del colesterolo.<br />
Troppo spesso i nostri bambini sono accontentati<br />
in tutti i loro desideri e magari<br />
capricci, non abituandoli ai sacrifici<br />
che la vita pur comporta e alla solidarietà<br />
che il mantenimento della pace esige<br />
in un mondo sempre più interdipendente».<br />
Dopo un invito a considerare la situazione<br />
precaria dei «bambini» in varie<br />
parti del mondo, Mons. Bressan ha fatto<br />
osservare che «non occorre andare lontani<br />
per trovare povertà. Anche nel nostro<br />
ricco nordest d'Italia, tra cui il<br />
Trentino viene a trovarsi, si sono calcolate<br />
a oltre ventimila le donne del centro<br />
ed est europeo che hanno dovuto lasciare<br />
le loro famiglie e spesso i figli per venire<br />
a lavorare tra noi, e vivono isolate<br />
e nella paura perché non è stato possibile<br />
concedere loro un'autorizzazione,<br />
mentre tante nostre famiglie sentono l'esigenza<br />
del loro aiuto. Su un altro piano,<br />
osserviamo che durante l'anno 2000<br />
ben 3.614 persone si sono rivolte ai centri<br />
Caritas del Trentino per necessità varie<br />
e spesso nascoste. Vi sono poi i disagi<br />
dovuti alla vecchiaia o alla dipendenza<br />
dall'alcool e dalla droga, alle separazioni<br />
e ai divorzi nelle famiglie. Il compito<br />
di prevenire i mali e di rettificare<br />
ingiustizie e storture sociali è vasto, ma<br />
proprio l'avvio del cristianesimo nella<br />
semplicità di una grotta sperduta nella<br />
periferia di una cittadina di Palestina ci<br />
dice che non abbiamo motivo di scoraggiarci,<br />
ma di contribuire con quel poco<br />
o molto che ognuno di noi può».<br />
ARMANDO COSTA<br />
stici presagi prendano forma. Ma un<br />
Bambino è nato per noi ... Principe della<br />
pace è il suo nome! Nelle tenebre una<br />
luce rifulge! È la luce di un eterno messaggio<br />
di amore e di speranza, che invita<br />
ogni uomo a cercare sempre il bene;<br />
è la luce del Figlio di Dio, che viene a<br />
ricordarci che la fede non può essere distorta<br />
e usata come strumento di odio e<br />
di contrapposizione: non si uccide in nome<br />
di Dio; è la luce del perdono, che si<br />
oppone al rancore, risana le ferite e ricostruisce<br />
in profondità i rapporti umani;<br />
è la luce di chi con umiltà sogna e<br />
lavora per un'umanità riconciliata e solidale,<br />
pur nelle differenze di religione, di<br />
cultura, di appartenenza etnica; è la luce<br />
della giustizia, ricercata quotidianamente<br />
anche nelle piccole cose e nei<br />
rapporti che caratterizzano la vita di<br />
ogni persona e di ogni famiglia; è la luce<br />
di Cristo Signore, vincitore del peccato<br />
e della morte, Salvatore unico dell'umanità.<br />
Accendiamo nelle nostre famiglie<br />
questa luce: nel Natale scopriamo il<br />
fervore e l'amore che da ogni famiglia<br />
può irradiarsi, ricerchiamo i valori veri,<br />
impegniamoci per uno stile di vita più<br />
sobrio, fraterno e solidale. A questa speranza<br />
ci richiama il Papa nel suo messaggio<br />
per la Giornata Mondiale della<br />
Pace. Con la grazia di Dio il mondo, in<br />
cui il potere del male sembra ancora<br />
una volta avere la meglio, sarà realmente<br />
trasformato in un mondo in cui le<br />
aspirazioni più nobili del cuore umano<br />
potranno essere soddisfatte, un mondo<br />
nel quale prevarrà la vera pace».<br />
Ha concluso Mons. Paravisi: «Questa<br />
certezza ha guidato i 2000 anni della<br />
storia della Chiesa. Ancora da essa dobbiamo<br />
ripartire in questo inizio di millennio.<br />
Ripartire da Cristo! È l'augurio<br />
che, fervido, rivolgo a tutti i Cremaschi,<br />
sui quali invoco la benedizione del Signore,<br />
apportatrice di ogni bene».<br />
FABRIZIO PIZZAMIGLIO<br />
TORINO<br />
tari su tutto. Certi episodi devono servire<br />
come un campanello d’allarme affinché<br />
tutti ci mettiamo una mano sulla<br />
coscienza in modo che la trasparenza e<br />
la rettitudine diventino un punto d’orgoglio<br />
per ogni persona che occupa nella<br />
società posti di rilievo istituzionale o<br />
amministrativo».<br />
«Il mio — ha detto ancora — non è<br />
un giudizio sulle persone, spetta ad altri<br />
fare questo, ma, come Pastore che ama<br />
davvero questa nostra Città, non posso<br />
non richiamare tutti, specialmente i credenti,<br />
al dovere di testimoniare in modo<br />
visibile e credibile che mai una carica<br />
pubblica può essere utilizzata a proprio<br />
vantaggio personale, ma la si deve ricoprire<br />
con un vero spirito di servizio,<br />
cioè con l’impegno di tutte le proprie<br />
energie intellettuali e morali, affinché le<br />
risorse economiche della collettività restino<br />
ad esclusivo beneficio di tutte le<br />
persone, a cominciare dalle più deboli».<br />
C’è infine un anno che si conclude in<br />
modo drammatico, sotto il segno della<br />
guerra e dell’odio, e ancora una volta<br />
proprio in quella Terrasanta in cui il Signore<br />
ha scelto di farsi uomo. L’augurio<br />
dell’Arcivescovo di Torino è dunque che<br />
si sia capaci di costruire una «globalizzazione<br />
buona», capace di distribuire le risorse<br />
del mondo per un più equo servizio<br />
di tutti.<br />
Il Card. Poletto ha poi celebrato, nella<br />
mattina del 25 dicembre, la Messa dell’Aurora<br />
al reparto S. Pietro dell’ospedale<br />
Cottolengo, dove sono ricoverati i sacerdoti<br />
ammalati, e il solenne pontificale<br />
di Natale ancora in Cattedrale.<br />
MARCO BONATTI<br />
GORIZIA<br />
Il Natale 2001 a Gorizia sarà ricordato<br />
come occasione per tutti di rinascere a<br />
nuova vita. Alle popolazioni che vivono<br />
in questa fascia di territorio sono stati<br />
donati molti segni «per non ridurre la<br />
Festa del Natale alla memoria di un fatto<br />
vicino alle favole più belle». Segni di<br />
testimonianza cristiana e di solidarietà<br />
con tutti si sono manifestati ovunque è<br />
stata data la possibilità di esprimerli con<br />
efficacia. Le omelie, i canti, le preghiere<br />
pronunciate in italiano, sloveno, friulano,<br />
tedesco hanno riprodotto gli stati<br />
d'animo dei fedeli: la volontà di uscire<br />
da quel mondo di perplessità, di dubbio,<br />
di paura, derivato dai fatti accaduti l'11<br />
settembre, si è trasformata in progetto<br />
di vita nuova. Durante l'omelia pronunciata<br />
il giorno di Natale nella chiesa cattedrale<br />
di Gorizia, l'Arcivescovo Monsignor<br />
Dino De Antoni ha fatto il punto<br />
sulla situazione, confrontando le letture<br />
della Festa con il cammino della comunità<br />
diocesana. Natale ricorda che Cristo<br />
è importante per ogni persona, ha<br />
detto il Presule, perché Cristo si è fatto<br />
uomo per la salvezza di tutti gli uomini;<br />
la sua nascita come bimbo povero, adorato<br />
dai pastori, si è manifestata nell'essere<br />
vicino all'uomo e per l'uomo. Celebrare<br />
la nascita di Cristo, ha aggiunto, è<br />
come annunciare una Persona e non<br />
una dottrina; dall'incontro con Cristo si<br />
è scoperto che ci si deve muovere verso<br />
i poveri, gli emarginati, verso tutti, presentando<br />
Cristo come risposta ai bisogni<br />
più profondi del cuore. L'Arcivescovo<br />
De Antoni non ha mancato di presentare<br />
i rischi. «Di fronte alla povertà non si<br />
può rimanere indifferenti». Nonostante<br />
certe statistiche dicano il contrario, le situazioni<br />
sociali permangono difficili. La<br />
comunità tutta, diocesana e civile, deve<br />
impegnarsi a trovare nuove strade: qualora<br />
dovesse cessare il passaggio di emigrati<br />
provenienti dalla Slovenia deve<br />
predisporsi ad accoglierne altri. Attualmente<br />
si profilano nuovi arrivi di persone<br />
provenienti dall'America Latina; alcune<br />
famiglie provenienti dall'Argentina<br />
sono già accolte nella casa «s. Giuseppe»,<br />
espressione questa della Caritas diocesana.<br />
Mons. De Antoni ha voluto rendere<br />
partecipe tutta la comunità delle<br />
iniziative in progetto per la Pace che si<br />
realizzeranno in sintonia con le proposte<br />
del Santo Padre. L'omelia dell'Arcivescovo<br />
di Gorizia è stata un invito a farsi<br />
carico di chi è nella sofferenza, nel dolore<br />
ma senza esitazione perché è nato il<br />
Salvatore portatore di luce e speranza.<br />
E se Cristo si è fatto uomo per tutti gli<br />
uomini, anche i cristiani, credenti e<br />
non, devono impegnarsi all'ascolto ed<br />
agire di conseguenza, dialogando con<br />
tutti, ponendo la famiglia al centro degli<br />
interessi. Il Presule ha guardato ad un<br />
certo mondo giovanile che desta preoccupazione<br />
per l'alto numero di fermati<br />
per droga; ha pure accennato alla mancanza<br />
di alloggi, di posti di lavoro, alle<br />
carenze di occasioni culturali favorevoli<br />
per tutti. Anche i bambini sono stati ricordati<br />
con particolare affetto perché i<br />
più esposti ai rischi della strumentalizzazione;<br />
ed altresì ha ricordato anche gli<br />
impegni da consolidare in terra di missione<br />
e quanto la pace sia precaria. La<br />
minaccia del terrorismo deve trovare<br />
una forte opposizione nei fedeli, costruttori<br />
di pace, nei volontari segno di solidarietà<br />
umana e cristiana. Mons. De Antoni<br />
si è augurato infine di vedere presto<br />
abbattute le barriere con la Slovenia per<br />
favorire l'entrata nell'Unione Europea. Il<br />
suono festoso delle campane di Natale, i<br />
presepi allestiti nelle chiese parrocchiali<br />
e nelle case, i canti, le celebrazioni liturgiche<br />
hanno collaborato a far sentire un<br />
Natale diverso, perché diverso, più responsabile,<br />
è stato l'atteggiamento dei<br />
cristiani di fronte ai problemi sociali,<br />
culturali, religiosi da risolvere e perché<br />
più forte si è fatta sentire la sollecitazione<br />
ad esser segni di speranza.<br />
ARNOLFO DE VITTOR